Gli antropologi “bacchettano” Navarra. Palumbo: “Intervenire è un dovere morale”

Gli antropologi “bacchettano” Navarra. Palumbo: “Intervenire è un dovere morale”

Eleonora Corace

Gli antropologi “bacchettano” Navarra. Palumbo: “Intervenire è un dovere morale”

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sabato 18 Gennaio 2014 - 06:22

L’Anuac - associazione nazionale universitaria antropologi culturali - scrive una lettera aperta al Rettore Pietro Navarra per chiedere la revoca delle autorizzazioni all’uso del campo in cui sorge la tendopoli e modalità di accoglienza più dignitose. Il professore Palumbo, membro dell’Anuac, spiega la presa di posizione dell’associaizone e cosa si nasconde dietro le logiche di assistenza

“Nel nostro ruolo di docenti universitari, ricercatori, studenti e cittadini democratici, chiediamo al Rettore dell’Università degli Studi di Messina, Pietro Navarra: 1) di promuovere un’assemblea pubblica aperta alla comunità accademica, studentesca e amministrativa, oltre che al V quartiere, per valorizzare le competenze interne all’Ateneo in vista dell’individuazione di soluzioni alternative; 2) che, così come fatto da altri atenei in situazioni analoghe, venga nominata una commissione composta da studiosi di diritto, medicina e scienze sociali che affianchi i richiedenti asilo e i migranti per offrire supporto; 3) di promuovere una campagna di solidarietà volta all'accoglienza dei richiedenti asilo nelle case di coloro che – studenti, docenti e personale tecnico-amministrativo – ne abbiano volontà e disponibilità; 4) di predisporre un atto di revoca della disponibilità espressa all’impiego del “Palanebiolo”; 5) di farsi promotore di un rinnovato tavolo istituzionale con l’Amministrazione comunale, la Prefettura e le altre autorità competenti per discutere delle soluzioni individuate”.

Queste le proposte che l’AnuacAssociazione Nazionale Universitaria Antropologi Culturali – suggerisce al Rettore, Pietro Navarra, con una lettera aperta in cui viene espressa “solidarietà vera per i profughi all’Università di Messina”. Il problema nasce dall’aver messo a disposizione dell’accoglienza dei migranti il palazzetto sportivo universitario PalaNebiolo, e nell’aver concesso le autorizzazioni per l’installazione della tendopoli nel campo da baseball limitrofo. Questo è già costato al Rettore una prima lettera, firmata da 58 tra docenti e ricercatori dell’Ateneo e seguita da una petizione per chiedere la revoca delle autorizzazioni rilasciate alla Prefettura per la realizzazione della tendopoli e l’uso del campo, divenuta presto online su avaaz.org.

L’Associazione nazionale di Antropologia non mette in dubbio la buona fede di Navarra nel mettere a disposizione il luogo, ma riportando una breve quanto puntuale cronistoria degli eventi (vedi allegato) commenta: “La struttura sportiva dell’Ateneo messinese è entrata a fare parte di una tragica storia di contenimento e sostanziale limitazione dei diritti in atto in Europa, in ragione della scelta dell’autorità prefettizia e del Ministero degli Interni di tenere insieme centinaia di persone all’interno di una struttura inidonea a ospitare esseri umani per più di qualche ora e del rifiuto

netto a distribuirle nel territorio, nonostante la disponibilità manifestata da diverse associazioni, da alcune parrocchie e da singoli cittadini e famiglie. I risultati delle ricerche accademiche svolte sulle emergenze umanitarie succedutesi negli ultimi vent’anni hanno dimostrato che situazioni molto simili a quelle che si stanno compiendo a Messina, iscritte nella retorica della solidarietà, si sono purtroppo convertite in pratiche di limitazione della libertà dell’individuo migrante, nella sua depersonalizzazione e ghettizzazione, oltre che in “stati di eccezione” insostenibili sul piano teorico e giuridico”.

Berardino Palumbo, professore ordinario di antropologia sociale dell’Università di Messina e membro a sua volta dell’Anuac, spiega: “Le politiche assistenziali messe in atto sono di repressione. Tutto questo fa si che si ammanti la politica di controllo camuffandola di umanitarismo. L’azione umanitaria fa parte di quella di controllo”.

In sostanza, o le persone si lasciano affogare in mare, o si respingono o si “assistono” tramite un circuito di controllo securitario, quasi in perfetto stile Panopticon.

“Nell’ambito degli studi internazionali – continua Palumbo – l’analisi di processi di gestione emergenziale della realtà va avanti da vent’anni. In ambienti più provinciali, come da noi, non c’è percezione che questo possa essere un problema politico, in Italia dobbiamo avere la Guzzanti che ci parla di gestione emergenziale dell’Aquila come espediente di governamentalità di un territorio. Per la nostra categoria intervenire è un dovere morale soprattutto di fronte ad un università che si presta a questi meccanismi di controllo. Le università avanzate, invece, reagiscono in modo critico”.

Per fare solo un esempio, l’Università di Bologna ha organizzato gruppi di sostegno per i migranti, che lavorano in sinergia con le varie realtà locali, fondendo parti del mondo accademico con la società civile per garantire il maggiore aiuto – giuridico e non solo – ai rifugiati.

“L’Europa e soprattutto l’Italia – conclude Palumbo – stanno gestendo questo fenomeno con politiche di chiusura. Uno studioso inglese una volta ha detto che l’Europa si è costituita come un muro, ed ha ragione. I processi demografici e storici già in corso, però, vanificheranno ogni sforzo. Questi processi cambieranno naturalmente quello che abbiamo di fronte, che ci piaccia o no, al di là di qualsiasi barriera o repressione”.

(Eleonora Corace)

Un commento

  1. ai cittadini sudditi chi ci pensa??

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