Correnti e scirocco, ecco quando lo Stretto sforna quelle onde caotiche uniche al mondo

Correnti e scirocco, ecco quando lo Stretto sforna quelle onde caotiche uniche al mondo

Daniele Ingemi

Correnti e scirocco, ecco quando lo Stretto sforna quelle onde caotiche uniche al mondo

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sabato 20 Settembre 2025 - 09:20

Un laboratorio naturale a Messina dove venti e correnti contrarie creano un mare che non eguali

Lo Stretto di Messina è un laboratorio naturale dove venti e correnti contrarie creano un mare unico al mondo. Le onde che si frangono a largo, con le loro creste bianche e il loro caos, sono il risultato di un delicato equilibrio tra forze naturali, il vento che spinge, la corrente che resiste, e la forma stretta del canale che amplifica tutto. La prossima volta che vedrete il mare dello Stretto ribollire sotto lo scirocco, pensate a questa danza di energia, dove ogni onda racconta una storia di forza e trasformazione. Immaginate durante una normale sciroccata invernale un mare agitato, con creste bianche di schiuma che danzano e si infrangono nel mezzo del blu dello Stretto di Messina, lontano dalla costa. Questo fenomeno, tipico delle giornate in cui il vento di scirocco soffia impetuoso da Sud e la corrente marina scorre in senso opposto da nord (scendente), trasforma lo Stretto in un’arena di onde ribelli che si rompono a largo, rendendo il mare duro da navigare.

Le onde che salgono dallo Ionio

Tutto inizia a sud, nel vasto Mar Ionio, dove il vento di scirocco soffia con forza, formando i primi cavalloni. Questo vento impetuoso spinge il mare per centinaia di chilometri, generando onde robuste, chiamate “onde vive”. Queste onde, che durante le burrasche possono essere alte in media 3-4 metri ma con picchi che possono superare i 5 metri, sono come treni d’acqua che viaggiano verso nord, cariche di energia. Hanno creste regolari, un ritmo costante e una lunghezza di circa 100 metri, come un campo da calcio che si muove sul mare.

Nel Mar Ionio, queste onde si formano senza ostacoli, grazie a uno spazio aperto di 600 chilometri, chiamato “fetch”, che permette al vento di trasferire tutta la sua forza all’acqua. Quando raggiungono lo Stretto di Messina, però, incontrano un avversario formidabile, ossia la corrente marina.

Lo scontro nello Stretto: vento contro corrente

Lo Stretto di Messina è un canale stretto, largo appena 3 chilometri nel suo punto più angusto, tra Villa e Torre Faro. Qui, una potente corrente marina, detta “scendente”, scorre da nord verso sud a una velocità di circa 3 nodi, equivalente a quasi 6 chilometri orari. Questa corrente, alimentata dal flusso delle maree tra il Mar Tirreno e il Mar Ionio, è come un fiume che si oppone alle onde in arrivo dal sud. Quando le onde vive incontrano questa corrente contraria, succede qualcosa di straordinario. È come se le onde venissero “rallentate” e “strizzate”. La corrente le spinge indietro, accorciando la distanza tra una cresta e l’altra. Questo le rende più alte e ripide, come se l’acqua si impennasse per vincere l’ostacolo. È proprio questa ripidità che prepara il terreno per il frangimento a largo, invece che sulla costa.

La rottura a largo

Immaginate un’onda che diventa sempre più alta e ripida, come un cavallo imbizzarrito che si solleva sulle zampe posteriori. A un certo punto, la cresta non riesce più a sostenere il suo peso e collassa, creando un’esplosione di schiuma bianca e spruzzi. Questo è il frangimento a largo, un fenomeno che nello Stretto avviene lontano dalla costa, nel cuore del canale, dove l’acqua è ancora profonda, spesso oltre 100 metri.

Perché le onde si rompono così lontano dalla riva? La risposta sta nella corrente contraria e nella forza dello scirocco. La corrente rallenta le onde, costringendole a comprimersi e a diventare più instabili. Quando la cresta diventa troppo alta rispetto alla base dell’onda, non regge più e si rompe. In acque profonde, un’onda diventa instabile quando la ripidità supera il valore critico (circa 0,14) secondo la teoria di Stokes. Questo accade soprattutto nella parte centrale dello Stretto, dove la corrente è più forte e il vento si incanala nella strettoia, amplificando l’effetto.

Il frangimento può essere di due tipi: “spilling”, dove la cresta si sbriciola gradualmente, formando una cascata di schiuma, o “plunging”, dove la cresta si ribalta in avanti in modo molto rapido e dirompente. Con raffiche a 80/100 km/h, le onde più alte possono raggiungere una ripidità critica, rompendosi in modo spettacolare e riempiendo il mare di schiuma bianca soffiata dal vento.

Che succede dopo che l’onda si frange?

Quando un’onda si frange a largo, non scompare. La sua energia si trasforma, lasciando un mare diverso, più caotico e affascinante, tipico dello Stretto nelle giornate di scirocco intenso. La cresta che si rompe crea spruzzi, bolle d’aria e schiuma bianca. Questa turbolenza mescola l’acqua superficiale, creando vortici e correnti locali che rendono il mare ancora più agitato. Le onde residue si mescolano con nuove onde vive in arrivo dallo Ionio e con la corrente contraria. Questo crea un mare “incrociato”, con creste che si sovrappongono in direzioni diverse, rendendo lo Stretto un luogo di puro caos marino. La turbolenza del frangimento si combina con la corrente dello Stretto, alimentando fenomeni come i famosi “garofali” o “bastardi”, vortici che emergono in superficie e che sono ben noti ai naviganti.

Un commento

  1. Trattandosi di un fenomeno unico dovrebbero essere effettuate delle riprese del tipo documentario da proporre in programmi scientifici e in video sulle navi da crociera. Il Comune potrebbe indire una gara per l’affidamento del servizio di ripresa ad operatore altamente qualificato. Egregio dottor Ingemi, Lei è d’accordo?

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