“Ai piedi del monte”, nell’incanto della Riserva fare silenzio

“Ai piedi del monte”, nell’incanto della Riserva fare silenzio

Tosi Siragusa

“Ai piedi del monte”, nell’incanto della Riserva fare silenzio

giovedì 25 Settembre 2025 - 21:21

Un'iniziativa a Marinello. a cura del Parco archeologico di Tindari, tra letture e musica, per mettersi in ascolto. E ritrovare il giusto percorso

Il 6 settembre, nel tardo pomeriggio, in seno alla Rassegna “Il sorriso degli dei”, in quel di Marinello (Patti) e segnatamente c/o la Riserva Naturale Orientata, “ ai piedi del monte”, con il primo laghetto e il mare a fare da scenario da capogiro, si è tenuto, a cura del Parco Archeologico di Tindari, un evento gratuito, celebrativo dell’incanto naturale dei luoghi e capace di infondere quel sentimento di gratitudine verso il Creato che prescinde da una formale religiosità: un concerto-recital che, fra le tante manifestazioni per fortuna messe a punto per invocare la pace, è da annoverare, a mio avviso, fra le più suggestive e incisive realizzate.

L’”invocatio pacis” ha infatti colto nel segno più di tante verbosità e rassegne di circostanza e le splendide figure degli interpreti, Cinzia Maccagno ed Elio Crifò, alternatisi in letture drammatizzate –  da Euripide a Grossman e Breil, da Mattia Corrente a Enzo Russo e Maria Chiara Messina – e frammezzando il valente Ensemble di fiati – Lorenzo Scolaro (corno), Vincenzo Buzzanca (corno), Alessia Scolaro (tromba), Alessandro Costantino (sax), Natale Cucuzza (tuba) e  Alessandro Spanò (percussioni) –  hanno reso omaggio alla armonica bellezza del contesto, con il Santuario dedicato alla Madonna Nera di sfondo, inerpicato su una falesia.

Le incisive narrazioni e preghiere, foriere della propugnata (laica) grazia, hanno avuto forte risonanza nelle nostre menti, mentre le assonanti sonorità (da Bach a Pachelbel) imprigionavano gli animi di noi astanti, che in religioso silenzio, accoccolati sulla sabbia, ci siamo lasciati attraversare da quella naturale magia.

L’incipit è stato affidato a Elio, in una sentita ode al luogo “ove il divino ha incontrato l’umano”, regno del “Silenzio della pace”.

Dopo la inarrivabile Aria sulla quarta corda di Bach, splendidamente resa, ecco Cinzia evocare la Madre, con “Nigra sum sed formosa”, in grado di “cullare l’Umanità intera”.

La celeberrima Ave Maria ha poi impreziosito ancor più il momento.

Elio ha, ancora, messo a confronto, da “Vita e destino”, di Vasilij Semenovic Grossman, il minaccioso grande bene, con la “bontà quotidiana”, “senza ideologia”, che in tempi di guerra è un dono, non cerca testimoni, è privata, casuale e eterna, insensata, stravagante, “è quanto di umano c’è nell’uomo”, “è il punto più alto a cui lo spirito sia pervenuto”. Una bontà semplice, come la vita, impotente come la rugiada e forte finchè è impotente. “I cieli sono vuoti. Sulla terra l’uomo è solo. Con cosa soffocare il male? Con gocce di rugiada, di bontà umana!” “La storia dell’uomo è la battaglia del grande male che cerca di macinare il semino dell’umanità”

“Se anche ora l’umanità nell’uomo non si è spenta, significa che il male non può riportare vittoria”.

La musica “Fratello Sole” di Ortolani è di seguito riecheggiata.

Proseguendo, Cinzia ha recitato versi dal Libro della Consolazione di Israele, Isaia, per risvegliare Gerusalemme con un grido che vuole comunicare la fine della sua schiavitù, con il Signore che “riduce a nulla” i potenti e annienta i signori della terra”, e le splendide melodie di Faurè dal “Pie Jesu” ne hanno scandito ancor più il senso.

