Dopo la risposta "elusiva" alla richiesta di rottura con l'Università israeliana, "complice di Netanyahu contro Gaza", la controreplica
MESSINA – Prima la presa di posizione di 264 docenti di UniMe. “L’Università di Messina deve interrompere l’accordo quadro con la Hebrew University di Gerusalemme, al fianco delle politiche criminali del governo Netanyahu contro Gaza”. Poi la risposta del Senato accademico: “Profondo sgomento per quanto accade a Gaza”. Ora una nuova lettera aperta di 141 docenti, e le adesioni sono in corso, giudicando insoddisfacente la nota del Senato accademico. In sostanza, “il nome è genocidio” e nella replica dell’Università non viene mai pronunciato. Di fatto, viene “elusa la richiesta: la sospensione dell’accordo di cooperazione internazionale tra l’Ateneo peloritano e quello istraeliano”.
Accordo che, come dichiarato dalla stessa rettrice, Giovanna Spatari, non ha in essere “collaborazioni esecutive”, e quindi attualmente, “se resta in vigore, ha esclusivamente un valore simbolico che nulla ha a che vedere con la scienza, il sapere, la formazione. “La governance di UniMe appare indifferente all’impegno di più di un quinto del corpo docente dell’Università”, scrivono nel nuovo documento i docenti. “Solo così potremo stare al fianco dei nostri colleghi, ampiamente censurati, che in Israele si oppongono alle scelte del governo Netanyahu”.
In sostanza, questa è una fase storica in cui bisogna prendere posizione, ci ricordano gli accademici. Il Senato accademico, secondo i firmatari, si cura solo del parere dei dodici direttori dipartimentali e non affronta i temi sollevati dai 264 prof. E la rimozione terminologica del genocidio, ridotto a “crisi umanitaria”, viene considerata la prova della distanza. E i firmatari vorrebbero conoscere in cosa consista il “dialogo” in corso con le istituzioni accademiche israeliane.
La lettera aperta, “il nome è genocidio”
Ecco il documento dei 141 accademici dell’Università di Messina.
In un articolo comparso il 25 luglio 2025 su “The New York Times”, probabilmente il più prestigioso studioso mondiale dell’Olocausto e del genocidio, titolare alla Brown University della cattedra di Holocaust and Genocide Studies, Omer Bartov, ebreo, ex soldato e ufficiale dell’esercito israeliano, ha riconosciuto, non senza confessare la difficoltà di ammettere una conclusione tanto infausta, che attualmente a Gaza è in corso un genocidio. Non si tratta, dunque, né di crimini di guerra, né di crimini contro l’umanità, né di un conflitto armato, né di aggressioni, né tanto meno di una crisi umanitaria: “Israele sta commettendo un genocidio contro il popolo palestinese”. Il genocidio cambia tutto; proietta il conflitto israeliano-palestinese in un’altra dimensione, rendendo lo Stato ebraico autore dello stesso crimine da cui è sorto. Certo, Bartov non è il primo a considerare che l’orrore che da quasi due anni si sta consumando a Gaza cada sotto la fattispecie giuridica del genocidio, ma indubbiamente la sua voce è di una autorevolezza pressocché assoluta. Alle stesse conclusioni sono giunte, in queste ore, in una conferenza stampa congiunta due delle principali organizzazioni non governative israeliane B’Tselem – The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories– e Physicians for Human Rights Homepage | רופאים לזכויות אדם che hanno apertamente parlato di “nostro genocidio”.
“Il Senato accademico non pronuncia mai la parola genocidio”
Genocidio, genocidio, genocidio: per quanto sgradevole, conviene ripetere “genocidio” leggendo il documento con cui il Senato accademico dell’Università di Messina, il 29 luglio, prende la parola sulla tragedia palestinese: esprimendo sgomento per quanto avviene a Gaza (lo sgomento, per la precisione, riguarda “la gravissima crisi umanitaria che affligge la popolazione palestinese”), rimuove, tace, non parla di genocidio. La negazione del genocidio “è una minaccia alle fondamenta stesse dell’ordine morale su cui tutti facciamo affidamento” (Bartov). Non chiamare le cose con il proprio nome, semplicemente, non permette di fare i conti con l’inaudito che ci sta investendo. Forse allora ha ragione la filosofa americana Judith Butler quando ha recentemente ricordato che “Per alcune persone è possibile affermare la propria opposizione a ogni forma di genocidio e rifiutarsi di vedere che quello in atto a Gaza è un genocidio”.
