Anna e i suoi fratelli: 34 anni "ostaggio" della malaburocrazia e del Comune

Anna e i suoi fratelli: 34 anni “ostaggio” della malaburocrazia e del Comune

Rosaria Brancato

Anna e i suoi fratelli: 34 anni “ostaggio” della malaburocrazia e del Comune

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giovedì 08 Novembre 2018 - 07:50

34 anni di contenziosi e di sentenze, ma nessuna giustizia. E quel che resta del fondo Curcuruto, a Giostra, è un terreno occupato abusivamente. E il Comune, che deve vigilare, impedisce ai legittimi proprietari l'uso del loro bene ma non vede chi in quella terra ha costruito una stalla per cavalli e un orto.....

Il padre di Anna è morto un anno dopo che la ruspa ha abbattuto il primo albero del suo giardino, alberi che lui stesso aveva piantato e curato con amore ogni giorno, come aveva imparato dal padre e dal nonno. Di generazione in generazione.

E’ morto senza sapere che il suo dolore sarebbe stato lo stesso che avrebbe accompagnato i figli per altri 34 anni. E’ morto senza sapere che quel fondo che ancora oggi porta il suo cognome, Curcuruto, appartenuto alla famiglia da generazioni, un tempo agrumeto, frantoio, terra fertile, è oggi patria di abusivi, di scempio, di abbandono.

La storia del fondo Curcuruto è l’ennesimo capitolo del grande libro della mala burocrazia che vede nel cittadino un nemico, o al più, non lo vede affatto.

E’ una storia di silenzi, di carte bollate, di ricorsi e che ha messo in ginocchio la famiglia Curcuruto. In ginocchio solo economicamente, perché Anna e le sue sorelle non si arrendono.

E’ un calvario iniziato nel 1984 quando una parte del fondo Curcuruto, a Giostra, viene espropriata dal Comune per essere assegnata alle cooperative “La Gazzella” e “Casa Nostra”. La famiglia avvia un contenzioso perché ritiene esigua la contropartita economica dell’esproprio. Il 21 luglio 2017, dopo 34 anni, la sentenza definitiva stabilisce il giusto risarcimento. Un anno dopo gli eredi non hanno visto un euro, nonostante i continui appelli.

Nel frattempo le finanze della famiglia sono state devastate dalle conseguenze della perdita non solo della parte espropriata originariamente, ma di un’altra “beffa”. Infatti una seconda parte del fondo non coinvolta nell’esproprio è stata messa, il 29 ottobre del 2008, sotto decennale riserva di edilizia popolare da Comune e Iacp, per costruire 61 alloggi popolari e 4 botteghe.

Nel 2013 però l’Iacp dichiara di non essere più interessato al terreno. Il Comune, non si sa per quale bizzarro motivo, si oppone e la famiglia è costretta a ricorrere al Tar. La riserva edilizia è scaduta il 29 ottobre scorso, ma la querelle giudiziaria che sa di assurdo, anche perché pure la Regione ha invitato il Comune a “riconsegnare” il terreno ai proprietari, ha di fatto bloccato tutto.

Ma la beffa è molto più amara, perché se pure i LEGITTIMI PROPRIETARI, a causa dell’inerzia di Comune e Iacp non hanno mai potuto usare quella seconda parte di terreno, venderlo, affittarlo, coltivarlo è invece accaduto che in quell’area siano stati costruiti ABUSIVAMENTE baracche, una stalla (per cavalli) ed un orto.

Ed è forse questa la ferita più grande per i figli Curcuruto che hanno visto morire il papà e la mamma senza che sia stata fatta giustizia e che adesso stanno vedendo anche i loro figli, uno ad uno, lasciare Messina per rifarsi una vita altrove.

Tutto questo è stato raccontato in un articolo pubblicato da Tempostretto in agosto (leggi qui). A settembre insieme ad Anna Curcuturo, alla sorella, ad un nipote e al legale, abbiamo avuto un incontro con l’assessore Dafne Musolino, che ha visionato i documenti e preso a cuore la vicenda. Ma da allora nulla si è mosso.

Mentre i Curcuruto possono solo vedere su google map quello che da generazioni è il loro terreno abitato e coltivato in modo abusivo da altri, non vedono giustizia né ristoro. Gli abusivi possono occupare illegalmente il fondo.

La conclusione la lasciamo alle parole di Anna Curcuruto, che non si arrende.

La lettera aperta al Sindaco De Luca nonostante il riscontro dei cittadini, che ringrazio, non ha avuto alcun esito. Nonostante la disponibilità di un rappresentante della Giunta che ha accolto la mia richiesta di un incontro insieme al nostro legale nel mese di Settembre, ad oggi, tutto tace. In via informale ci è stato riferito che è stato preso atto della situazione di illegittimità abusiva, ma in un territorio dove di abusivismo e di baracche si vive a si muore non mi sembra un gran risultato.

Le vicissitudini del Comune, note a tutti, hanno probabilmente assorbito il tempo di coloro che avrebbero dovuto o potuto fare o provvedere e questi mesi sono trascorsi come gli ultimi 34 anni: nell’inerzia più totale. Il vincolo decennale scaduto il 29 Ottobre al quale l’Amministrazione avrebbe potuto rinunziare in autotutela ancora permane, dunque si attende una sentenza del T.A.R con ulteriore dispendio di tempo e denaro per le già magre casse del Comune e per le nostre finanze. Finanze che purtroppo non hanno più margine. Tuttavia non ci vogliamo arrendere. La resilienza che ci è stata compagna fino a questo punto ci impone di continuare a credere nella giustizia. Considerato che il legittimo risarcimento, frutto di una sentenza, sembra caduto nel dimenticatoio sicuramente saremo costretti ad ulteriori azioni legali che ci obbligheranno a sacrificare anche la casa di nostra mamma.

Non è così che si dimostra il rispetto delle regole, il rispetto delle sentenze e quello per i cittadini. Abbiamo provato ad essere precisi, attenti, rispettosi. Abbiamo combattuto con le armi della carta bollata, senza cercare o volere corsie preferenziali, ricerca di amici o amici degli amici. Ci è stato insegnato questo. Questo abbiamo insegnato. Questo i nostri figli insegneranno.

Mio padre diceva che “la penna è più forte della spada”. L’abbiamo impugnata questa penna. Vergato fogli di carta che dicevano che avevamo ragione, che tutta questa vicenda è frutto della lotta perenne che la Pubblica Amministrazione conduce nei confronti dei cittadini. Una situazione di supremazia che opprime e vessa chi non si piega alla politica del “furbetto”. Modus vivendi che non ci appartiene.

I nostri figli hanno scelto di vivere altrove la loro vita. In luoghi dove il diritto è sacro, la proprietà privata inviolabile e non alla mercè di chiunque decida di allevare i cavalli dentro la proprietà altrui. Dove un giudizio non lo si attende per due generazioni. Veder partire mia figlia zaino in spalla e cane al seguito è stato per me quasi un sollievo. So che non si volterà indietro. Il nostro Sud ha perso ancora. Rimangono pochi resilienti, armati di penna, carta bollata, una pec, poca speranza e tanta, troppa rabbia. Tutte cose di cui ancora in questa terra, purtroppo si può anche morire”.

Rosaria Brancato

2 commenti

  1. MessineseAttenta 8 Novembre 2018 07:53

    Daranno fastidio a qualche pezzo da 90.

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  2. terreni e case, ma sopratutto i terreni è meglio non lasciarle abbandonate o si occupano personalmente oppure è meglio venderle subito

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