Le riflessioni di Enzo Russo sul genocidio perpetrato del secolo scorso ci hanno trasportati nelle rimembranze oscure di quell’orrore che “abbiamo”, a Suo dire, “semplicemente dimenticato”.

Dopo le marce e i giorni della memoria, la commozione, la solidarietà e la pietas, concordo, abbiamo semplicemente dimenticato.

E quell’orrore ha potuto avere di nuovo cittadinanza nel mondo degli umani.

Altre sonorità, e poi ecco Ecuba, la ieratica figura rievocata in “Ero regina e sono serva”, “ero una madre e sono una vecchia, senza prole, senza patria, sola, abbandonata da tutti…”, “morta prima di morire”. “Dove sei tu Giustizia?”, “Anche io sono stata potente. Anche io sono stata fortunata, e un giorno un solo giorno mi ha portato via tutto”, “Mentre l’uomo cattivo è sempre cattivo, l’uomo buono è sempre buono, e nessuna avversità può guastare la sua indole!”.

“Ah…ma i miei sono pensieri….frecce scagliate lontano dal bersaglio…”

“Shalom” è di seguito risuonato nella sua enorme significanza, e, quasi in finale, Elio con “Conosco barche”, con le toccanti espressioni di Jacques Breil, ha indotto potenti meditazioni sulla importanza di emulare quelle barche “che tornano sempre quando hanno navigato, lacerate dappertutto, ma più coraggiose e più forti fino al loro ultimo giorno, e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti perché hanno un cuore a misura di oceano”.

Non possiamo vivere il nostro tempo terreno, si è voluto quasi urlare, lasciando finire il viaggio creaturale ancor prima di iniziare, talmente incatenati “da disimparare come liberarsi”.

Magistrale “lectio”, questa, seguita dalla famosissima “Nessun dorma”, emblema pucciniano.

Cinzia, nella chiusa, ha aborrito infine la superbia, che capovolge la realtà, per cui necessita scavare e mondare le radici vecchie per rinvigorirle, per produrre buoni frutti; ciò senza lasciarsi sopraffare dallo sconforto, lottando, senza perdere il senno della lotta e mettere il piede nel fango, vacillando. E pur se la nostra pelle e carne ci porteranno a peccare, guardiamo e sorpassiamo, illuminati dallo Spirito (divino, o quale guida).

Il finale musicale è stato bissato con alto gradimento.

E allora, come nelle rare circostanze in cui l’Universo congiura positivamente, ogni tassello è riandato al posto giusto e l’armonia ha regnato fra il numeroso pubblico, confortato anche dalle parole del Direttore del Parco Archeologico e della Direttrice Artistica, unitamente a quelle del Presidente della Pro-loco pattese e di rappresentanti dell’Amministrazione Comunale, e soprattutto dalla forza espressiva degli attori e dei componenti del corpo musicale, che sono riusciti nell’intento di lasciare profonda impronta d tale esperienza creativa, trasformando un momento culturale con immersione in un paesaggio da sogno in qualcosa di più prezioso, che mi sono ripromessa già dalla fruizione di interiorizzare e trattenere prima di divulgarne le considerazioni per far sedimentare le emozioni e permettere alla razionalità di tirar fuori quanto (davvero tanto) di ineccepibile incamerato. “Chapeau” alla splendida manifestazione, che ci ha fatto per più di un’ora, fino all’incombente crepuscolo, respirare finalmente, sentendoci in pace con noi stessi e acquisendo consapevolezza sulla giustezza del percorso intrapreso, con l’anelito di poter, ciascuno e tutti insieme, rendere contributo per squarciare le tenebre che, sempre più nere, si vanno addensando sulle umane esistenze con focolai bellici che, anziché spegnersi, vanno in modo diuturno rinfocolati da governanti miopi.

Un commento

  1. Un evento interessante mal pubblicizzato. Anche bello? Chissà…
    È un peccato che a Messina il regolarmente poco – culturalnente parlando – finisca nel solitamente nulla.
    Davvero un peccato.

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