Ce lo fa notare l’Ass. TAT di Milazzo: le api sono degli indicatori biologici e potrebbero essere rilevati quali rivelatori ecologici per denunciare lo stato d’inquinamento dell’area
Le api e il loro miele prodotto sono capaci di segnare la carta d’identità d’un territorio più di tanti strumenti costosi costruiti dall’uomo e potrebbero essere impiegati quali rivelatori ecologici per confermare e conoscere forse anche più dettagliatamente lo stato d’inquinamento dell’intera area del Mela. Questa, in sintesi, l’intelligente provocazione lanciata dall’Associazione per la Tutela dell’Ambiente e del Territorio con sede a Milazzo, che riprendendo delle dichiarazioni del direttore editoriale di Apitalia, Massimo Ilari, rilancia il problema ormai arcinoto dell’inquinamento a tre livelli (aria, terra ed acqua) del quale soffre l’intera zona, che provocherebbe numerosi danni alla popolazione residente, che andrebbero dalle semplici allergie fino ad una più alta incidenza di alcune forme tumorali.
Il ruolo delle api quali formidabili indicatori biologici perché evidenzianti il danno chimico recato all’ambiente è peraltro scientificamente arcinoto. I pesticidi e i residui riscontrabili nei loro corpi, o nei prodotti dell’alveare fanno delle api degli ottimi rivelatori ecologici, come scritto. La loro capacità di riportare in alveare materiali esterni di varia natura e d’immagazzinarli secondo criteri controllabili è forse meno nota ai più, cosa che – come sostenuto dagli stessi volontari dell’ass. TAT – necessiterebbe di costi di gestione molto contenuti, specie in rapporto al rilevante numero di campionamenti che potrebbero essere affettuati.
Le cause di morte per questi preziosissimi animali, come denunciato dallo stesso Ilari, sarebbero sempre più spesso da imputare all’”intero arsenale chimico non testato” che comprometterebbe anche la vita medesima delle altre forme animali e, quindi, anche degli esseri umani, residenti nell’area, come nel caso della Valle del Mela. “Una vera e propria ‘overdose chimica’ ha invaso i sistemi abitati e le campagne della nostra area” sostengono da tempo i volontari della ass. TAT insieme a molti cittadini della zona. “Non si tratta più” – insistono dalla TAT – “solo di valutare la quantità di inquinanti ma anche le api e gli altri insetti che entrano in contatto con nuovi elementi chimici come ftalati, muschi sintetici, ritardanti di fiamma e chi più ne ha più ne metta che scatenano alterazioni ormonali negative su tutti i sistemi viventi. Per quanto riguarda le api, durante il loro tragitto naturale le molecole, portate dal vento, sono alterate dallo ‘smog fotochimica’ e le api non sentendo più l’odore dei fiori non sono più capaci di andare a bottinare. L’odore dei fiori diventa irriconoscibile e le api girano a vuoto e non riescono a portare avanti la loro opera di impollinazione. Poi stressate muoiono. Tra gli imputati vi è anche l’ozono cattivo, che va a finire anche nei nostri polmoni, gli idrossili e i nitrati.”
