"Un calcio alla Sla", in ricordo di Pippo Genovese. Ed ha vinto il cuore

“Un calcio alla Sla”, in ricordo di Pippo Genovese. Ed ha vinto il cuore

Rosaria Brancato

“Un calcio alla Sla”, in ricordo di Pippo Genovese. Ed ha vinto il cuore

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lunedì 11 Agosto 2014 - 06:50

Raccolta fondi, sport, musica, informazione e sopratutto tante emozioni, questo è stato "Un calcio alla Sla", triangolare che si è tenuto nel campetto di Faro Superiore in ricordo di Pippo Genovese, stroncato dalla malattia sei anni fa. La Sclerosi laterale amiotrofica colpisce lentamente il sistema motorio mentre la mente resta vigile prigioniera di un corpo. In Italia sono 5 mila i pazienti di Sla, a Messina 27. E' per loro e per le loro famiglie che è stato organizzato l'evento.

“Non vorrei stare con tubi e tubicini, vorrei poter fare una corsa o fare qualche lavoretto in casa. La felicità dura un attimo, io invece voglio essere sereno. Ho scelto la vita”.

Le parole di Pippo Genovese, morto sei anni fa di sclerosi laterale amiotrofica, hanno scandito i diversi momenti della manifestazione “Un calcio alla Sla”, nel campetto parrocchiale di Faro Superiore. Un evento voluto dalla vedova, Tiziana Benedetta Arena, che insieme ai volontari del gruppo giovanile di Faro Superiore, alla tenacia di Nino Scimone e di quanti hanno dato il loro contributo all’organizzazione, ha fatto sì che nel programma di Estate insieme, ci fosse spazio per la riflessione su una malattia a tutt’oggi semi-sconosciuta e per la raccolta fondi.

Già, perché “Un calcio alla Sla”, nato per ricordare Pippo Genovese e stare accanto alle 27 famiglie dei pazienti messinesi che combattono ogni giorno la malattia, ha visto insieme beneficenza, spettacolo, sport, informazione, ma soprattutto intense emozioni. Nessuna bandiera politica, nessuna sponsorizzazione, le targhe ricordo sono state esclusivamente donazioni personali ma per tutti i partecipanti la vera “premiazione” è stato essere lì, giocare sotto il cielo stellato e ricordare chi ha vissuto gli ultimi momenti della sua vita con la mente lucidissima ma prigioniero di un corpo immobile. Perché la Sla è questo: molto difficile da diagnosticare, non esiste alcun test o procedura per confermare senza alcun dubbio la diagnosi. Colpisce soltanto il sistema motorio e risparmia tutte le altre funzioni neurologiche, così che ha una caratteristica che la rende drammatica: i pazienti lentamente perdono ogni capacità di movimento, ma la mente resta vigile, prigioniera del corpo immobile. Negli ultimi anni le ricerche si sono moltiplicate così come gli ausili per agevolare la vita quotidiana dei pazienti, ma senza adeguati finanziamenti le famiglie e chi viene colpito dalla malattia rischiano di restare soli. In Italia oggi sono 5 mila i malati di Sla, e se la ricerca cerca di dare nuove risposte, le istituzioni camminano a rilento. “Un calcio alla Sla” è stato un modo per dare la possibilità a tutti di raccogliere fondi per la ricerca, l’assistenza e l’informazione. Il ricavato della serata è stato infatti destinato interamente all’AISLA Messina (associazione sclerosi laterale amiotrofica sezione Messina), le cui attività sono state illustrate dal dottor Guglielmo Labruto, che con pochi ma efficaci tratti ha saputo “raccontare” la vita quotidiana di chi soffre. La manifestazione ha visto alternarsi diversi momenti: quello dell’informazione, affidato alla competenza del dottor Guglielmo Labruto, dell’Aisla Messina e del professor Giuseppe Vita, del Centro Nemo Sud, unico centro nel sud Italia per quanti vengono colpiti da Sla, fino a quello dello sport, con il triangolare di calcio ed agli interludi musicali. Il professore Giuseppe Vita, dopo una breve introduzione ha fatto precedere il suo intervento dalla proiezione del video Happy realizzato per la donazione del 5 per mille dai pazienti, medici e personale del Centro Nemo Sud ed ha sottolineato da un lato la straordinaria forza vitale che emerge nel cuore di ogni paziente, dall’altro la necessità di imparare a guardare le malattie con occhi diversi, con un approccio diverso. Prima del calcio d’inizio è stato ascoltato il video messaggio del vicepresidente nazionale dell’Aisla Soverino, malato di Sla, mentre il giornalista televisivo Massimo Mauro, presidente nazionale, si è collegato telefonicamente, emozionando il pubblico presente in piazza con i suoi appelli che miravano dritti al cuore di chi troppo spesso preferisce “non sapere”.

