MessinAccomuna: "Atm ha 32 milioni di debiti. Scelte infondate e illegittime"

MessinAccomuna: “Atm ha 32 milioni di debiti. Scelte infondate e illegittime”

Pippo Trimarchi

MessinAccomuna: “Atm ha 32 milioni di debiti. Scelte infondate e illegittime”

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lunedì 12 Novembre 2018 - 11:44

Il movimento dell'ex sindaco Renato Accorinti analizza i conti dell'Atm e spiega perché le valutazioni dell'amministrazione De Luca sugli 81 milioni di debito sarebbero sbagliate e perché restano i 32 milioni che erano già stati inseriti nel vecchio piano. E parlano di possibile danno erariale

MessinAccomuna ritiene necessario che ogni discussione delle misure proposte nel cosiddetto “Salvamessina” sia preceduta da una seria, attenta e approfondita valutazione della reale necessità di ridefinire il perimetro economico del riequilibrio finanziario di Messina e dalla precisa quantificazione di questa eventuale ridefinizione. In assenza di questa base i provvedimenti varati sarebbero carenti di motivazione e fonte di potenziale danno erariale, poichè imporrebbero ai cittadini sacrifici non dovuti ed eventualmente non legittimi. Per questa ragione MessinAccomuna sottopone ai Consiglieri Comunali, alle forze politiche e sociali, agli ordini professionali una riflessione che discute uno dei presupposti economici del cosiddetto “Salvamessina”: i provvedimenti relativi ad Atm.

Si parte da una considerazione: a premessa del SalvaMessina viene rappresentata la necessità di incrementare l’esposizione debitoria del Comunenel rimodulando piano di riequilibrio. Una quota importante di questo appesantimento finanziario è attribuita all’assorbimento delle passività Atm. In questa nota viene discussa la fondatezza normativa di questa ipotesi. In particolare, l’amministrazione De Luca propone per Atm due interventi: l’incremento del passivo del piano di riequilibrio del Comune (ossia del costo a carico della collettività) per “perdite” Atm (portando l’esposizione relativa a questa voce da 32 a 81 milioni, secondo quanto pubblicamente annunciato dagli esponenti dell’amministrazione e, in primis, dal Sindaco); la liquidazione dell’azienda e la costituzione di una nuova SpA. La prima operazione proposta appare giuridicamente non fondata e per conseguenza illegittima, la seconda non necessaria.

LE RAGIONI DELLE VALUTAZIONI

Atm non è “società di capitali”, ma “azienda speciale”. Come tale è regolata dal Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), che definisce tassativamente cosa può essere portato a riconoscimento di debito fuori bilancio per i Comuni. IlTUEL, vincolando a riconoscere i “disavanzi” dell’azienda speciale non consente al Comune di riconoscere i “debiti” di un’azienda speciale qualora questi risultino coperti da crediti e non generino “disavanzi” nei bilanci. Il Tuel non prevede alcuna forma di ricostituzione del capitale di un’azienda speciale. L’importo di 32 milioni circa già inserito nel piano di riequilibrio corrisponde a quanto previsto dalla normativa, è stato definito con il coinvolgimento eil parere favorevole del Collegio dei Revisori e non è stato censurato dal Ministero dell’Interno nella prima sommaria istruzione del piano. Le “aziende speciali”(soggetti non fallibili) non sono assoggettate alle norme fallimentari o concorsuali, ma solo alla disciplina del Tuel e non sussiste per le stesse alcun obbligo di liquidazione. È invece necessario mantenere la gestione del trasporto pubblico locale nell’alveo pubblico per coerenza con l’esito del referendum del 2011 sui servizi pubblici locali.

AUMENTO DELLA MASSA DEBITORIA DEL COMUNE PER CIRCA 50 MILIONI

L’amministrazione De Luca ritiene che ilpiano di riequilibrio del Comune debba darecopertura totale all’esposizione debitoria di ATM, che vienedeterminata in un totale di 81 milioni. L’appesantimento di circa 50 milioni rispetto ai 32 già stanziati dal piano di riequilibrio appare improprio perché frutto di una erronea sovrapposizione concettuale tra “perdite” e “debiti coperti da crediti” e non dovuto per legge, a meno di non confondere le prescrizioni normative relative alle “aziende speciali” con quelle relative alle “società di capitali”. Per comprendere perché il valore proposto dall’amministrazione è improprio e non dovuto bisogna in primo luogo distinguere tra “disavanzi” (o perdite)e “debiti” dell’azienda e, in secondo luogo, chiarirealla luce del Testo Unico degli Enti Locali quale parte dei “disavanzi” di un’azienda speciale debba essere effettivamente portata a riconoscimento da un Comune.

