L’Orchestra da camera Ars Musica e i giganti del barocco

L’Orchestra da camera Ars Musica e i giganti del barocco

giovanni francio

L’Orchestra da camera Ars Musica e i giganti del barocco

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mercoledì 20 Dicembre 2017 - 08:00

Applaudita esibizione al Palacultura per un evento organizzato dall'Accademia Filarmonica con l'Associazione Bellini

Una serata, quella di sabato 16, dedicata interamente a due grandissimi protagonisti del barocco, Vivaldi e Bach, per l’esecuzione dell’Orchestra da camera Ars Musica; l'evento rientrava nella stagione musicale dell’Accademia Filarmonica.

La musica di Antonio Vivaldi è stata protagonista della prima parte del concerto. Debitore di Corelli, vero capostipite di questo genere musicale – il compositore veneziano amava particolarmente il concerto grosso – quel tipo di concerto barocco che vede protagonisti un piccolo gruppo di strumenti solisti, mentre all’orchestra è affidato il ripieno – avendo composto moltissimi concerti, non dati alle stampe, per piccoli gruppi di strumenti (archi, fiati, ottoni, mandolini, ecc.) accompagnati dal ripieno orchestrale, mentre le opere date alle stampe hanno privilegiato il concerto solista, più richiesto dagli editori dell’epoca. Anche l’op. 3 intitolata “L’estro armonico”, una delle raccolte più felici del “Prete rosso”, fu data alle stampe, nondimeno contiene, insieme a quattro concerti per violino solista, altri otto per due, tre o quattro solisti in concertino, il classico concerto grosso di derivazione corelliana. Tale è quello eseguito come primo brano della serata, il n. 8 in la minore RV 522 per due violini e archi, nei tempi ”Allegro”; “Larghetto” e “Allegro”. Fra i migliori concerti di Vivaldi in assoluto, da annoverare senz’altro fra i grandissimi capolavori della musica barocca, è uno dei concerti più celebri ed eseguiti del Prete Rosso. Bellissimo il primo movimento, trascinante, tipicamente vivaldiano, al quale fa da contrasto il misterioso “Larghetto”, per poi concludere con l’incisivo finale. Non desta meraviglia se Bach amò questo concerto, e ne fece una splendida trascrizione per organo (BWV 593). Intitolato dallo stesso autore “Il gardellino”, il terzo dei sei concerti op. 10, in re maggiore RV 428, fu composto, come gli altri cinque, per flauto solista, archi e basso continuo. Anche questo è uno dei più celebri concerti di Vivaldi, un concerto cioè di natura descrittiva (nella fattispecie il flauto mima il canto appunto del cardellino, con un notevole effetto onomatopeico). Splendido e giustamente famoso il secondo movimento “Cantabile”, un canto dolce e pacato dello strumento solista. Discreta la prova degli orchestrali, che tuttavia si è avuta l’impressione debbano curare di più la pulizia del suono, spesso non all’unisono, mentre buona è stata la prova del flautista Francesco Bruno, molto applaudito, che ha concesso da solo un bis gradito, alcune variazioni da le “Follie di Spagna” di Marin Marais.

La seconda parte del concerto è stata dedicata a Johann Sebastian Bach, del quale dapprima l’orchestra, con il solista Giuseppe Fabio Lisanti, ha eseguito il Concerto in la minore BWV 1041 per violino e orchestra, nei tempi “Allegro moderato”, “Andante” e “Allegro assai”. È uno dei numerosi concerti composti da Bach per violino, purtroppo ce ne sono rimasti solo due, mentre per altri sono pervenute a noi le trascrizioni per clavicembalo. Si tratta di concerti fondamentali per la storia di questo organico, in quanto all’orchestra d’archi non è affidata una funzione di mero ripieno, ma parti essenziali ed elaborate del concerto; in particolare il primo movimento del concerto in la minore vede il solista e l’orchestra alternarsi con eguale importanza, dando vita ad un meraviglioso equilibrio. Il concerto ha toccato forse il suo momento più alto con l’ultimo brano eseguito, il celeberrimo Concerto Brandeburghese n. 5, brano scritto da Bach per flauto, violino e cembalo, tre strumenti che fanno da concertino insieme agli archi. I sei Concerti Brandeburghesi, così chiamati perché destinati al margravio Christian Ludwig di Brandeburgo, che però non li apprezzò, rappresentano la vetta della produzione strumentale di Bach, e in realtà sono intitolati “Six concerts avec plusieurs instruments”. In ogni concerto ogni parte è affidata ad un solo esecutore, senza raddoppi, e ciò li distingue sia dal concerto grosso, al quale comunque somigliano e spesso sono confusi, sia da quello solistico, facendone un unicum nel panorama barocco. Il quinto concerto è forse il più famoso e rappresenta una delle vette della musica strumentale barocca, un brano meraviglioso, con l’incisivo primo movimento, concluso da uno straordinario assolo del clavicembalo, prima volta nella storia della musica, una cadenza non fine a se stessa ma perfettamente inserita nel tessuto del concerto, brano tra l’altro difficile e virtuosistico, che Bach in persona soleva suonare spesso. Il secondo movimento, ove i tre strumenti solisti dialogano senza orchestra, tanto da costituire un brano talora eseguito come bis da trii strumentali così composti, è intriso di quella profonda, dolce e composta malinconia, propria del grande musicista tedesco. Il terzo movimento infine è trascinante e irresistibile, quasi un fugato, è anche qui il cembalo è straordinario protagonista.

Buona la prova dei solisti, in particolare di Giannalisa Arena, che se l’è cavata egregiamente nell’affrontare l’impegnativa partitura. L’orchestra ha bissato con l’”Allegro” dalla sinfonia di Vivaldi composta per la Serenata “La Sena festeggiante”.

Giovanni Franciò

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