Teatro, “Il Manifesto”. L'intervista ai due protagonisti messinesi

Teatro, “Il Manifesto”. L’intervista ai due protagonisti messinesi

Simone Milioti

Teatro, “Il Manifesto”. L’intervista ai due protagonisti messinesi

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mercoledì 18 Agosto 2021 - 07:00

"Il Manifesto" spettacolo sulla disoccupazione giovanile. Paolo Roberto Santo, autore, e Francesco Bonaccorso, interprete, in scena a Patti e Messina

Lo spettacolo “Il Manifesto” chiuderà sabato 21 agosto la rassegna teatrale pattese. Fari puntati su due messinesi: l’autore Paolo Roberto Santo, e l’interprete Francesco Bonaccorso.

La tipologia di spettacolo “Teatro e birretta” consente di vivere la messa in scena come una serata di leggerezza uscendo anche dall’idea statica del teatro. Al prezzo di 10€ si potrà assistere ad spettacolo e consumare una birra locale. Per info e prenotazioni rimandiamo alla pagina ufficiale del Libero Teatro Festival.

A quella pattese si è aggiunta anche la data del 29 agosto a Messina, in occasione della rassegna “…e uscimmo a riveder le stelle”. Evento organizzato dall’Associazione Culturale Arb dentro Villa Cianciafara a Zafferia. Per assistere allo spettacolo Il Manifesto è obbligatorio il Green Pass.

“Inutile dire che siamo molto felici della data di Patti. Inoltre – ci dice Paolo Roberto Santo, autore de Il Manifesto pochi giorni fa abbiamo concordato con Davide Liotta, un’altra data messinese all’interno della sua rassegna “e uscimmo a riveder le stelle” presso la bellissima location di Villa Cianciafara, il 29 agosto alle 21″.

“Il Manifesto” di Paolo Roberto Santo

Uno spettacolo che vuole essere divertente ma che al tempo stesso invita il pubblico anche a riflettere: il protagonista, un neo laureato 25enne interpretato da Francesco Bonaccorso, si affaccia al mondo del lavoro e non soltanto. Si troverà infine a riflettere sul senso della sua vita e delle persone che lo circondano. Una prospettiva non distante da quello che mediamente succede nel sud Italia ai nostri tempi, non è un caso che a ideare e mettere in scena questo spettacolo siano due messinesi.

Il Manifesto è un monologo teatrale, scritto da Paolo Roberto Santo, caratterizzato da una messa in scena minimale ed essenziale, sarà rappresentato all’aperto presso il Chiostro dell’ex Convento di San Francesco. Bonaccorso, l’attore protagonista, entrerà in relazione con altri personaggi, o con il suo mondo interiore, grazie a delle proiezioni video. Una prova difficile per l’attore che dovrà dimostrare ottime capacità espressive e interpretative, traendo forza da un allestimento privo di orpelli.

L’idea di Santo è di rappresentare una fase della vita di Tommaso, un fuorisede sui venticinque anni. Dopo aver conseguito la laurea in “Scienze della Comunicazione” il protagonista si barcamena come può per trovare un lavoro e dare uno scopo alla sua vita.

Un pomeriggio come tanti, dopo innumerevoli colloqui rivelatisi delle clamorose fregature, arriva l’occasione giusta, o quantomeno l’unica. Un lavoro come cartellone umano per pubblicizzare il nuovo, rivoluzionario modello di carta igienica contenente al suo interno uno strato di sapone solidificato.

Tommaso dovrà vagare per la città indossando il cartellone pubblicitario, nella speranza che qualcuno lo noti. Nelle sue lunghe passeggiate il ragazzo osserva le persone, cerca di capire qualcosa sugli altri e su sé stesso. Si domanda il motivo per cui, per avere una minima prospettiva di vita, debba andare in giro con un cartellone addosso.

Tommaso, interpretato da Francesco Bonaccorso,
appena laureato costretto a fare il venditore ambulante. (Foto Andrea Brandino)

Intervista ai due protagonisti

Paolo Roberto Santo nato a Messina nel 1984, si trasferisce a Roma nel 2011. Consegue la laurea magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale presso l’università di Roma Tre, comincia poi a lavorare nel settore della fotografia, dell’audiovisivo e del teatro. In questi anni porta avanti numerosi progetti (cortometraggi, documentari, sceneggiature) e di recente realizza l’audio racconto “La quarantena di Tommaso” disponibile sulle piattaforme digitali. ll Manifesto è il suo ultimo spettacolo, di cui è drammaturgo e regista.