L’importo di 81 milioniindicato dall’amministrazione De Luca risulta dalla somma delle perdite registrate nei bilanci Atm al 31.12.2013 (circa 51 milioni), cui vengono indebitamente aggiunti circa 30 milioni di debiti risultanti nei bilanci del periodo 2013-2016, bilanci che però chiudono tutti in attivo. La coesistenza di debiti e bilanci attivi indica che a fronte di obbligazioni di pagamento non saldate l’azienda ha maturato crediti non riscossi. Non ci sono quindi perdite di bilancio, essendo i debiti coperti da crediti considerati certi dall’organo di revisione e come tali riportati nei bilanci aziendali (ricordiamo che di recente l’amministrazione e il Collegio dei Revisori dell’azienda hanno definito “corretti” i bilanci Atm). È evidente che i debiti coperti da crediti determinano ritardi nei pagamenti, ma non costituiscono perdite per l’azienda e non generano disavanzi.

Il Tuel vincola tassativamente i Comuni a riconoscere solo ed esclusivamente i disavanzi (non anche i debiti) delle aziende speciali, che siano dovuti a fatti di gestione. L’inclusione dei “debiti” tra le passività riconoscibili dai Comuni, se gli stessi sono coperti da crediti certi e inseriti nel bilancio aziendale,è esterna alle previsioni di legge.

Appare evidente che l’eventuale inserimento nel piano di riequilibrio di Messina dell’importo di 81 milioni derivanti dalla somma di “disavanzi” e “debiti coperti da crediti” relativi ad Atm sarebbe illegittimo, non possedendo le qualità o le condizioni richieste dalla legge per essere riconosciuto come tale. Dai bilanci aziendali risulta infatti che, al 31.12.2013, le “perdite aziendali” sono pari a € 51.450.010. Dagli stessi bilanci risulta però che l’azienda dispone di risorse per un totale di € 18.795.079; per conseguenza le perdite aziendali non coperte dalle risorse aziendali (ed equivalenti al valore negativo del patrimonio netto dell’azienda) sono pari a € 32.406.771.

Poiché l’Atm è “azienda speciale” e non “società di capitali”, la legge non prevede che la copertura delle perdite aziendali riconoscibile dall’Ente Locale debba spingersi alla ricostituzione della dotazione iniziale.

I 32 MILIONI DEL PIANO ACCORINTI

Messinaccomuna ricorda primoluogo che il piano di riequilibrio approvato dal Consiglio Comunale è stato costruito con la partecipazione dell’Organo di Revisione del Comune che aveva “valutato congruo l’importo destinato in considerazione delle ormai prossime iniziative volte al rilancio delle attività dell’azienda speciale, e idonee a consentire alla stessa di colmare autonomamente la differenza di risorse necessarie al suo riequilibrio finanziario”. In secondo luogo si rammenta che questa versione del piano di riequilibrio è stata assoggettata a un primo esame istruttorio da parte del Ministero dell’Interno, a esito del quale il documento contabile è stato oggetto di 23 osservazioni e/o richieste di integrazioni, ma che nulla è stato in quella relazione osservato o rilevato circa il valore inserito nel piano con riferimento alle passività Atm.

Ne consegue che, con riferimento alle perdite di Atm, l’importo legittimamente riconoscibile come debito fuori bilancio da parte del Comune è limitato al valore negativo netto del patrimonio aziendale; ogni altro importo causerebbe un danno indebito ai cittadini.

LIQUIDAZIONE DELL’AZIENDA E NUOVA SPA

Poi c’è la questione della trasformazione dell’azienda in società. Da quanto precede si capisce che la premessa posta dall’amministrazione a questa proposta è infondata: la situazione finanziaria dell’azienda appare governabile e risolvibile con: risorse di bilancio, piano di riequilibrio del Comune, riduzione del debito definita dalla “rottamazione delle cartelle” e ricapitalizzazione tramite immobile, dovendo invece l’azienda affrontare un problema di disponibilità liquide immediate; l’allungamento a 20 anni del periodo di riequilibrio del Comune consente inoltre lo sviluppo dei servizi e degli investimenti. Quanto al presunto obbligo di trasformazione societaria, l’operazione non è necessaria, anche in considerazione che, data la necessità di garantire l’universalità dell’accesso e quella di servire tratte strutturalmente in perdita, il servizio “unitario” e di rilevanza costituzionale del trasporto pubblico locale finisce col perdere la “rilevanza economica”, e un servizio non avente carattere pieno di rilevanza economica può essere svolto da azienda speciale. Non c’è dunque una stretta necessità, né finanziaria né di obbligo normativo, per la sua trasformazione.

Né vale il richiamo agli obblighi di liquidazione delle società in perdita di cui al Codice Civile, dato che le aziende speciali, rientrando nel novero delle aziende “non fallibili”, non sono soggette alle normative concorsuali o fallimentari e sono invece regolate solamente dal Testo Unico degli Enti Locali.

Se tale operazione dovesse comunque avvenire, la convenienza andrebbe preventivamente e tecnicamente dimostrata el’azienda dovrebbe prendere la forma della società “in house”, prevedendo la totale partecipazione pubblica e l’impossibilità di cedere quote a privati. Ciò per evitare (in linea con l’esito del referendum del 2011) che sui servizi pubblici si realizzino profitti privati.

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