Non fare parola del genocidio di cui è vittima il popolo palestinese nel documento adottato dal Senato accademico dell’Università di Messina probabilmente è tra le ragioni che consentono alla dirigenza dell’Ateneo di eludere la richiesta avanzata da 264 docenti, che con una Lettera aperta esigevano la sospensione dell’accordo di cooperazione internazionale tra l’Ateneo peloritano e la Hebrew University di Gerusalemme. Accordo che, come dichiarato dalla stessa Rettrice, prof.ssa Giovanna Spatari, non ha in essere “collaborazioni esecutive”, e quindi attualmente, se resta in vigore, ha esclusivamente un valore simbolico che nulla ha a che vedere con la scienza, il sapere, la formazione.
“A Messina si va avanti nonostante tutto, noi siamo vicini ai colleghi israeliani censurati”
Mentre la Comunità Europea si interroga se sospendere la partecipazione di Israele dal programma “Horizon per la ricerca”, avviando anche i primi, timidi, parziali, provvedimenti, a Messina si va avanti, nonostante tutto, senza aprire un confronto diretto con chi reclama un provvedimento che affrancherebbe l’Università di Messina da un accordo con una istituzione che attualmente sospende le voci critiche nei confronti dell’operato di Israele a Gaza (vedi il caso della prof.ssa Nadera Shalhoub-Kevorkian). Non possiamo, in effetti, non notare con rammarico che se la governance del nostro Ateneo risponde esclusivamente alle sollecitazioni dei Direttori di dipartimento, approvando un documento chiaramente non all’altezza del disastro storico cui siamo consegnati, appare invece indifferente all’impegno di più di un quinto del corpo docente dell’Università – fatto notevolissimo: un gruppo dalla composizione variegata per provenienze di studi, di dipartimenti, per anzianità di ruolo e anagrafica – a cui non si ritiene utile rispondere in maniera aperta, diretta, democratica.
Rompere l’accordo di cooperazione con la Hebrew University è il primo, immediato strumento con cui possiamo stare al fianco dei nostri colleghi, ampiamente censurati, che in Israele si oppongono alle scelte del governo Netanyahu e di tutte le istituzioni accademiche e culturali che ne appoggiano le decisioni criminali o che non osano avanzare critiche nei confronti del genocidio in atto. Soltanto mettendo in discussione l’operato di queste istituzioni, ogni singolo docente che sta resistendo alla barbarie può riconoscerci come suoi alleati. Soltanto isolando le istituzioni che prendono parte al genocidio del popolo palestinese, non li lasciamo soli.
