Tesori nascosti: il polittico antonelliano di Ficarra

Tesori nascosti: il polittico antonelliano di Ficarra

Vittorio Tumeo

Tesori nascosti: il polittico antonelliano di Ficarra

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mercoledì 23 Dicembre 2020 - 07:50

Secondo un contratto del 1477 sarebbe stato commissionato ad Antonello da una confraternita del paese nebroideo

Nel ricco e in gran parte inesplorato patrimonio artistico architettonico di Ficarra, piccolo centro immerso nel verde dei Nebrodi, spicca il polittico custodito nel Santuario dell’Annunziata. Per secoli confinata nell’oblio, la splendida opera pittorica oggi continua ad essere al centro di un appassionato dibattito sull’attribuzione della paternità. E’ di Antonello da Messina? Si tratta dello stesso capolavoro commissionato al grande Maestro messinese e al cognato Giovanni de Saliba dalla confraternita dell’Annunziata, secondo quanto attesta un contratto datato 20 giugno 1477?

Nel documento si legge che “Il maestro pittore Antonello d’Antonio e il maestro intagliatore Giovanni Risaliba, cittadini della nobile città di Messina si impegnavano a realizzare per il committente un gonfalone ben scolpito, ben formato e ben fatto, come il gonfalone della chiesa di San Nicola della Montagna di Messina, e a somiglianza di questo s’innalzasse un’immagine della gloriossisima Vergine Maria e un’immagine di quattro angeli simili a quelli dei canti, e il gonfalone una volta scolpito, allestito, ben costruito  e ben lavorato, lo si affidasse al maestro Antonello che lo avrebbe indorato, colorato, effigiato e miniato con figure”. Si sa che il maestro Giovanni per la sua intagliatura avrebbe avuto cinque once e venti tareni e così il maestro Antonello dodici once.

Il polittico come si presenta oggi

Oggi, il polittico si presenta organizzato su tre distinti ordini. In basso, la Madonna in trono con Bambino fiancheggiata alla sua sinistra da San Pietro e alla sinistra da San Paolo. L’immagine della Madonna risulta purtroppo parzialmente leggibile, ma si intuisce la straordinaria perfezione della figura e la bellezza del paesaggio di sfondo. Sul secondo ordine spicca la figura del Cristo benedicente, che richiama in odo inequivocabile il più noto Salvator Mundi del maestro messinese. In realtà il Cristo, nella organizzazione originaria del polittico chiudeva il terzo ordine, insieme alle lunette con angeli. Al posto del Cristo, una tavola raffigurante Sant’Antonio, purtroppo andata perduta insieme alle cornici. Nell’attuale configurazione, ai lati del Cristo, si apprezzano le figure delle martiri Sant’Agata e Santa Barbara, rispettivamente a destra e a sinistra. Imponenti le dimensioni, che sfiorano i due metri in altezza e oltre un metro e mezzo di base. Il primo a parlare del polittico di Ficarra fu lo storico e abate e Gioacchino Di Marzo con un articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia del sette marzo 1904 con cui dava notizia del ritrovamento del contratto di committenza dell’opera. Di Marzo era certamente serio e insigne studioso, autore di una monumentale opera biografica su Gagini ma, nonostante la rivendicazione della scoperta avanzata sulla stampa in realtà, prima di lui, era stato Gaetano La Corte Cailler, all’epoca direttore del museo di Messina ed esperto di pittura Antonelliana ad individuare il contratto.

Il polittico nella foto di La Corte Cailler

Fra i due scoppiò una polemica che si trascinò a lungo. Secondo le cronache del tempo, il La Corte si reco a Ficarra il 21 novembre 1903, quattro mesi prima cioè dell’annuncio del Di Marzo. Di quella visita esiste un resoconto che suffraga la paternità della scoperta. “Il gonfalone di Antonello – scrive il La Corte – è nella chiesa Madre. Vicino alla Cappella dell’Annunziata e precisamente nella nave traversa della chiesa, gran parte della parete è occupata da una grandissima icona alta più che quattro metri e larga due metri e cinquanta. Essa è a tre ordini con alto fregio nella parte centrale e d è tutta decorata da larghe cornici ad intagli dorati […]. L’effetto ricavato dal dipinto in parola è quello di trovarsi alla presenza d’un lavoro di Antonello. Lo sguardo delle figure, vivo, ha quella grande verità che si riscontra in tutti i dipinti di Antonello e ch’è la caratteristica principale di quel grande maestro. Il colorito e il disegno sono propri di Antonello e trovano facili riscontri: la figura benedicente, in alto, ricorda assai da vicino il famoso Salvator Mundi conservato a Londra”. Nei decenni, sull’attribuzione del dipinto si accesso un vivace dibattito che ha coinvolto insigni critici su opposti fronti. Per i Ficarresi, non vi è dubbio, si tratta di un’opera di Antonello, e se così fosse sarebbe l’ultima del maestro essendo morto poco dopo la consegna. Purtroppo, ancora oggi si attende però una risposta definitiva dalla critica ufficiale, non essendo ancora stato sciolto l’enigma dell’artista che ha pensato e realizzato la splendida opera conservata a Ficarra. Comunque sia, si tratta di un raffinato dipinto che pur giungendo a noi rimaneggiato, conserva intatti bellezza e mistero.

Vittorio Tumeo

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