L’Università e gli specializzandi del Congo: tanto lavoro, ma senza “borsa”...fino a questa mattina

L’Università e gli specializzandi del Congo: tanto lavoro, ma senza “borsa”…fino a questa mattina

L’Università e gli specializzandi del Congo: tanto lavoro, ma senza “borsa”…fino a questa mattina

giovedì 21 Gennaio 2010 - 10:43

Arrivati in Italia in virtù della tanto pubblicizzata Convenzione con l'Università di Graben, i tre medici congolesi in forza al Policlinico sono costretti a vivere di stenti perchè sino ad oggi gli è stata negata la dovuta retribuzione. E Cardile prima troppo impegnato per dare spiegazioni, dopo il nostro articolo corre ai ripari...

I turni sono uguali a quelli dei colleghi italiani. Le responsabilità ed i doveri anche. Ma i per tre medici specializzandi di origine congolese, che svolgono regolare servizio presso la struttura universitaria del Policlinico, è in atto una vera e propria discriminazione economica.

Arrivati a Messina grazie all’Accordo di cooperazione interuniversitaria internazionale sottoscritto il 22 Aprile 2008 dall’Università degli Studi di Messina e dall’Università Cattolica di Graben, con la partecipazione delle Arcidiocesi di Messina, Lipari e S. Lucia del Mela, l’Arcidiocesi di Graben e l’associazione ONLUS SPES, i tre professionisti – che hanno iniziato la scuola di specializzazione lo sorso luglio – in questi sei mesi non hanno mai percepito il contributo che l’Università eroga sotto forma di borsa di studio a tutti i medici specializzandi.

Jean Paul, Francois e Justine – questi i nomi di battesimo dei tre medici di origine congolese – sono attualmente ospitati – come ci spiega il presidente dell’associazione ONLUS- SPES padre Salvatore Catalfamo – presso uno stabile della parrocchia di Spadafora. Qui vengono garantiti loro vitto e alloggio e l’associazione provvede ad eventuali spese “extra” per l’acquisto di libri e beni di prima necessità.

“Una situazione di assoluta ed ingiustificata precarietà – tuona la dott.ssa Alfonsa Pizzo, relatrice della tesi redatta da Justine, specializzanda in ginecologia. – Questi tre medici congolesi attualmente in servizio presso il Policlinico e specializzandi rispettivamente in pediatria, medicina interna e appunto in ginecologia – continua la Pizzo – non sono venuti qui per ricevere la nostra elemosina. Si tratta di tre giovani medici che hanno lasciato il loro lavoro di medico in Congo ed uno stipendio sicuro per venire a Messina con un obiettivo ben preciso: accrescere le proprie competenze ed acquisire una maggiore professionalità da poter spendere nel loro paese d’origine una volta concluso il ciclo di formazione”.

“Non capisco perchè – si domanda ancora la Pizzo – i tre specializzandi congolesi, pur avendo superato gi esami per accedere ai corsi di specializzazione “alle stesse condizioni e limiti previsti dalla normativa vigente nell’Ateneo di Messina (come testualmente indicato all’art. 2 della Convenzione), pur svolgendo le medesime funzioni dei loro colleghi italiani e pur rispettando regole ed orari imposti dalla legge, debbano essere privati del loro sacrosanto diritto di essere pagati per il lavoro svolto. Per di più con grande dedizione e capacità”.

“Tra l’atro – fa notare la Pizzo – come espressamente indicato dall’art.1 della Convenzione firmata dall’Università – questi tre medici provenienti dal Congo, prima di accedere ai corsi di specializzazione, hanno dovuto integrare il loro corso di sudi per ottenere l’equipollenza dei diplomi ottenuti nel loro paese con il titolo di studio rilasciato dall’ordinamento universitario. Questo significa che, con sforzo e grandi sacrifici, i tre giovani professionisti congolesi hanno dovuto rimboccarsi le maniche, apprendere in breve tempo un idioma straniero e continuare un percorso accademico già portato a termine nella loro Università. Ma nei loro confronti – assicura la Pizzo- non è stato concesso alcun regalo né alcun favoritismo o alcun privilegio ed i risultati ottenuti sono il frutto di tanta buona volontà e della voglia di imparare per poter mettere a servizio del proprio Paese le conoscenze acquisite in Italia”.

Sull’intera vicenda, che lascia non poche perplessità, anche in considerazione del fatto che da una anno a questa parte l’intero mondo accademico sbandiera con orgoglio l’avvio dell’azione di apertura ed integrazione verso le popolazioni meno fortunate del Mediterraneo, abbiamo provato ad ascoltare anche le altre parti interessate. Alquanto imbarazzato e soprattutto preoccupato di buttare acqua sul fuoco padre Catalfamo, che non nega l’inadempienza dell’Università, ma nel contempo si è affretta a precisare che il problema è “già” in via di risoluzione e che tutto – così gli è stato riferito dai piani alti dell’Ateneo- è nato da un intoppo burocratico, causato dall’incompetenza (testuali parole) di un’ impiegata”.

Meno incline al dialogo, anzi inspiegabilmente trincerato dietro un muro di silenzio, il direttore amministrativo dell’Ateno Messinese, Pino Cardile. Raggiunto telefonicamente, all’ascolto della parola magica “Convenzione con il Congo”, ha subito tagliato corto: “Non ho tempo da perdere. Sono troppo impegnato”. E giù la cornetta. Ma è lo stesso direttore amministrativo che pochi minuti dopo la pubblicazione di questo aritcolo ha personalmente chiamato gli studenti africani convocandoli per la firma del contratto di specializzazione. Cardile che non è dunque riuscito a trovare cinque minuti per rispondere alle nostre domande, ha preferito passare direttamente ai fatti…meglio così, anzi meglio tardi che mai.

(foto Dino Sturiale)

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