Torna a svuotarsi la tendopoli. Primi 40 migranti verso Caltanissetta e Mineo

Torna a svuotarsi la tendopoli. Primi 40 migranti verso Caltanissetta e Mineo

Eleonora Corace

Torna a svuotarsi la tendopoli. Primi 40 migranti verso Caltanissetta e Mineo

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venerdì 14 Febbraio 2014 - 08:18

Verrà trasferito oggi il primo gruppo di quaranta migranti dalla tendopoli del PalaNebiolo ai centri di Caltanissetta e di Mineo. Gli altri verranno spostati successivamente a Trapani, in Puglia e in alcuni centri Sprar del centro e nord Italia. Intanto procede la vita al campo tra indifferenza e insofferenza da parte dei cittadini

In attesa dei risultati del nuovo bando indetto dalla Prefettura di Messina per l’individuazione, oltre che di un ente gestore, di un luogo di accoglienza più idoneo, iniziano i primi trasferimenti del 160 migranti rimasti nel campo profughi del PalaNebiolo, dei 250 arrivati il 4 gennaio scorso. Oggi partirà il primo gruppo di 40 persone diretti una parte al centro di Caltanissetta e l’altra al Cara di Mineo. Gli altri verranno trasferiti di seguito a Trapani, in vari centri della Puglia e – i più fortunati – in degli Sprar nel Centro e Nord Italia. Il calendario dei trasferimenti vede la conclusione già per il prossimo martedì, salvo imprevisti. A quel punto la tendopoli resterebbe nuovamente vuota, ma c’è da tenere presente il gruppo di oltre mille migranti sbarcato di recente ad Augusta e altri eventuali approdi sulle coste siciliane.

Intanto la vita al campo procede nella disperata ricerca di un minimo di normalità. Oltre ad essere stata allestita una moschea su un fianco del campo, i migranti usufruiscono del servizio di lezioni di italiano. Un’altra parte dell’area – quella più vicina alla rete visibile dall’ingresso – è stata adibita a lavanderia. I migranti ospitati, oltre a provenire dalla Nigeria, Gambia, Ghana e Mali, questa volta vengono anche dal Senegal,Costa d’Avorio e, dieci di loro, dal Pakistan.

Uno dei ragazzi del Mali con cui ci fermiamo a parlare ha una maglia della “Roma”, l’altro afferma di avere vent’anni ma non gliene si darebbe più di sedici. Ci raccontano delle lezioni di italiano e di come alla pasta preferirebbero il riso. Affermano che i bagni utilizzabili sono solo quattro e di non conoscere quelli posti in tribuna, soprattutto, però, si lamentano del freddo: “a volte il vento è così forte che abbiamo paura che strappi le tende”.

Si avvicina uno di loro, è del Gambia e viaggia da quattro anni. Nel suo paese studiava giurisprudenza ma poi, per varie vicissitudini, ha deciso di partire. Ha attraversato il deserto, ma giunto in Libia è stato rinchiuso in un carcere per un anno prima e poi per altri sei mesi. I trattamenti subiti durante questo periodo l’hanno segnato tanto da indurgli ancora frequenti attacchi di panico. Una storia tipica, simile ad altre nella narrazione, unica per il vissuto e la singolarità del soggetto che ne è ad un tempo protagonista e vittima.

Passati i tempi delle mobilitazioni e dei sit-in di protesta, quest’ultimo gruppo di migranti dal momento del suo arrivo a quello della sua partenza sembra quasi abbandonato a se stesso, salvo l’immancabile impegno di qualche volontario che ha continuato a interagire con i migranti e monitorare la situazione lontano dai riflettori, quasi che alla tendopoli la città si sia ormai abituata. Al calo della partecipazione civile corrisponde, viceversa, una crescente insofferenza da parte di alcuni cittadini.

(Eleonora Corace)

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