Raspanti: "I giovani derubati del futuro, di valori e ricchezze. Sulle loro spalle un debito enorme" INTERVISTA

Raspanti: “I giovani derubati del futuro, di valori e ricchezze. Sulle loro spalle un debito enorme” INTERVISTA

Carmelo Caspanello

Raspanti: “I giovani derubati del futuro, di valori e ricchezze. Sulle loro spalle un debito enorme” INTERVISTA

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domenica 13 Marzo 2022 - 07:05

Parla il nuovo presidente della Conferenza episcopale siciliana. "In politica e nella società i cattolici pesano sempre meno, il dato è innegabile. Ecco cosa si può fare". Le iniziative concrete per aiutare il popolo ucraino. Il messaggio alla città di Messina

L’intervista a mons. Antonino Raspanti, presidente della Conferenza episcopale siciliana
di Carmelo Caspanello

“MESSINA è una città che ha molte problematiche, alcune contraddizioni che i messinesi vivono con grande sofferenza. Però è anche vero che è una città veramente bella: gode di una posizione invidiabile, ha una notevole tradizione culturale, un certo dibattito, c’è una Università che lavora, ci sono dei presìdi sanitari di primo livello e ci sono delle eccellenze di vario tipo. Ho un bel ricordo, sia del clero quanto dei laici”.

Il neo eletto presidente della Conferenza episcopale siciliana, mons. Antonino Raspanti, è stato a Messina in qualità di Amministratore apostolico prima dell’arrivo di mons. Giovanni Accolla. Nell’intervista che pubblichiamo (integralmente anche in podcast) accendiamo qualche ricordo e puntiamo per qualche istante l’attenzione sulle impressioni che si è portato dietro.

“E’ una città che in certe occasioni faceva fatica – risponde il presule – ma in altre aveva dei salti di orgoglio e valorizzazione di idee e personalità di tutto rispetto. Il mio augurio da presidente della Cesi è che si vada avanti con tenacia, cercando di affrontare le inevitabili contraddizioni che poi sono di tutti gli uomini, di tutte le città, senza cedere il passo al disfattismo, alla sfiducia, ma continuando a credere nel lavoro serio, quotidiano, fatto bene, che alla fine dà credibilità alle istituzioni, alle famiglie e quindi anche alle parrocchie”.
Con monsignor Raspanti (62 anni, originario di Alcamo e Vescovo di Acireale dal 2011) partiamo dal tema del giorno.

In Ucraina scorrono sangue e lacrime. Cosa sta facendo la Chiesa di Sicilia in merito all’accoglienza e dinanzi a quanto sta accadendo? Cosa possono fare i fedeli?

“Ogni Diocesi fa capo a sé, poi ci coordiniamo. Da più parti, parrocchie o Caritas, sono già stati inviati viveri, beni di prima necessità, medicine. Sono partiti parecchi tir. Ci siamo uniti a volte ad organizzazioni che facevano parte di altre entità. Ora stiamo facendo da noi. Ci arriva notizia dalla Caritas italiana e da quelle al fronte polacco o all’interno della stessa Ucraina, che in realtà almeno per ora di questi beni ne hanno tanti. Quindi ciò che serve di più in questo momento sono i fondi economici. La Caritas italiana ha messo a disposizione dei conti correnti, così come hanno fatto altre entità.

Perché la raccolta? Perché non si capisce bene che evoluzione avrà questa terribile guerra. Certamente servirà un sostegno a lungo a profughi e rifugiati. Le prefetture e le questure hanno convocato tutte le Diocesi e le Caritas siciliane per chiedere, a noi come ai Comuni, se abbiamo posti a disposizione per l’ospitalità. Ogni diocesi sta facendo una propria ricognizione per dire se ha strutture o se ci sono famiglie che hanno qualche stanza disponibile in casa propria, qualche appartamento sfitto. Stiamo raccogliendo questi dati e già li stiamo fornendo alle autorità competenti”.

La guerra in Ucraina ha messo in secondo piano l’emigrazione dal continente africano?

“Gli sbarchi dall’Africa continuano, dunque l’emergenza è qui a casa nostra, non possiamo ignorarla. Indubbiamente c’è una grossa novità che ha preso la scena, l’Ucraina. Ma non possiamo dimenticare cosa succede nel continente africano come in altri luoghi in particolare. Mi riferisco alla Libia ma anche al Medio Oriente, tra Siria e Libano, dove ci sono milioni di rifugiati che vivono in condizioni difficili. La situazione dell’Ucraina ci affligge sia per quello che vediamo ma anche perché per certi versi ci siamo strettamente coinvolti. Se il nostro premier parla addirittura di essere vicini ad una possibile economia di guerra, cioè razionalizzazione di alcuni beni, è naturale che siamo toccati molto più da vicino dalla guerra in Ucraina”.

