Concorso Cavaleri: 2°posto Irene Pia Monaco: "Sono una bambola dal cuore di pezza"

Concorso Cavaleri: 2°posto Irene Pia Monaco: “Sono una bambola dal cuore di pezza”

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Concorso Cavaleri: 2°posto Irene Pia Monaco: “Sono una bambola dal cuore di pezza”

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lunedì 10 Giugno 2019 - 07:40

Messina- I temi vincitori del Premio Silvana Romeo Cavaleri sull'argomento "Come i giovani vedono i migranti"

Da oggi pubblichiamo i temi dei vincitori del concorso Silvana Romeo Cavaleri che quest’anno ha avuto per argomento “Come i giovani vedono i migranti”

II POSTO – IRENE PIA MONACO (IV A LA FARINA)

Quando trascorri molto tempo in mare ti resta altrettanto tempo per pensare. Anche quando sei fatta di pezza, hai due grandi bottoni neri come occhi ed uno sguardo perso, vuoto.

Anche in quel caso hai la capacità di pensare. Silia mi premeva stretta al petto perché temeva soffrissi il freddo. In realtà era lei quella infreddolita ed io, cosciente di ciò, cercavo di darle calore come meglio riuscivo: eppure non ero in grado di muovermi.

Ricordo bene la sensazione di assoluta impotenza che provai. La sentii io, la sentì Amma, che stava ricurva sul corpo debole della figlia.

Quando trascorri molto tempo in mare ti resta altrettanto tempo per osservare.

Lo sapevo bene io, che immobile scrutavo incuriosita il viso scarno di Silia. La bocca era ridotta ad una linea sottile, gli occhi che un tempo risultavano vispi adesso erano opachi; le mani erano lunghe e scheletriche, sapevo che erano gelide e prive di forza. Quelle stesse dita affusolate mi stavano ancora stringendo, mentre Amma si piegava su di noi per baciare la fronte della bambina.

Quando trascorri così tanto tempo tre le onde ed il vento, le urla ed il silenzio, il giorno e la notte, ti resta altrettanto tempo per vedere la morte. Arriva veloce, rapida mentre trancia il sottile filo che tiene unito il corpo all’anima, l’anima al corpo.

Sentivo le grida, ma ora erano scomparse; sentivo la carne della mia diletta, della mia padrona: ora c’era solo l’osso.

Avevo visto Amma stringerci forte e poi lasciarci disperata: due uomini si stavano avvicinando.

Ero fatta di pezza e avevo due bottoni al posto degli occhi, ma sentii comunque la presa di Silia che si allentava.

Già da un po’ di tempo la stretta della mano non era più decisa come prima; io lo notai troppo tardi.

Ero fatta di pezza, ma vedevo chiaramente la figura della bambina che scendeva giù, sempre più giù nel mare tranquillo.

L’anima era partita da settimane, ma il corpo era rimasto legato al mio, con un sorriso serafico in volto.

Una mano mi prese dalla superficie dell’acqua.

Amma mi guardava nostalgica: piangeva e nonostante quelle lacrime ostinate, non riuscii a provar pietà per lei.

“Bugiarda” gridavo. “Traditrice” strillavo. Indicavo il suo nome e nessuno mi sentiva.

Quando dopo giorni, finalmente, gli stanchi viaggiatori avvistarono la terra, nessuno li trattenne.

Saltarono dalla scialuppa e corsero verso la terra. Gioivano.

Alcuni pregavano, altri danzavano e cantavano.

Io fui dimenticata. Rimasi sulla sabbia di quella che loro avevano chiamato “Italia”.

Quando trascorri molto tempo in mare ti resta altrettanto tempo per pensare.

Così riflettevo e sospiravo, ricordavo le vite passate e pregavo per quelle future.

Sono una bambola e ho un cuore di pezza.

Sono una bambola e ho viaggiato e sofferto per raggiungere questa terra.

L’Italia era bella; “bella” era l’unica parola per descriverla, sentivo molti viaggiatori chiamarla in questo modo.

Amma non piangeva più, ma guardava verso la sua nuova vita e sorrideva.

“Che sciocca”, non feci a meno di credere.

Erano tutti figli delle ossa e del sangue, di vizi e virtù, che vita sarebbe stata senza il ricordo?

E forse, in fondo, gli unici veramente immortali saremmo stati io e la mia Silia.

Forse, un giorno, mentre dei nuovi viaggiatori solcheranno il mare, leveranno lo sguardo verso le nostre stesse stelle.

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