Quando la macchina del fango, dopo tante tappe, punta verso di te e parcheggia sotto casa tua

Quando la macchina del fango, dopo tante tappe, punta verso di te e parcheggia sotto casa tua

Rosaria Brancato

Quando la macchina del fango, dopo tante tappe, punta verso di te e parcheggia sotto casa tua

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domenica 08 Maggio 2016 - 06:21

E' strano sentir parlare l'ex pm Ingroia, a proposito del caso Maniaci di "intercettazioni decontestualizzati, processo mediatico, complotto". Però può far comprendere quanto sia utile aprire un dibattito su alcune tematiche, come i tempi della giustizia e sull'antimafia delle passerelle. O sulla cultura del sospetto.

“Crocifisso mediaticamente”, “Le parole del procuratore sono già una sentenza di condanna”, “macchina del fango”, “Intercettazioni decontestualizzate”, “complotto”. Mi hanno colpito queste frasi nei giorni scorsi. Le ho sentite decine e decine di volte in passato, stavolta mi hanno colpito per via delle persone che le hanno pronunciate, Pino Maniaci e Antonio Ingroia che si sono ritrovati dall’altra parte della barricata, dalla parte di chi queste frasi le dice.

Parlando in privato posso dire tutte le minchiate che voglio, ma sono e restano minchiate”. Ha spiegato il giornalista Pino Maniaci, paladino dell’antimafia, inchiodato da intercettazioni telefoniche e ambientali e accusato di estorsione. “Le intercettazioni sono fango per far chiudere Telejato”. E il suo difensore, l’ex pm Antonio Ingroia: “ Maniaci e’ stato crocifisso mediaticamente, il suo è solo un linguaggio scurrile. Il video delle intercettazioni è uno spot dei carabinieri. Ci sono intercettazioni che non hanno rilievo penale e sono state inserite solo per sporcare l’immagine di Maniaci. Presenteremo denuncia contro i carabinieri, chiederemo chi ha fatto il video inserendo parti che non rientrano nell’ordinanza. Il pubblico ministero deve selezionare il materiale probatorio, non fare copia e incolla”.

La carrellata di dichiarazioni è lunga ed auguro al collega Pino Maniaci di dimostrare pienamente la sua estraneità a fatti che, spiega “sono stati creati per gettare fango”. Lo auguro a lui e a tutti quelli che in passato hanno rilasciato dichiarazioni dello stesso tenore per vicende analoghe. L’auspicio è che adesso che i simboli dell’antimafia (Maniaci è l’ultimo in ordine di tempo) sono finiti in quella che loro stessi definiscono la macchina del fango si apra un dibattito serio su alcuni aspetti. Maniaci e Ingroia toccheranno con mano come i tempi della giustizia e quelli del processo mediatico siano diversi. Il processo mediatico è istantaneo, non ha secondi gradi di giudizio, appello, cassazione.

La gogna mediatica resta cristallizzata al primo grado. Se per caso il processo in Tribunale si conclude diversamente sarà passato tanto di quel tempo che nessuno si ricorderà più del primo grado mediatico. L’interesse e l’audience saranno scemati ed a quella persona sarà riservato un trafiletto in fondo alla pagina. Nel frattempo la sua vita sarà stata distrutta per anni. Per il processo mediatico al più pagano i giornalisti che saranno querelati. Quando si concluderà l’altro processo, quello in tribunale, se per caso dovessero essere appurati casi d’innocenza, sviste, errori, leggerezze d’interpretazione, non pagherà nessuno.

Un tempo il Pd, quando Berlusconi si dichiarava “vittima” delle toghe rosse, era giustizialista. Ora che le inchieste toccano quotidianamente amministratori del partito è diventato garantista. Il Pd ha scoperto adesso che esiste l’ultimo grado di giudizio, la presunzione d’innocenza, l’irrilevanza penale di intercettazioni personali, il clamore delle conferenze stampa, la lentezza della giustizia.

La verità è che non ci sono toghe rosse, blu, gialle. La magistratura fa semplicemente il suo lavoro, che è quello di accertare i reati.

La toga non ha colore. Certo, sotto la toga ci sono uomini, che hanno sentimenti, orientamenti, emozioni, ambizioni. Ma non si deve generalizzare. Non mi è piaciuto sentire dire a Camillo Davigo, presidente dell’Anm: “i politici continuano a rubare ma adesso non si vergognano più”- Ci sono migliaia di politici onesti.

Maniaci e Ingroia si sono accorti che quella che chiamano “macchina del fango” ha puntato dritto verso il direttore di Telejato e chi legge quelle intercettazioni private, nelle quali ognuno parla come gli va e magari millanta o fa il pavone con la sua donna, ha il dubbio che lui sia colpevole. Si chiama cultura del sospetto. Loro l’hanno scoperta in questi giorni, ma esiste da anni.

Ho letto un articolo di Giuseppe Sottile sul Foglio e su livesicilia : “Tutti spiati tutti sputtanati” che sottolinea il confine fragile tra la rilevanza penale e quella mediatica, tra il “rovinare l’immagine di una persona” e l’aver commesso un reato.

