Coronavirus: la pandemia inizia a rallentare nel mondo

Coronavirus: la pandemia inizia a rallentare nel mondo

Daniele Ingemi

Coronavirus: la pandemia inizia a rallentare nel mondo

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lunedì 07 Settembre 2020 - 07:00

Oggi, il virus non ha più territori vergini dove diffondersi. Rimane in crescita solo in certe regioni del Sud del mondo e in India, ma anche in quelle regioni l’epidemia mostra segni di una tendenza al rallentamento

La pandemia globale sembra aver iniziato il suo declino. Alcuni paesi vedono ancora una crescita ma, nel complesso, la tendenza è alla discesa, come riferisce pure l’OMS. Sono buone notizie, anche se ancora ci vorrà molto tempo perché questo ciclo epidemico si esaurisca. La curva della mortalità mostra una tendenza al declino, mentre quella del numero dei casi non cresce da oltre un mese.

Può darsi che troverete questo risultato sorprendente. In effetti, quasi tutti sono convinti che la pandemia stia ancora crescendo ovunque. Questa impressione viene probabilmente dal fatto che i media tradizionali, specie quelli italiani, tendono a sparare il numero del giorno, senza preoccuparsi di valutarlo nel contesto della situazione generale. Un altro problema è che si sente dire spesso che l’epidemia tende a crescere “esponenzialmente”, ovvero sempre più rapidamente. Ma questo non è assolutamente vero. Nessuna epidemia (come del resto nessun fenomeno fisico o biologico) cresce esponenzialmente se non nei suoi stadi iniziali. Tutte le epidemie seguono un ciclo dove la velocità di crescita aumenta all’inizio, ma poi rallenta gradualmente e alla fine comincia a calare.

E’ quello che vediamo in tutti i casi storici e non è sorprendente che sia anche il caso della pandemia del covid-19. Nelle fasi iniziali, il virus trova molti facili bersagli negli esseri umani il cui sistema immunitario è impreparato a combatterlo. Così, si diffonde rapidamente. Col tempo, il numero di bersagli adatti diminuisce perché le persone già infettate sviluppano un certo grado di immunità. In certi casi, il virus stesso tende a mutare e a diventare meno letale. Il risultato è che il numero dei casi e dei decessi rallenta la sua crescita, dopo aver raggiunto un massimo comincia a calare. A lungo andare, l’epidemia sparisce. Nessuna epidemia è mai durata in eterno. A distanza di tempo, il ciclo può ricominciare con il virus che muta in nuove forme.

In generale, i cicli epidemici tendono a seguire delle curve dette “a forma di campana”. Più in generale, la teoria più comune che genera queste curve si chiama “SIR” dalle iniziali di “Suscettibili, Infetti, Recuperati”. Queste curve non sono mai esattamente simmetriche e in molti casi si vede più di un ciclo per via di vari fattori, ma la tendenza è quella. Per molti paesi europei, la curva del ciclo epidemico è stata molto netta, mostrando una forma a campana leggermente asimmetrica con un massimo in aprile. Da allora, la pandemia è stata in discesa in Europa. Negli ultimi tempi, alcuni paesi europei (inclusa l’Italia) stanno vedendo una risalita nel numero dei casi, che però non genera un corrispondente aumento della mortalità.

Per il mondo intero, invece, la curva non ha mostrato una curva a campana ben definita. Questo è dovuto a varie ragioni. Per prima cosa, c’è un fattore geografico. Il virus deve muoversi su grandi distanze da una regione del mondo all’altra e per questo ci vuole tempo. Poi ci sono fattori climatici: si sa che la diffusione dei virus che colpiscono l’apparato respiratorio avviene più facilmente in inverno che durante i mesi più caldi.

Ci sono anche fattori casuali: qualcuno che si muove in aereo può portare rapidamente l’infezione anche a grandi distanze. Infine, ci sono fattori legati alle misure prese per evitare la diffusione del virus, lockdown, distanziamento, eccetera. Queste misure sono state prese in modo diverso in differenti stati e regioni e il loro impatto è difficile da quantificare.

Questi fattori spiegano la forma della curva planetaria della pandemia. Il virus si è diffuso prima in Cina, poi è arrivato in Europa. Poi ha attraversato l’oceano, diffondendosi nell’America del Nord. Ancora più tardi, ha attraversato l’equatore. Nell’emisfero Sud, il ciclo epidemico è risultato sfasato di circa sei mesi in avanti, perché laggiù adesso è ancora inverno in termini meteorologici. Tutti questi salti da regione a regione hanno “slargato” la curva come risultato della sovrapposizione dei cicli nelle varie regioni.

Oggi, il virus non ha più territori vergini dove diffondersi. Rimane in crescita solo in certe regioni del Sud del mondo e in India, ma anche in quelle regioni l’epidemia mostra segni di una tendenza al rallentamento. Così, sembra probabile che la discesa nel numero dei decessi che vediamo sia il risultato della saturazione della popolazione infettabile. Insomma, buone notizie, la pandemia non è ancora finita ma sembrerebbe che abbiamo “scavallato” la fase peggiore. Ma ora che succede?

C’è chi si è addentrato in ardite previsioni a lungo termine basate sui modelli matematici. Si parla di un ritorno in forze dell’epidemia, di una “seconda ondata,” degli effetti di vari tipi di vaccini, e tante altre cose. Ma ci sono troppe variabili e troppe cose che non sappiamo per poter dire qualcosa di sensato oggi su cosa succederà nel 2021. Come hanno detto Andrea Saltelli e i suoi collaboratori in un bell’articolo su “Nature”I modelli matematici sono ottimi per esplorare le domande, ma pericolosi per sostenere di avere delle risposte.” Bisogna stare molto attenti con i modelli, perché dopo un po’ che uno ci lavora sopra rischia di convincersi che i modelli sono la realtà e questo porta a ogni sorta di errori e disastri.

Per il momento, accontentiamoci di sapere che l’epidemia non cresce più e che sembra stia cominciando a calare. Per il futuro, ricordiamoci che le cellule viventi, di cui anche noi siamo composti, hanno convissuto con i virus per miliardi di anni e che i virus non sono necessariamente patogeni o dannosi.

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