Straordinario successo per "Adolphe" di Auretta Sterrantino

Straordinario successo per “Adolphe” di Auretta Sterrantino

Eliana Camaioni

Straordinario successo per “Adolphe” di Auretta Sterrantino

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lunedì 23 Marzo 2015 - 15:06

Si è chiusa con una grande partecipazione di pubblico la rassegna realizzata dalla QAProduzioni: la commedia di Auretta Sterrantino ha stupito per la profonda analisi delle ipocrisie borghesi in un adattamento coraggioso ed innovativo.

Che cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”. Con le parole di Shakespeare si inaugura “Adolphe. The importance of being”, in scena ieri al Teatro Annibale, ultimo appuntamento della rassegna “Atto unico. Scene di vita, vite di scena” della QuasiAnonimaProduzioni.

Tratto da Le Prénom, rivisitato dalla regia coraggiosa di Auretta Sterrantino (e della sua brillante assistente Martina Morabito), la commedia diventa riflessione sui rapporti umani e le ipocrisie borghesi, ruotando attorno alla dicotomia essere-apparire, di cui il concetto di nome (nome che connota, nome che marchia, significante che diventa significato) rappresenta l'emblema.

Un salotto moderno, buona borghesia parigina: sullo sfondo, a mo’ di quadro, un richiamo al monoscopio Rai (che rimanda al successo cinematografico “Cena fra amici”, ispirato alla medesima piéce): la scenografia di Valeria Mendolia colloca subito in medias res i quattro personaggi (Elizabeth-Babou, Claude, Vincent, Anna), presenti in scena sin dall'apertura del sipario. Si muovono come in un fuori onda nello spazio scenico, durante il quale assumono, uno per volta, la funzione di narratore esterno che si rivolge direttamente al pubblico e presenta gli altri (nel frattempo immobili, come in un fermo immagine). Poi l'ultimo narratore presenterà se stesso, scivolando con le parole direttamente nei panni del proprio personaggio: e la cena avrà inizio.

Una padrona di casa sempre in movimento, Elizabeth-Babou (Loredana Bruno) che ha annegato il proprio talento in quello del marito (evocato, mai in scena: scelta audace della regista, che non fa rimpiangere il testo originale che invece lo prevedeva in carne e ossa); suo fratello Vincent (Oreste De Pasquale), brillante e spregiudicato agente immobiliare, con la moglie Anna (Giada Vadalà), perennemente assorbita dal lavoro e dal cellulare, e Claude (Livio Bisignano), musicista mite e raffinato, migliore amico di Vincent e Babou. Ma quella che si prospetta come una serata affettuosa e rilassata diventa progressivamente una polveriera: la miccia la innesca l'annuncio a sorpresa di Anna (“Aspettiamo un bambino!”) e lo scherzo ingenuo di Vincent, che dichiara di voler chiamare Adolphe – come l'eroe di Benjamin Constant – il nascituro. Nome che ai commensali evoca invece il Furer: parte un'onda di incredulità che diventa presto indignazione, e si trasforma in un vero e proprio excursus sul concetto di nomen-omen: chiamando Wilde a testimone (“Il nome è importante: chiamalo Ernest!”), e disquisendo sull'omofonia-non omografia fra il nome dell'eroe francese (Adolphe) e il criminale nazista (Adolf), la discussione diventerà un serrato dibattito fra essere e apparire, nome e communis opinio. Spostandosi presto dall'universale al particolare, fino a far deflagrare in modo irreparabile gli equilibri fra i convenuti, mettendo a nudo ipocrisie e rancori sopiti, nomignoli e giudizi inconfessabili.

Le musiche elettroniche di Filippo La Marca irromperanno nel salotto borghese a sottolineare i momenti salienti dell'atto unico: fermi immagine e rallenty con funzione narrativa (ora di ellissi, ora di grassetto), che fotograferanno i personaggi nei momenti clou della tensione.

Un pubblico da sold out che riempie platea e loggione fino all'ultima poltroncina seguirà attento e divertito al contempo i quasi novanta minuti dello spettacolo, ridendo più volte a scena aperta; un applauso lunghissimo e caloroso chiamerà tutti in scena, e renderà il giusto tributo al talento di una compagnia, e di una giovanissima regista e produttrice, fiore all'occhiello del teatro messinese.

Eliana Camaioni

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