“Un’intercettazione è la più subdola incursione nella vita privata di un uomo e se proprio non riesce a svelare la prova provata di un reato, certamente alzerà il velo su una debolezza affettiva, su un rancore familiare, su una maldicenza politica, su una indecenza comportamentale, su un tradimento bastardo, su un apprezzamento azzardato- scrive Sottile– Insomma, ti uscirà sempre e comunque dalla bocca una parola che non avresti mai dovuto pronunciare. E quando quella parola finirà su carta e diventerà “atto giudiziario” per te non ci sarà più scampo. Finirai nel tritacarne del sospetto e della maldicenza” Ci sarà sempre tra i “brogliacci”, scrive Sottile, quella buccia di banana, quell’allusione, quella mezza parola che metterà la parola fine a carriere e sogni, mentre “al magistrato non resta che sfogliare la margherita: questo sì, questo no; questo lo mangio oggi, questo lo mangio domani”.

Il discorso sui tempi della giustizia va fatto così come quello sulla prescrizione e secondo me anche sul ruolo del gup, finito con il diventare un mero “ratificatore” delle decisioni del pubblico ministero. La Costituzione sancisce la separazione tra i poteri. Una separazione benedetta e come tale dovrebbe essere anche l’autonomia dei poteri. Gli sconfinamenti da un lato o dall’altro fanno male.

Non mi entusiasmano i magistrati che fanno la spola tra politica e tribunali. Un giudice resta sempre tale e interpreta il ruolo di amministratore guardandoti non come un cittadino, ma come un possibile “reo”. Ricordo un’intervista con un assessore regionale che è riuscito a farmi sentire, mentre ponevo domande, sul banco degli imputati. Non mi piace quando un magistrato s’innamora dei riflettori più del codice penale, quando s’innamora di sé stesso più della Legge.

Quando Ingroia, che ora è avvocato e presidente di una partecipata regionale per volere di Crocetta, adombra il sospetto che il video su Maniaci sia stato “costruito ad arte” o che ci sia stato un processo mediatico, non ha nessun deja vu? Quando parla di intercettazioni decontestualizzate non ricorda di aver già sentito queste frasi pronunciate da altri? Fino a che punto il reato giuridico passa in secondo piano e diventa persino marginale rispetto a quello etico?

Si dice sventurato il Paese che ha bisogno di eroi. Dovremmo aggiungere, sventurato quel Paese che ha bisogno che sia soltanto la magistratura a correggere il cammino della Politica. Di giudici che vigilino sulla condotta di amministratori e parlamentari. Se affidiamo solo al tintinnio delle manette il compito di guidare un Paese non avremo mai una classe dirigente onesta ed eticamente encomiabile.

Dobbiamo tornare ad un’alta concezione della Politica ed al rispetto dell’altro, della verità, senza processi sommari, senza essere accecati dalla fama e dai riflettori. Dobbiamo cambiare l’antimafia delle passerelle e delle carriere.

Perché la macchina del fango, una volta messa in moto, non sai mai quanti giri e quante tappe fa. Prima o poi, purtroppo, potrebbe fermarsi sotto casa tua.

Rosaria Brancato

6 commenti

  1. Viviamo tempi in cui il nostro Presidente del Consiglio, uomo sulla carta di Sinistra, dichiara che la corruzione è un problema di tutti, lo fa per insinuare nella testa degli italiani che non è di nessuno. Viviamo tempi in cui la Presidente della Camera, donna di Sinistra, risponde alle obiezioni di insostenibilità di Boeri, sulla spesa pensionistica dei ricchi Commessi, “Gravano sui bilanci interni non quelli dell’INPS”, come se il Parlamento fosse cosa loro. Viviamo tempi in cui il PARTITO DEMOCRATICO mette sullo stesso piano l’arresto del sindaco di Lodi con l’avviso di garanzia al sindaco del MOVIMENTO 5 STELLE di Livorno, il quale ha portato spontaneamente al Procuratore le carte sporche dell’amministrazione PD. Viviamo tempi…….

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  2. Viviamo tempi in cui il nostro Presidente del Consiglio, uomo sulla carta di Sinistra, dichiara che la corruzione è un problema di tutti, lo fa per insinuare nella testa degli italiani che non è di nessuno. Viviamo tempi in cui la Presidente della Camera, donna di Sinistra, risponde alle obiezioni di insostenibilità di Boeri, sulla spesa pensionistica dei ricchi Commessi, “Gravano sui bilanci interni non quelli dell’INPS”, come se il Parlamento fosse cosa loro. Viviamo tempi in cui il PARTITO DEMOCRATICO mette sullo stesso piano l’arresto del sindaco di Lodi con l’avviso di garanzia al sindaco del MOVIMENTO 5 STELLE di Livorno, il quale ha portato spontaneamente al Procuratore le carte sporche dell’amministrazione PD. Viviamo tempi…….

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  3. Quando uno scritto é
    interamente vero ma la verità é amara non necessariamente magra é la consolazione.

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  4. Quando uno scritto é
    interamente vero ma la verità é amara non necessariamente magra é la consolazione.

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  5. Viviamo in tempi nei quali un sindaco dice ma non mantiene, xxxxxxxxxxx, sfascia una città ma resta al suo posto, Non c’è Destra non c’è Sinistra ma esiste un solo ed unico partito che non appare ma è conosciuto da tutti e si chiama “PRENDI I SOLDI E SCAPPA”

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  6. Viviamo in tempi nei quali un sindaco dice ma non mantiene, xxxxxxxxxxx, sfascia una città ma resta al suo posto, Non c’è Destra non c’è Sinistra ma esiste un solo ed unico partito che non appare ma è conosciuto da tutti e si chiama “PRENDI I SOLDI E SCAPPA”

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