Riflessioni sulla Mostra del cinema di Venezia/2a parte

Riflessioni sulla Mostra del cinema di Venezia/2a parte

Tosi Siragusa

Riflessioni sulla Mostra del cinema di Venezia/2a parte

domenica 12 Ottobre 2014 - 06:53

Sulla rotta della decima musa: Un approfondimento in tre parti sui temi e sulle novità emersi durante la 71a edizione del più importante festival cinematografico italiano a cura dell'inviata di TempoStretto Tosi Siragusa.

In apertura, in questo secondo spaccato, alla giusta distanza, sulla Mostra del Cinema di Venezia, mi soffermo su “One on One” del regista coreano Kim Ki-duk, passato a Venezia nelle “Giornate degli autori”.
Secondo il cineasta la paura aiuta a vivere meglio e nella odierna società non c’è scampo, dunque ancora violenza e storie di sangue e sadismo, ma rese con grande purezza d’animo e poesia, in un ciclo che è grande sofferenza, ma anche presa di coscienza della decadenza del capitalismo, della morte della democrazia, dell’ingiustizia sociale non sradicabile, che getta una luce claustrofobica sul futuro, tentando di ingenerare nel pubblico il seme della consapevolezza. La storia è quella di una giovane studentessa uccisa da sette uomini, che eseguono ordini dall’Alto.
Il padre ed un gruppo di ribelli cercheranno i colpevoli, li tortureranno per farli confessare e capire il movente dell’omicidio … ma alla fine, di fronte a denaro e potere, saranno disposti a sottomettersi.
Mi piace poi citare “The cut” del regista turco-tedesco Fatih Akin, film in concorso, con Tahar Rahim, mix fra la Bibbia, l’Odissea, Scorsese e “Schindler’s list”, che ha trattato il dramma armeno, ma che non è stato favorevolmente accolto alla mostra, essendo apparso troppo dilatato: è storia di genocidi e diaspore, di dimensioni bibliche, con un protagonista che parte dalla Turchia per giungere nel selvaggio West.

Grande interprete, di ben due film (di cui uno è stato in gara alla mostra, “Manglehorn” e “The humbling”, è apparso fuori concorso) Al Pacino, mitico attore, già Michael Corleone, Serpico, Scarface, già presente a Venezia con un taglio di capelli punk e l’aria svagata.
Nel film in concorso ha interpretato un fabbro dall’oscuro passato, che rinchiusosi in se stesso, è consolato dall’amata gattina, e pur con un figlio e una nipotina, rimpiange l’amore di un tempo, Clara, finché interverrà una salvifica presenza femminile, in “The Humbling” – “L’umiliazione” – tratto dal bellissimo romanzo di Philip Roth, un ex grande attore di Broadway, che ha perso il talento, tenta una vita ordinaria, ma cade in depressione finché non interviene una ragazza che potrebbe condurlo a nuova vita. In entrambe le opere cinematografiche la presenza di Pacino è apparsa l’unico motivo d’interesse.

Ancora, “3 Coeurs” di Benoit Jacquot, nel quale due sorelle antiquarie, rese da Chiara Mastroianni e Charlotte Gainsbourg, pur adorandosi, entrano in conflitto, essendosi innamorate senza saperlo dello stesso uomo, un ispettore delle poste, interpretato da Benoit Poelvoorde. La madre, interpretata da Catherine Deneuve, proverà ad aiutarle. Il film non ha avuto, al festival, una accoglienza positiva, pur essendo stato reso con eleganza melodrammatica, con suspence e musica hitchcokiana … Vedremo…
“The look of silence”, bel documentario di Joshua Oppenheimer, ha raccontato lo sterminio negli anni ’60 di un milione di presunti comunisti da parte delle squadre della morte nel paradiso indonesiano, con forte contrasto fra la pace bucolica e quegli orrori ed un dissenso interno che si è spento nella paura e nel silenzio.

“Tsili” di Amos Gitai, fuori concorso, ha trattato il tema dell’olocausto, trasformando in pura poesia il libro di Aharon Appelfeld, scegliendo di dar voce ai contenuti, sommessamente, attraverso la storia di una giovane, unica sopravvissuta di una famiglia sterminata, che si nasconde nella foresta insieme ad un giovane, accomunato alla sua triste sorte. La tragedia collettiva è dunque stata resa attraverso quella di singoli esseri umani per uno stimolo alla pace nei martoriati territori di Gaza.
“The president” del regista iraniano Makhmalbaf ha assunto un bambino a simbolo della primavera araba e dell’innocenza perduta dal nonno, feroce dittatore. Viggo Mortensen, interprete de “Loin des hommes”, sulla guerra d’Algeria, tratto dal racconto breve “L’ospite” di Camus, ha nuovamente colpito per la sua grandissima interpretazione di Daru nel film di David Oelhoffen: il film è stato in concorso per la Francia ed è un viaggio nell’amicizia tra un francese e un arabo sulla catena montuosa dell’Atlas nel 1954.

Infine “Ghesseha” (“Tales”) della regista iraniana Rakhshan Bani-E’temad, in concorso, è proceduto al ritmo degli “short cuts” di Altman, incastrando velocemente il personaggio di una storia in quella successiva. E citando Altman non si può che far riferimento al documentario sulla sua grande figura.
Appuntamento a breve su questa rubrica per un ulteriore (finale) spaccato sulla Biennale Cinema.

Tosi Siragusa

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