Volta la carta. I tarocchi di Faber. La caleidoscopica esistenza di Faber svelata attraverso nove tarocchi

Volta la carta. I tarocchi di Faber. La caleidoscopica esistenza di Faber svelata attraverso nove tarocchi

Tosi Siragusa

Volta la carta. I tarocchi di Faber. La caleidoscopica esistenza di Faber svelata attraverso nove tarocchi

lunedì 24 Agosto 2020 - 08:30

Nove carte in gran formato hanno fatto la scenografia su una vissuta pedana di legno,allocata in un boschetto di pini,in una tenuta di Capo Rasocolmo, il punto più a nord della Sicilia ,con gli spettatori sistemati su pratiche panche e di fronte… il mare, in uno scenario suggestivo davvero, mentre un tramonto rosso rosso tinteggiava di rosa il cielo terso.

Questo il magico contenitore della mise en scene non tipizzata, che sfugge a tentativi di classificazione, non rientrando in alcun genere definito, come sicuramente scarsamente inquadrabile è stato ed è ancora Fabrizio De Andrè, il cui ricordo è ad oggi così vivido che a tratti ne obliamo la dipartita.

Il monologo, il cui testo originale si è ascritto ad Anna Mazzeo e Davide Colnaghi, pone al centro il Destino – che anche nella vita di Fabrizio ha rivestito un ruolo preponderante – e, a mezzo aneddoti,fatti,aneliti..e note cantate, ne ripercorre i tratti salienti, intrecciando ognuna delle nove carte con alcuni Suoi percorsi esistenziali . Voglio ricordare che le mosse di questa insolita rappresentazione hanno tratto linfa e genesi dalla scenografia utilizzata dal cantautore nel suo ultimo tour, proprio un castello di…tarocchi, intesi quale strumento di crescita personale e di illuminazione della coscienza, nove, scelti fra i ventidue arcani maggiori e secondo l’ordine riprodotto nello spettacolo.

E se la competenza scientifica e l’estro artistico della fotografa – pittrice Anna Mazzeo ha dato l’imprimatur, il giovane Davide Colnaghi, sapientemente dalla stessa diretto, con la sua estrosa resa, da performer vulcanico e istrionico, ha fatto il resto, consegnando al pubblico coinvolto un racconto pieno di sfumature, mai monocorde, intenso, complesso, sofferto e sempre sincero e unico.

E mossi dall’impulso irrefrenabile di ritrovare un po’ di noi, le nostre radici, le emozioni sommerse, abbiamo partecipato all’avventura gioiosa, che, per il tempo di un’ora, in quello spazio incantato, ci ha restituito il gusto della vita autentica.

E come attraverso una pellicola vintage o le pagine di giornali dell’epoca abbiamo rivissuto passaggi della molto umana esistenza di De Andrè e imparato la sua filosofia che secondo me potrebbe riassumersi così: “Ciò che conta non è la destinazione, ma chi farà parte del viaggio” per dirla con il filosofo Vincent Cespedes.

Quel giovane della media borghesia genovese assommava in sé qualità che non gli consentivano di lasciarsi vivere, frequentare i salotti buoni della sua città e strimpellare per diletto qualche strumento … Voleva, e possiamo ben dire abbia colpito nel segno, essere il cantore degli ultimi, ,quelli odorosi di letame da cui nascono i fiori,bagasce, truffatori, fannulloni, furfanti, santi e sudici , eremiti ,e narrarne bevute, amori e botte. Un anticonformista, liberale, sovente contro il potere precostituito, colto e divoratore di libri e di musica, anarchico e “green” ante litteram, amante della natura e della solitudine ove ritrovarsi, ma fedele alla sua Dora, come non lo era stato alla prima moglie, più di facciata.

In primis, però, narratore dello Spirito di Genova, del suo Genius, da rintracciare nel centro storico, che ha saputo cogliere appieno, attraverso gli odori, i sapori, la lingua e le culture, le colline e il mare,dei suoi carruggi, con il passato che fa da fondamenta al presente, la sua Città Vecchia, ove ancora potrebbe capitare di incontrare “una graziosa con gli occhi del color di foglia”.

Al termine il cielo era di una romantica sfumatura grigia, le luci divenute soffuse, e l’atmosfera conviviale induceva ad apprezzare al meglio le degustazioni che hanno impreziosito l’iniziativa.

Due bianchi della tenuta di Francesco Giostra Reitano a Capo Rasocolmo e un Suo vino da dessert hanno accompagnato cibi semplici, dagli antichi sapori. Di sicuro un buen retiro che invoglia al ritorno, invitando ad un andamento lento.

Un convinto plauso a chi – Roberto Zorn Bonaventura – per il quarto anno consecutivo, e possiamo immaginare non senza oneri, ha creduto e portato avanti questa rassegna fatta, con il Suo contributo, di teatro, ma anche di vernissage e incontri letterari, il tutto condito da pietanze genuine e vini pregiati, prodotti anche in loco.

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