La Direzione distrettuale antimafia di Messina ha messo un punto fermo alle indagini su tre omicidi consumati a Messina tra il 2005 e il 2006. Indagini sfociate nel blitz dei carabinieri del 13 dicembre scorso, denominato Mattanza. I sostituti procuratore della Dda Vincenzo Barbaro ed Enmanuele Crescenti hanno siglato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per 19 persone, 14 delle quali arrestati a dicembre, altri 5 denunciati a piede libero.
Si tratta di Santo Balsamà, Gaetano Barbera, Francesco Campagna, Salvatore Centorrino, Giovanbattista Cuscinà, Francesco Marcello D’Arrigo, Francesco Felice, Santi Ferrante, Gabriele Fratacci, Salvatore Irrera, Giovanni Lo Duca, Filippo Messina, Daniele Santovito, Angelo Saraceno, Vittorio Strabuzzi, Fabio Tortorella, Giovanni Pappalardo, Massimiliano Maffei e Daniele Giannetto.
L’indagine è scattata dopo l’omicidio di Francesco La Boccetta, avvenuto allo svincolo S. Filippo la sera del 13 marzo 2005. La pista battuta nell’immediato dalle forze dell’ordine era quella di un possibile screzio avvenuto nel mondo del traffico della droga; le dichiarazioni dei pentiti hanno, però, permesso di svelare che dietro c’era di più, ossia un preciso disegno portato avanti dai rappresentanti del clan avversario di ridimensionare il ruolo che La Boccetta stava assumendo nel panorama del traffico e dello spaccio della droga in città. In particolare, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata una partita di un chilo di cocaina di cui La Boccetta si era impunemente appropriato cercando di dare la colpa ad altri.
L’ordine di eliminarlo è arrivato dal carcere, dove D’Arrigo, Santovito e Centorrino hanno concordato il delitto e fatto arrivare all’esterno l’ordine attraverso un “pizzino-.
Gli esecutori materiali sono poi stati Barbera e Micalizzi arrestati a suo tempo dalla squadra mobile. La reazione dei fedeli di La Boccetta non è tardata: il 29 aprile 2005 Micalizzi viene ucciso. La vendetta dei suoi parte immediatamente: quella stessa sera viene eliminato Roberto Idotta, che era il braccio destro di La Boccetta all’interno del clan di S. Lucia sopra Contesse.
A permettere di inquadrare i tre fatti di sangue all’interno dello stesso contesto malavitoso sono state le dichiarazioni di numerosi pentiti, da Emanuele La Boccetta, fratello della prima vittima, a D’Agostino. Le intercettazioni telefoniche hanno, poi, fatto il resto, svelando anche che D’Arrigo all’interno del carcere aveva a disposizione un telefono cellulare con il quale, per diverso tempo, i capi dei principali clan cittadini detenuti continuavano a gestire le attività criminali mandando ordini all’esterno. Sui singoli omicidi aveva indagato la Squadra mobile. I carabinieri hanno invece inserito in un contesto più ampio le risultanze investigative, ricostruendo la vicenda alla luce delle nuove dichiarazioni dei pentiti su tre delitti che rischiavano di riaprire la guerra tra i clan cittadini, stoppata proprio dalle operazioni delle forze dell’ordine.
