Palermo-Messina, dove si fermerà la rivolta del Vespro?

Palermo-Messina, dove si fermerà la rivolta del Vespro?

Redazione

Palermo-Messina, dove si fermerà la rivolta del Vespro?

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sabato 17 Maggio 2008 - 07:05

Con la morte di Federico II di Svevia, il 13 dicembre 1250, possiamo ragionevolmente parlare della fine di un ciclo. Sovrano assolutista, avendo abolito molte delle prerogative di cui godeva il Parlamento siciliano, è riuscito a dare al Regno un assetto moderno. Le Costituzioni di Capua, Menfi e Messina, esempio di questa modernizzazione, hanno portato alla creazione di un corpo organico di leggi, assente fino alla sua ascesa al trono.

La notizia dell’improvviso lutto non ha fatto però versare lacrime alla nostra città. Messina, scelta da Costanza d’Altavilla come sede del governo nel lontano 1197, era riuscita a sviluppare nel tempo una coscienza civica forte e ad avere un certo peso politico ed economico. In quanto nuova sede del potere politico, almeno fino all’ascesa al trono di Tancredi, è riuscita ad ampliare i propri privilegi.

Il diritto d’estrarre il ferro, di scegliere i propri magistrati e di non riconoscere la giurisdizione di nessuna corte fuori dalle proprie mura, sono solo alcune delle agevolazioni ottenute dalla città. Federico II nella sua opera riformista ha privato Messina di molti dei privilegi acquisiti negli anni, non c’è quindi da meravigliarsi del disinteresse dimostrato nei confronti del lutto che ha colpito il Regno di Sicilia.

Dopo la morte dello -stupor mundi-, si sono avvicendati in questi anni, in rapida successione, Corrado IV, il figlio Corradino e infine l’ultimo discendente di Federico II, Manfredi.

La situazione del regno, che sembrava essersi stabilizzata con Manfredi, è ulteriormente precipitata. Il nuovo papa Clemente IV, mal sopportando la presenza di Manfredi, è riuscito a convincere Carlo d’Angiò, fratello di Luigi IX, re di Francia, ad accettare l’investitura del Regno di Sicilia.

L’incoronazione è avvenuta, come tutti ricorderanno, nel gennaio del 1266. Un nuovo sovrano per la Sicilia, un sovrano per il quale il noto cronista fiorentino Villani, non ha mancato di tessere le lodi. Così si era espresso nel corso di una intervista rilasciata al nostro quotidiano.

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Quella corona cinta nel 1266 sembra pesare enormemente sul capo di Carlo d’Angiò, ora che tutta la Sicilia si è ribellata.

Tutto è iniziato lo scorso lunedì di Pasqua, 30 marzo 1282, a Palermo. Secondo le ultime testimonianze raccolte, il focolaio insurrezionale si sarebbe acceso all’uscita dalla chiesa del Santo Spirito. Il caso ha voluto che una guarnigione francese si trovasse a passare davanti alla chiesa e che proprio uno dei militi si sia permesso di prendere della libertà con una donna. Questo gesto, offesa maggiore delle persecuzione politica, avrebbe scatenato la reazione dei palermitani e portato conseguentemente all’uccisione del soldato. Quella che ai più sarebbe apparsa come una semplice rissa, si è trasformata nel giro di poche ore nella rivolta di un’intera città.

Come è possibile che un uomo magnanimo, rigoroso e giusto, invece di impedire che episodi di tale scelleratezza avessero a ripetersi, abbia approfittato di questi disordini per stringere ancora di più il cappio del potere su Palermo e Messina?

Inizialmente la città ha appoggiato l’esercito francese inviando alcune navi in appoggio. Successivamente la classe di governo cittadina, malgrado i rapporti con Palermo non siano mai stati idilliaci, ha deciso di aderire alla rivolta. L’intervento di Messina a favore di Palermo e la diffusione della rivolta a tutta la Sicilia ha indotto Carlo d’Angiò al passo estremo. Nei giorni scorsi un messaggero ha raggiunto Messina, per mettere al corrente la nostra classe dirigente dell’intenzione di Carlo di assediare la città.

Non resta che aspettare con ansia lo svolgersi degli eventi, augurandosi che la città abbia almeno il tempo di approntare un’adeguata difesa all’esercito francese.

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