Parla Alfonsa Pizzo: “Scopriremo perché è stato ucciso-
Era l’inizio del mese di novembre quando la stampa cittadina dava la notizia della morte di un filippino colpito alla testa da un connazionale e della conseguente donazione degli organi accettata dalla famiglia.
All’epoca si parlò di un gesto di solidarietà bellissimo perpetrato da extracomunitari che, non potendo fare altro che piangere il proprio congiunto, ci avevano insegnato cosa vuol dire pensare a chi, al contrario, ha ancora la possibilità di salvarsi. Quasi come se non ci si potesse aspettare un atto del genere da una famiglia di filippini…
Era sì un extracomunitario Felix Felizarta, ma era soprattutto un uomo che è stato ucciso nella nostra città tra la noncuranza collettiva ed al quale è giusto ridare dignità. Noi abbiamo deciso di farlo parlando con chi lo ha conosciuto bene.
“Circa quattro mesi fa i mezzi di informazione davano nella prima pagina della cronaca di Messina la notizia della morte “del filippino colpito alla testa da un connazionale, donati gli organi- – ci racconta Alfonsa Pizzo, ginecologa al Policlinico di Messina. -Ebbene, quel filippino aveva un nome ed un cognome, una storia, una famiglia ed aveva dei sogni…ma era anche mio amico, un mio grande amico. Mi manca molto e mi mancherà sempre, ma mi ha insegnato tante cose ed è questo che tenterò di raccontare-.
– Come lo ha conosciuto?
“Felix Felizarta è entrato nella nostra famiglia per un motivo banale: ogni anno, durante la stagione estiva, la mia collaboratrice domestica prendeva il periodo di ferie al quale facevo corrispondere il mio, in modo da potermi dedicare alla casa in maniera esclusiva. Quell’anno (era il 2005) mio marito, vedendomi particolarmente stanca, mi ha convinto a cercare qualcuno che mi consentisse di riposarmi e godermi il mare. -Siamo in una casa al mare e non è necessaria una pulizia raffinata- mi ha detto per convincermi, ed io, più per accontentarlo che per vera convinzione, ho chiesto a qualche amica di segnalarmi qualcuno. Silvana, presenza costante nella mia vita, e che anche per questo non finirò mai di ringraziare, mi ha segnalato un Filippino “onesto e pulito, svelto e di poche pretese che lavoricchiava qui e là senza un contratto di lavoro perché in genere si preferisce tenere in casa da sola una donna-. Ho accettato e in una splendida mattina di agosto, ma c’era veramente il sole?, dietro il cancello della mia casa di Rodia, ho incontrato per la prima volta Felix. Mi ha colpito subito il suo sorriso, un sorriso triste ed insieme caldissimo che sembrava uscire da dentro i suoi occhi e riversarsi addosso a te, come quando, dopo essere stati per troppo tempo all’ombra, senti su di te i raggi del sole che sembrano avvolgerti e scaldarti il cuore. Ne fui colpita e quasi imbarazzata ma col tempo ho capito che quel sorriso era il modo di comunicare di Felix, non solo con me ma con chiunque incontrasse; quello era Felix, la sua anima, triste e calda insieme, triste per una storia personale che aveva subito e calda di tutti i sogni che continuava ostinatamente a sognare…-Come ti chiami?- gli ho chiesto per rompere il ghiaccio (forse quello che avevo nel cuore) e lui, pronto: -Felix, come gatto, così facile per te da ricordare- -Felix, come felice-gli faccio io…e non capivo ancora, ma l’ho appreso quasi subito, quanta felicità stava entrando nella mia famiglia.
Ha cominciato a lavorare subito, senza nemmeno chiedermi quanto avessi intenzione di pagarlo, ha cominciato a lavorare come solo lui sapeva fare, senza fermarsi un attimo, senza parlare, pulito da urlare…correndo da una stanza all’altra con lo straccetto nella tasca posteriore dei jeans. La mia casa è diventata un’altra, pulita come non usata, profumata, ma soprattutto la mia famiglia è cambiata. In genere si preferisce non essere in casa “quando c’è il filippino- ma per me, mio marito e i miei figli avere Felix in mezzo ai piedi non è stato mai un fastidio e col passare dei giorni è stato un piacere. Ha saputo da subito capire ed assecondare le esigenze dei ragazzi e si dimostrava felicissimo se mio marito “il dottor Leonardo- gli chiedeva una mano per piccoli o grandi lavori in casa. E’ stato naturale chiacchierare come vecchi amici, naturalmente rincorrendolo per casa perché lui non si fermava mai, delle nostre famiglie e della nostre storie. Quante volte mi sono chiesta, in quel mese e sino all’ultimo giorno che ci siamo salutati (il 31 ottobre 2007) come facesse a sorridere sempre e a non fermarsi mai, come potesse avere tanto affetto per noi, lui che di affetto ne aveva avuto ben poco, e come facesse a sognare quello che sognava mentre la vita continuava a massacrarlo
… Alla fine dell’estate, per non perderlo di vista, accettai la sua proposta di pulire il mio studio professionale. Mi mancavano le nostre chiacchierate, ma gli lasciavo la paga sulla scrivania e ogni volta ritiravo puntuale il suo “grazie SIGNORA- scritto su un bigliettino. Oggi mi pento di non averli conservati…-
– Felix era, dunque, un bravo lavoratore, ma cosa la colpì a livello umano?