Ad aprire l’evento sono state le parole di Pippo Genovese,lette da Katya Bertuccio, e prese dal brano del libro “Il ramarro verde” di Michele Riva che raccoglie i capitoli scritti da pazienti di Sla in tutta Italia attraverso computer e puntatori oculari. Ognuno racconta la sua storia, come lentamente ha smesso di camminare, tenere in mano una forchetta, restando sempre lucido, con la stessa voglia di sempre di correre e fare i gesti più semplici. Ognuno racconta di come è rimasto solo con la forza dei familiari e dei volontari accanto.

Il triangolare ha visto in campo tre squadre: gli amici di Pippo (quelli con i quali ha giocato a calcio per anni), i colleghi di Pippo (che lavorava alla Caronte), e la squadra di medici e personale del Papardo. A vincere il triangolare, arbitrato dall’ex guardalinee internazionale, nonché cardiologo, Andrea Consolo, che con grande dedizione ha “prestato” la sua competenza alla causa benefica, sono stati gli amici di Pippo quelli con cui ha giocato per anni e che hanno indossato la maglia dell’Inter, la squadra per cui lui tifava. E con la sua maglia del cuore hanno vinto. Da medico, da uomo di sport, ma soprattutto da uomo, Consolo ha dato il suo contributo per stare accanto con gesti veri alla famiglia di Pippo Genovese. E’ stata una grande festa nel ricordo di quanti lo hanno amato e di quanti hanno cercato di restare in questo modo vicini ai familiari ed a chi continua a soffrire di Sla. Sia Consolo, consigliere comunale, che Nino Interdonato, vicepresidente del Consiglio comunale, hanno voluto donare una targa alla vedova di Genovese, Tiziana Benedetta Arena, che con il solo aiuto dei volontari del gruppo giovanile di Faro Superiore, e del gruppo di Estate Insieme “capitanato” dal consigliere di circoscrizione Nino Scimone, oncologo del Papardo, è riuscita ad organizzare una manifestazione che ha unito cuore e comunicazione. Nel gazebo allestito accanto al campo sono stati raccolti i fondi che andranno a quanti non smettono di lottare. Tra una partita e l’altra hanno emozionato i ritmi di ogni parte del mondo del gruppo Migrantes, che hanno coinvolto il pubblico facendolo cantare, l’Inno di Mameli e i brani del maestro Dino Arena con Alessia Pagano, le note del maestro Natale Pagano, dedicate proprio a Pippo Genovese. Tra una partita e un’altra quindi c’è stato spazio per le emozioni del cuore. Così, mentre Dino Arena e Alessia Pagano cantavano, nello schermo alle loro spalle scorrevano le parole di Pippo Genovese e di Francesca, che nelle pagine del diario, tra una cena e una lezione di chitarra, tra la festa di laurea e il viaggio a Parigi ha poi dovuto annotare l’inesorabile calvario della sua giovane vita stroncata da una malattia che lentamente le ha impedito anche di scrivere. “Non mi posso più pettinare da sola”, scriveva, “Mi è caduto un altro piatto”, aggiungeva in attesa degli esami e delle visite al Centro Nemo Sud. Fino a quando ha scritto: “Non riesco più a sorridere- annotava quando i muscoli del volto le si sono bloccati- ma dentro di me vorrei continuare a farlo”. L’ultima, la più drammatica è stata: “Non riesco più a scrivere” e da quel momento in poi le pagine del suo diario sono rimaste bianche. E’ per aiutare a continuare a scrivere la storia di Francesca e di altri come lei che è nato “Un calcio alla Sla”, perché solo col contributo di tutti si può combattere la Sla con ogni mezzo, dall’informazione alla diagnosi ed alla cura.

La premiazione è stata una festa anche con le squadre che non hanno vinto, mentre Tiziana Arena ringraziava a nome delle famiglie di chi soffre quanti hanno fatto sì che l’evento riuscisse. “La cosa più brutta è pensare di restare soli”,ha concluso.

Rosaria Brancato

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