Pierandrea Amato
Roberto Amato
Nicola Angius
Adriana Arena
Giuseppe Avena
Anna Barattucci
Tindaro Bellinvia
Paola Maria Bonaccorsi
Veronica Bongiovanni
Chiara Borsellino
Emanuele Brianti
Dario Bruneo
Donatella Bucca
Mariavita Cambria
Gioele Capillo
Anna Paola Capra
Paola Cardiano
Lorenzo Casini
Antonino Casile
Angela Castiglione
Maria Castriciano
Maria Ange Causarano
Consuelo Celesti
Vincenzo Cicero
Anna Maria Citrigno
Roberto Cobianchi
Dino Costa
Alfredo Criscuolo
Filippo Cucinotta
Alessandro De Angelis
Giovanna De Luca
Cristiano De Marchis
Pasquale De Meo
Fabrizio De Vita
Guido Di Bella
Massimo Di Gangi
Maria Letizia Di Pietro
Giovanni Falsone
Domenica Farinella
Mauro Federico
Filippo Ferlito
Elisa Fiorenza
Antonio Fabio Forgione
Pasquale Fornaro
Giorgio Forni
Claudia Foti
Edoardo Fugali
Rita Fulco
Roberta Galbo
Giuseppina La Ganga
Romana Gargano
Giuseppe Gattuso
Giuseppa Genovese
Mauro Geraci
Salvatore Pio Giacobbe
Ottavia Giuffrè
Giovanni Giura
Mario Graziano
Giuliana Gregorio
Fabio Gresta
Massimo Ingrassia
Giuseppina Laganà
Gabriele Lando
Jutta Linder
Francesco Longo
Vincenzo Macaione
Raffaele Manduca
Antonella Cinzia Marra
Maria Adele Marino
Pierluca Marzo
Giovanni Merlino
Gianluca Miglino
Carlo Migliardo
Marcello Mollica
Mariangela Monaca
Cristian Mondello
Marina Montesano
Marina Morabito
Anna Notti
Giulia Palomba
Francesco Parisi
Rosalba Passalacqua
Anna Maria Passaseo
Francesco Francesco Riccardo Pengo
Rosamaria Pennisi
Francesca Pentassuglio
Simona Pergolizzi
Alessio Plebe
Daniele Pompejano
Daniela Potenza
Santo Previti
Patrizia Primerano
Valentina Raffa
Antonio Rapisarda
Antonino Recupero
Giuseppe Ricciardi
Giacomo Risitano
Maria Giovanna Rizzo
Rosalba Rizzo
Andrea Romeo
Fabio Rossi
Gabriella Rubulotta
Fabio Ruggiano
Eriberto Russo
Pietro Saitta
Giuseppe Saija
Giuliana Sanò
Carmen Serena Santonocito
Dario Francesco Santonocito
Aurelio Scavo
Marco Scarpa
Maria Teresa Sciortino
Luigi Monsù Scolaro
Danilo Scordia
Scolastica Serroni
Maria Vittoria Serranó
Felice Sfravara
Guido Signorino
Roberta Somma
Salvatore Speziale
Simon Michael Tanner
Stefania Taviano
Fabio Todesco
Stefania Toscano
Peter Quinto Tranchida
Anna Trifirò
Katia Trifirò
Aldo Trifiletti
Alessandro Tripodo
Bruno Tripodi
Alexandra Trifonova
Stefania Tuccinardi
Velia Vadalà
Marta Venuti
Mario Venza
Carolina Vesce
Luca Vilasi
Angela Villani
Federico Vitella
Pier Paolo Zampieri
Maria Zappalà

Appunto un quinto che adesso si è ridotto da 264 a 141 docenti. Cioè una ristretta minoranza di docenti. Non capisco perché il Senato Accademico e la Rettrice debbano obbedire a questa minoranza senza tenere conto della stragrande maggioranza del corpo accademico. E’ tipico della sinistra di volere dettare legge anche quando sono in minoranza. Approvo quanto deliberato dal Senato Accademico che manifestando la propria solidarietà al popolo palestinese non si fa condizionare da questa minoranza. Ribadisco un concetto già espresso. Questi 264 o 141 docenti asserviti alla ideologia della sinistra hanno mai manifestato a parole o con cortei una forte solidarietà al popolo civile ucraino ed ai bambini uccisi o rapiti dall’esercito russo agli ordini del criminale Putin? Attendo risposta
E la destra? E il ministro che ha detto “Scambierei due presidenti della Repubblica per avere un Putin?
Un plauso ai 264 docenti perché non vogliono voltarsi dall’altro lato e vogliono agire in difesa della verità e del popolo palestinese tomentato e massacrato sin dal 1948, e nei confronti del quale è in atto la “soluzione finale”. A fronte della situazione che è sotto gli occhi del mondo i vertici dell’ateneo messinese dicono che l’ accordo con l’università ha solo valore simbolico e per questo viene mantenuto! Ma proprio per questo dovrebbero interromperlo immediatamente. Che vergogna girare ancora intorno alle parole, cosa devono vedere di più da parte del criminale e genocida stato israeliano per dare un segnale di svolta e di rottura di ogni relazione! Grazie ai docenti firmatari!