“A giugno del 2006, improvvisamente, sono stata ricoverata in Ospedale e ci sono rimasta, anche in pericolo di vita, per circa due mesi. La mia cameriera italiana (collaboratrice mi sembra eccessivo) avendo cominciato a lavorare come ausiliaria in Ospedale (lo stesso nel quale ero degente) mi ha abbandonata senza preoccuparsi affatto di nulla e tantomeno della mia salute. Erano arrivati i miei figli da Milano e c’era la cagnetta Lilli a casa che aveva bisogno di cure; i miei stavano sempre accanto a me,facendo i turni anche di notte…E abbiamo chiesto a Felix di intervenire. Ha accettato subito e ha cominciato, da solo, a lavorare a Messina per una padrona ammalata, cosa che è stata quasi una costante sino a tutta la prima metà dell’anno successivo.
E’ venuto anche a trovarmi in Ospedale portandomi un mazzolino di coloratissimi fiori e dicendomi che mi aspettava a casa, con quel suo sorriso triste e sincero. Da quel momento in poi la sua è stata la presenza più serena nella mia vita.
Era timido, Felix, ma la timidezza non gli ha mai impedito di stringere forte le mie mani ogni mese quando mi ringraziava per il sudato salario. Quanta gratitudine nei suoi occhi quando gli ho fatto firmare il contratto di lavoro, il suo primo contratto dopo che si era spaccato la schiena per anni in nero…Ha cambiato la sua vita perché finalmente aveva un lavoro stabile, ed ha cominciato a sognare in grande, ed io insieme a lui. Davanti alla tazzina di caffè amaro, unica coccola che gli avevo fatto accettare, (accendevo il fornello quando lo sentivo arrivare) mi raccontava i progressi della sua malattia (era diabetico) dovuti al nuovo diabetologo che avevo voluto fargli conoscere, i chili che aveva perso “perciò i pantaloni di suo figlio Luca e le sue camicie mi stanno bene-, il sogno di comprare una casa senza umido d’inverno e fresca d’estate dove abitare insieme ai suoi tre figli: Lexlyn, adolescente inquieta, Jordan che non voleva studiare e la piccola che accudiva con amore tutte le sere e le notti perché la moglie lavorava di notte da una anziana signora.
Non riposava mai, Felix, cercava sempre altri lavori (molte mie amiche che l’avevano conosciuto me lo invidiavano ma non tutte conoscevano i sentimenti profondi che si erano stabiliti tra noi due) lavorava per assicurare ai suoi figli una storia diversa dalla sua. -Ora sono contento, signora, che ci sei tu, ma in Filippine che fame…ho dovuto lasciare la scuola e i professori dicevano a mio padre peccato ma niente soldi, signora, e mio fratello che poteva studiare non voleva e io arrabbiato con lui e ora arrabbiato con Jordan-
Davanti alla solita tazzina snocciolava i suoi sogni ed io mi sentivo in colpa per le mie tristezze.
Durante la mia malattia nessuno è riuscito a dirmi parole che mi entrassero dentro. Ogni volta che mi vedeva uscire con la solita valigia mi abbracciava dicendo: tu forte, Signora, tu torna. Ed io sentivo che un grande amico, silenzioso, mi aspettava-.
– Cosa ricorda del vostro ultimo incontro?
“Ci siamo salutati ridendo anche quel 31 ottobre, io contenta che erano venuti a Messina mia figlia Laura e il suo ragazzo, lui felice di averli rivisti -quando si sposa Laura io vieno-e non ho sentito da lui altre parole.
Non mi lasciare, Felix, gli ho ripetuto mentre moriva, io non sono forte, tu torna. Ma Felix se n’era già andato..lontano da me, dal dolore, dalle umiliazioni, dalla fatica. L’ho capito adesso, che posso parlare di lui senza rabbia e senza chiedermi perché Felix se n’è andato a riposare in una casa calda d’inverno e fresca d’estate, una casa che non potevo aiutarlo a comprare perché troppo cara, una bella casa che si è guadagnato da solo, con la sua vita pulita che lui amava profondamente perché se la sudava ogni giorno. Felix ha ultimato il compito che gli era stato assegnato in poco tempo perché era un allievo modello, e mi ha insegnato ad apprezzare la mia vita e ad avere ancora la forza di credere ai sogni e di lavorare per farli diventare realtà-.
– Se oggi Felix la potesse ascoltare dal luogo in cui si trova, cosa gli direbbe?
“Ti prego, Felix, non correre ancora con lo straccetto nella tasca dei jeans (o forse ti sei messo l’ultimo vestito che a Luca stava stretto?) e non sorridere con quegli occhi tristi: noi scopriremo perché sei stato ucciso, tuo nipote nascerà nelle mie mani, Jordan riuscirà a diplomarsi e forse andrà all’Università- come Luca e Lora-, la piccolina imparerà a pensare a te senza piangere, Ninni dirà a tutti che sei stato un compagno perfetto, tutti ti ricorderanno per quello che sei:un piccolo grande eroe che ha voluto essere mio amico. Io non ho bisogno di sapere dove batte il tuo cuore: è qui accanto a me, per sempre-.