C’è un altro tipo di emigrazione che ci tocca da vicino, quella dei nostri giovani siciliani che vanno via per trovare lavoro. Un lavoro dignitoso…

“Sì. Ce ne ocupiamo già da un bel po’ per la verità. Nelle singole diocesi, ed anche sul piano regionale, si portano avanti iniziative ormai da anni. Ricordo il Progetto Policoro che si fa con la Caritas e la Pastorale giovanile e quella familiare, attraverso il quale si cerca di realizzare sportelli informativi, corsi di formazione che possano mettere i giovani al passo con la piccola imprenditorialità, aperture di piccolissimi esercizi. Insomma, l’obiettivo è trovare qualche sbocco economico che non sia semplicemente il solito posto fisso dello Stato, della Regione e cose simili.

Si punta, in parole povere, a far rinascere un tessuto che si è addormentato negli ultimi decenni, per diverse ragioni. Vogliamo avviare sul piano della mentalità un processo che incoraggi i nostri giovani a crearsi un proprio lavoro, anche qui. Non è semplice, perché le circostanze e le strettoie che dipendono anche da entità molto superiori alle nostre sono tante e spesso strangolano. Però una parte credo che la possiamo e la dobbiamo fare noi siciliani con le nostre amministrazioni, con le nostre leggi, le nostre capacità di reagire, anche facendo sacrifici per tornare a vivificare il tessuto economico e sociale della nostra terra”.

Disagio sociale, dispersione scolastica. Continuano ad esserci sacche di degrado culturale nelle città siciliane. Voi avete un osservatorio speciale…

“Si, tra l’altro ne abbiamo creato uno proprio con l’ ‘Osservatorio’ che è socio-giuridico-politico potremmo dire, per cercare di monitorare soprattutto le periferie delle città o i territori dell’entroterra che stanno subendo tra l’altro una fortissima migrazione. Purtroppo non sempre riusciamo ad intervenire. La dispersione scolastica ci preoccupa, in particolare tra Catania e Palermo. Catania, in determinati quartieri, ha un alto tasso di dispersione. Anche qui con gli operatori, con una serie di attività delle parrocchie (penso alla costruzione di orti sociali, alla risistemazione di alcuni impianti sportivi e ad attività amatoriali in generale) si può tornare ad essere cellule vive all’interno del proprio quartiere. Non solo negli oratori, ma soprattutto nella società”.

Nella politica, ma soprattutto nella società, anche in Sicilia si registra un arretramento delle forze di ispirazione cristiana. C’è un problema di visibilità e rilevanza dei cattolici nella società che si riflette in politica?

“Il dato è innegabile. C’è dispersione, confusione, un indebolimento della formazione di molti cattolici. Insomma, una serie di fattori che vanno di pari passo con la generale situazione culturale. La tenuta democratica dei nostri Stati, che hanno una tradizione liberaldemocratica più che secolare, è a rischio. La partecipazione è crollata: la democrazia liberale si fonda soprattutto sul senso delle leggi dello Stato, del bene comune, della dignità delle persone e della partecipazione notevole. Queste cose si sono molto affievolite a vantaggio di interessi di parte, talvolta individualistici e talvolta di singole componenti (lobby o simili…). Viene difficile a chi governa, a chi ha compiti istituzionali, tenere insieme, in unità, i disparati interessi.

Se mettiamo insieme poca partecipazione, molti egoismi e direi anche un certo grado di corruzione e di delinquenza che non siamo riusciti a sconfiggere o comunque a mettere all’angolo nelle nostre terre, il risultato è quel degrado civico, morale o comunque quel crollo di passione civile che fa anche arrabbiare i nostri giovani. Rendendoli aggressivi, in quanto, e direi a ragione, si sentono derubati del futuro, di risorse che noi abbiamo consumato caricando sulle loro spalle un debito notevole, che prima o dopo andrà saldato. E sono sempre le generazioni successive a doverlo saldare.

Noi abbiamo creato debito, consumando e producendo sempre meno anche valori e ricchezze. Ciò non crea una situazione di pace e serenità sociale.  I cattolici e la fede cattolica hanno delle riserve attraverso cui reagire e risalire la china. Si fa con fatica, oggi, perché anche la temperatura della fede nei cattolici è bassa, depressa.  Ciò che serve a noi Chiesa è rilanciare ciò che ci chiede il papa: Missione, Annuncio, Formazione, per riacquistare una forza ed una capacità di agire per il bene comune. Per essere lievito e fermento nella società”.

Nei giorni scorsi il segretario di Stato Vaticano Parolin e il presidente della Cei Bassetti, hanno parlato di laicato cattolico e dell’attualità dell’insegnamento del Concilio. Le associazioni del laicato cattolico chiedono un cambio di passo in merito alla loro presenza pubblica. Cosa ne pensa e cosa può rispondere loro la Chiesa?

“La Chiesa sono loro, lei intende dire forse la gerarchia. I laici hanno una presenza sempre più chiara e netta all’interno della Chiesa. Non si tratta di partecipare ai poteri, molto relativi, in quanto secondo me questo è solo un abbaglio. Ci può essere anche un problema nell’educazione che noi clero diamo ai laici. Il nostro compito è di creare dei laici con coscienze cristiane mature, in grado di impegnarsi nella società. Non si tratta di far sì che il laico abbia più spazio dentro la sacrestia. Può darsi che qualche aggiustamento vada fatto, ma non al punto da rivendicare chissà cosa. Invece vedo che c’è una forte carenza del laicato cattolico che si impegna nelle professioni, a scuola, nel diritto (avvocatura, magistratura…) oltre che nell’impresa, nell’agricoltura, nell’artigianato. Insomma, moltissime delle associazioni cattoliche che frequentavano i lavoratori sono indebolite.