Francesco Bonaccorso esordisce a teatro nella sua città natale a Messina nel 2010 con il fortunato spettacolo “Una notte a Broadway” per la regia di Alessandro Alù, vincitore del Premio “Adolfo Celi”. Nel 2011 si trasferisce a Roma per studiare recitazione a tempo pieno diplomandosi successivamente al Centro Formazione Attori diretto da Igor Grcko ed alla Golden Star Academy del Teatro Golden. Fra i suoi lavori più significativi degli ultimi anni si annoverano le fiction “La mafia uccide solo d’estate” tratta dal film di Pif e “Libero Grassi – A testa alta” con Giorgio Tirabassi in cui interpreta il ruolo del guardiano Mario.

Come nasce la vostra collaborazione? Messina immagino sia stata qualcosa che vi ha aiutato a legarvi di più?

“Io e Francesco siamo entrambi di Messina, ma – ci dice Paolo Roberto Santo – curiosamente ci siamo conosciuti a Roma tramite un’amica comune. Ci siamo trasferiti tutti e due nel 2011, lui per frequentare l’accademia teatrale, io per conseguire la laurea magistrale al Dams. Dopo circa sei mesi abbiamo iniziato a uscire insieme, e fra birre a Trastevere e film in casa, abbiamo cominciato a girare i primi cortometraggi autoprodotti fino ad arrivare al teatro. Credo che il nostro obiettivo comune sia sempre stato affrontare ogni progetto dando il massimo e al tempo stesso divertendoci. Il tutto, sempre con la speranza di riuscire a portare, un giorno, un nostro progetto a Messina, la nostra città. Inutile dire, quindi, che siamo molto felici della data di Patti de Il Manifesto. Inoltre, pochi giorni fa abbiamo concordato con Davide Liotta, un’altra data messinese all’interno della sua rassegna “e uscimmo a riveder le stelle” presso la bellissima location di Villa Cianciafara, il 29 agosto alle 21″.

“Si e no. Siamo entrambi di qui – risponde Francesco Bonaccorso – ma, come tanti lavoratori dello spettacolo siamo entrambi “emigrati” a Roma. È successo dieci anni fa, per coincidenza nello stesso anno, per studiare professionalmente e tramutare le nostre passioni in lavoro. Un’amica in comune ci ha presentati e da lì è nato un rapporto di collaborazione artistica, oltre che una bella amicizia, che dura ancora oggi”.

Domanda all’autore de Il Manifesto Paolo Roberto Santo. Quanto del suo vissuto, che l’ha vista trasferirsi a Roma, si riflette nel raccontare le giornate di Tommaso?

“Subito dopo aver concluso il percorso universitario, ho cominciato a cercare un impiego per riuscire a mantenermi a Roma con l’obiettivo di restarci e portare avanti i miei progetti. Prima di riuscire a farmi strada nel settore del videomaking, della fotografia e del teatro ho fatto più lavori, fra cui l’operatore in un call center. Chiaramente in questo periodo di stallo ho visto molte cose e conosciuto parecchie persone. E mi sono sorpreso di quanto aspirazioni, speranze, frustrazioni e paure alberghino in ognuno di noi, senza eccezioni. Siamo più simili di quanto pensiamo”.

Tommaso, interpretato da Francesco Bonaccorso, sembra essere un personaggio buffo e anche un po’ sfigato. Quanto è difficile interpretarlo se lo è? Ma soprattutto è dura restare sul palco oltre un’ora praticamente da solo?

Tommaso è un bellissimo personaggio proprio perché è un pò tutte queste cose insieme. E’ buffo e un pò sfigato ma anche brillante e intelligente. Non è difficile interpretarlo perché incarna secondo me molto bene le caratteristiche dei trentenni di oggi; con tutte le loro insicurezze sia psicologiche che a livello sociale. Sicuramente non è stato un lavoro facile per me anche perché si tratta del mio primo monologo. Anche partendo semplicemente dalla memoria Il Manifesto è stata indubbiamente una grande sfida da affrontare. Sono però molto contento del risultato perché questo testo e questo personaggio hanno davvero moltissime potenzialità. A livello attoriale è stato molto stimolante misurarsi con questa messa in scena.

