Il Teatro per sognare, immaginare, un sé diverso, una vita nuova

Il Teatro per sognare, immaginare, un sé diverso, una vita nuova

Marco Celi

Il Teatro per sognare, immaginare, un sé diverso, una vita nuova

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giovedì 08 Giugno 2017 - 11:45

È iniziato già da qualche giorno il progetto "Il Teatro per Sognare", ideato dall'associazione culturale D'aRteventi e promosso dalla Caritas diocesana, con il sostegno e l'aiuto del Tribunale di sorveglianza e della casa circondariale di Gazzi. Un progetto che, attraverso il teatro, mira a far nascere nei detenuti quel desiderio di riscatto e di rinascita della propria vita.

"La parola carcere deriva dal latino carcer -eris, che ha sì il significato di luogo di restrizione e di reclusione, ma quello che in pochi sanno, è che carcere vuol dire anche principio di vita". Ha esordito così il presidente del Tribunale di sorveglianza di Messina, Nicola Mazzamuto, che insieme al presidente dell'associazione D'aRteventi, Daniela Ursino, all'arcivescovo Mons. Accolla, a suor Anna della Caritas, a Romina Taiani, vicedirettore dellla casa circondariale di Gazzi ed infine l'attore e regista Flavio Albanese, che si occuperà di portare avanti un laboratorio di scrittura e successivamente di teatro con i detenuti del carcere di Messina scelti per questa attività, ha presentato il progetto "Il Teatro per sognare", questa mattina, in una conferenza stampa presso la cappella di Santa Maria all'Arcivescovado.

Un'iniziativa importante che, come emerso nel corso della conferenza stampa, vuole puntare, attraverso l'attività trattamentale del teatro, a far mettere in discussione, in relazione, le persone, che per errori commessi nella loro vita, ma pur mantenendo la loro dignità, si trovano a scontare la pena di reclusione. Attraverso il teatro si vuole aiutare i detenuti ad "immaginare", sognare, un sé diverso da quello attuale, un sé migliore; quindi un momento per ripensare e riflettere sulla loro vita, sulle loro esperienze. E tutto questo grazie alla forza del teatro che permette loro di immedesimarsi in altri panni, di guardarsi ed esaminarsi dal di fuori. Un progetto che vuole dare voce ai sentimenti e alle storie di queste persone, che si interseca perfettamente col fine rieducativo delle carceri italiane.

"Il teatro permette ai detenuti di fare attività di presa di coscienza interiore, di riflettere sul male commesso e di ripensare alla bellezza dei valor e della vita. – ha continuato Mazzamuto – Aiutare i detenuti a sognare, ad immaginarsi diversi da come sono, non è altro che aiutarli ad educarsi, cioè a tirar fuori da sé il meglio, per un percorso di rieducazione che diventa reale, concreto, soprattutto se supportato da qualcuno di autorevole che crede nel loro cambiamento e se trova risconto in una comunità capace di perdonare e di accogliere, senza pregiudizi, chi è riuscito a cambiare".

Il progetto è già iniziato con una prima fase che prevede dei momenti di riflessione su testi proposti dall'attore Flavio Albanese, che successivamente, aiuterà i partecipanti al progetto nello scrivere un racconto che parta dalle emozioni, dalle storie di questi detenuti. "Il sogno non è un'illusione – ha dichiarato Albanese – permette a queste persone di immaginare un qualcosa di diverso dal sistema, permette loro di prendere coscienza delle proprie responsabilità, per smettere di dare la colpa agli altri, ed effettuare un cambiamento vero, interiore che permetta loro di andare oltre e non essere un prodotto del sistema. Alla base di ogni cambiamento, di scoperta, di ogni successo c'è prima un processo di immaginazione".

La seconda fase del progetto, i cui tempi e modalità sono ancora da definire, prevede la restituzione di questo lavoro di riflessione e di scrittura attraverso uno spettacolo teatrale, che vedrà coinvolti nella sua realizzazione anche gli allievi dell'istituto Minutoli di Messina. Un'occasione importante di incontro sia per i ragazzi, che potranno lasciarsi interrogare dalle storie e dalle esperienze dei detenuti, sia per i detenuti stessi che potranno prendere nuova linfa dalle freschezza e genuinità dei ragazzi. Ma questa seconda fase è importante anche perché permetterà, appunto, ai detenuti di lasciare lo spazio della casa circondariale, cosa che a Messina era accaduta davvero poche volte, per confrontarsi, attraverso il teatro con chi viene dall'esterno. "Questa – ha dichiarato Mons. Accolla – può essere anche una buona opportunità per l'uomo del "quotidiano", affinché si lasci provocare dalle storie di chi, nonostante viva la reclusione, possiede ancora una forte capacità espressiva e propositiva nei confronti della vita".

"Questo vuole essere il primo tassello di un percorso – ha concluso il presidente D'aRteventi, Daniela Ursino – mirato a far emergere i sentimenti e pensieri più nascosti di questi detenuti; un percorso che necessariamente richiede del tempo e molto lavoro per essere portato avanti, per dare continuità a un processo di cambiamento e confronto che altrimenti resterebbe un singolo evento nella vita di queste persone, non dando così i frutti sperati".

Marco Celi

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