Più che pretendere un posto di chissà quale tipo nel Consiglio pastorale o non so dove, che peraltro c’è, esiste, credo che sia più importante per il laicato impegnarsi nel cosiddetto Secolo: nel mondo, nella società e fermentare lì. Chiaramente dipende anche da noi clero dare una formazione, immetterci noi stessi come animatori, in modo che i laici che lo desiderano mettano in gioco i loro talenti per il vantaggio di tutta la società. Auspico un laicato cattolico molto più attivo nella vita sociale. Ma ovviamente anche all’interno della parrocchia. Penso alla catechesi, all’animazione sportiva negli oratori, a qualsiasi altro compito educativo che i laici hanno sempre avuto e continuano ad avere”.

“Le Confraternite, i Comitati, le Deputazioni e i Ceti sono tenuti ad accogliere tra i propri membri persone che non appartengono ad associazioni di tipo mafioso, non sono contrarie ai valori evangelici e non si sono rese colpevoli di delitti disonorevoli”. Sembra scontato. Ma voi vescovi avete inviato una nota pastorale alle 1053 confraternite siciliane. Si avvertono pressioni mafiose?

“Per quello che dicono i miei confratelli Vescovi ci sono state a macchia di leopardo. Non è tuttavia una situazione dominante e non riguarda l’intero territorio dell’Isola. Sono venute fuori situazioni in merito alle quali i miei confratelli Vescovi e anch’io abbiamo preso una posizione netta. Abbiamo detto esplicitamente che appartenere ad una Confraternita o essere portatori di un Santo, di un Fercolo o essere tra i primi organizzatori di una festa religiosa, cristiana, è assolutamente incompatibile con comportamenti criminali. Il culto alla pietà popolare non può in nessun modo essere staccato dai comportamenti quotidiani nella vita personale e nella vita sociale”.

Con l’Enciclica “Fratelli tutti”, il Papa si rivolge agli uomini e al mondo intero, scosso dalla pandemia, dalle guerre e dalla povertà. Esorta a “far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità”. La lettera è stata pubblicata nell’ottobre del 2020. A che punto è la sua applicazione in Sicilia?

“Francamente non sono in grado di rispondere a tamburo battente. Sono stati fatti e si continuano a fare importanti passi in avanti. Facciamo l’esempio del dialogo ecumenico con gli altri fratelli cristiani presenti in Sicilia, ma anche con i fratelli di altra fede. Penso soprattutto ai fratelli islamici che hanno una sostanziosa presenza nella nostra terra. Vi sono regolari incontri di preghiera. A gennaio, in occasione della settimana per l’unità dei cristiani o in altre occasioni della vita religiosa, sia cristiana che musulmana. Continuano inoltre gli scambi sia culturali quanto caritativi. Insomma, non è un mistero che innanzitutto nelle nostre Caritas o nei centri di aiuto non si fa nessuna differenza di religione o di appartenenza culturale o quant’altro. Anzi, il contrario.

Gli incontri, gli scambi sono sempre più frequenti soprattutto in alcune città e in alcuni luoghi: penso a Mazara, a Palermo, anche a Catania. Ci sono feste comuni, consumazione dei pasti insieme con cibi tipici. Mi sembra che lo spirito di fraternità sia favorito e sia favorevole anche all’interno delle nostre parrocchie. Molto spesso si fa sponda con i sindaci, con associazioni culturali non strettamente legate alla Chiesa cattolica”.

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3 commenti

  1. Avete tolto per primi voi spazio ai bambini, ai giovani e a chi aveva bisogno. Vedi gli oratori, diventati luoghi privati per figli di chi può permettersi la retta mensile.
    Bravo Mons., belle parole ma sono sicuro che di concreto non seguirà nulla.

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  2. bonanno giuseppe 13 Marzo 2022 09:31

    minchia bravuuuuuuuuuuuu

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  3. Ai giovani dico non perdete tempo, lavorate sodo su voi stessi formandovi con impegno; “almeno ci sia il conforto della preparazione (Oscar Lugi Scalfaro)” magari seguendo i principi cristiani che sono ottimi, ma fate voi non c’è obbligatorietà. ANDATE DOVE CI SONO REALI OPPORTUNITA’, non fissatevi in un luogo, non delegate il vostro futuro mai a nessuno, siate protagonisti della vostra vita. Non ascoltate politici, sindacalisti, religiosi, ascoltate voi stessi qualunque sia la vostra direzione “se non ora quando?” E ricordate di non fare mai compromessi, perchè?riusciti nell’intento, v’intrappolereste come se aveste venduto l’anima al diavolo “Deve andare bene per te (Favino Gli anni più belli)”. Anche Giovanni Paolo II parlando ai giovani dice “Prendete la vostra vita in mano e fatene un capolavoro”. Cerea

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