Domanda per entrambi, è uno spettacolo che strappa qualche sorriso, ma al tempo stesso sembra affrontare una tematica drammatica del nostro Paese: la disoccupazione giovanile. Era questo lo scopo, chiediamo all’autore; Tommaso rappresenta buona parte dei giovani italiani, chiediamo all’attore?

“Il mio desiderio – risponde l’autore de Il Manifesto più grande è che Tommaso non rappresenti solo sé stesso, ma l’uomo contemporaneo, in tutte le sue nevrosi, anche al di là dell’aspetto occupazionale. Nello spettacolo la ricerca del lavoro è solo l’anticamera di una ricerca più profonda, cioè la ricerca della propria identità. «Siamo la somma totale delle nostre scelte» dice Woody Allen in un suo film. Ecco perché il protagonista dello spettacolo fa un viaggio mentale a ritroso per analizzare gli episodi e le scelte che lui crede decisive per il presente che vive, caratterizzato dall’incertezza”.

“Penso proprio di sì. È un personaggio tipicamente contemporaneo – spiega Francesco Bonaccorso – e rappresenta secondo me fedelmente la generazione dei nati negli anni ’80/’90. Quelli che hanno dovuto fare i conti con un problema che ai tempi dei nostri genitori non c’era. O perlomeno era presente in misura molto inferiore, che è la disoccupazione in generale; ma anche e soprattutto la disoccupazione in presenza di titoli di studio o diplomi accademici. Per le generazioni precedenti alle nostre era quasi impensabile finire a fare un lavoro per il quale non ci si era preparati e non si era studiato. Mentre al giorno d’oggi è diventata ormai quasi una regola l’aver fatto o continuare a fare “lavoretti” per sopravvivere nonostante il conseguimento di una laurea o di un diploma specializzato. Io stesso, come Tommaso e tanti altri miei coetanei, ho fatto per alcuni periodi i classici lavori “di ripiego”. Fra cui cameriere, commesso e lo stesso promoter, anche se per fortuna per prodotti diversi da quelli che pubblicizza il nostro eroe. Proprio perché sono figlio della nostra epoca in cui la crisi occupazionale ha costretto tanti giovani a reinventarsi per sopravvivere”.

Il Libero Teatro Festival e l’associazione culturale Arb vi hanno dato l’opportunità di portare le vostre professionalità in Sicilia. Cosa provate?

“È sicuramente una grande soddisfazione. Ricordo i periodi degli albori di questo testo in cui con Paolo – ricorda Francesco Bonaccorso – sognavamo di metterlo sì in scena a Roma ma anche di portarlo nella nostra terra. Siamo entrambi molto legati al territorio in cui siamo nati e cresciuti. Speriamo di poter contribuire nel nostro piccolo ad offrire sempre più opportunità di incontri culturali locali con artisti messinesi. Siamo tanti, giovani e molto validi seppur la maggior parte delle volte sconosciuti ai più. Il Libero Teatro Festival organizzato con cura e grande volontà da Michelangelo Zanghì è un grande esempio di evento culturale che si propone di valorizzare le compagnie del luogo; queste hanno piacere di far conoscere i propri lavori al pubblico della nostra città e provincia e siamo felicissimi di farne parte”.

“Siamo molto contenti – conclude Paolo Roberto Santo – di queste date messinesi, per tante ragioni. La prima è, com’è facile intuire, la soddisfazione di andare in scena nella nostra città. Personalmente sento un’emozione forse ancora più forte del debutto a Roma. Giocare in casa a volte è più complicato, perché dentro di te si mettono in moto stati d’animo contrastanti: gioia ma anche voglia, forse a tratti narcisistica, di far vedere cosa hai imparato in questi anni lontano da casa. Altro motivo di contentezza è sicuramente il fatto che la data di Patti fa parte di un festival organizzato, fra gli altri, da Michelangelo Maria Zanghì, un amico di vecchia data molto attivo nell’ambiente teatrale messinese, sia come attore che come regista”.

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