La morte di Graziella: ventiquattro anni di silenzi e depistaggi.

La morte di Graziella: ventiquattro anni di silenzi e depistaggi.

Redazione

La morte di Graziella: ventiquattro anni di silenzi e depistaggi.

mercoledì 18 Marzo 2009 - 20:19

Inizialmente era stata archiviata la posizione di Alberti junior e Sutera. Decisiva la testardaggine di Piero,il fratello Carabiniere

Con la sentenza di ieri sera si chiude definitivamente, dopo 24 anni, uno dei casi giudiziaria più inquietanti e controversi della storia di Messina.

L’assassinio di una giovane innocente ha rischiato di restare impunito per una serie inestricabile di coperture, complicità, silenzi, di corrotti esponenti delle istituzioni deviate e servitori dello Stato infedeli. Dopo anni di tentativi di insabbiamento la fiammella della speranza si era riaccesa nel dicembre del 2004 quando la Corte d’Assise aveva condannato all’ergastolo i principali imputati, Gerlando Alberti junior e Giovanni Sutera, e a 2 anni per favoreggiamento Agata Cannistrà e Franca Federico. Erano stati assolti, invece, Francesco Romano e Giuseppe Federico, rispettivamente marito e fratello della titolare della lavanderia in cui lavorava Graziella. La difesa degli imputati aveva però puntato tutte le proprie carte sul processo d’appello. Ma il 18 marzo dello scorso anno, esattamente un anno fa, anche la Corte d’Assise d’appello di Messina ha confermato il carcere a vita per Gerlando Alberti jr e Giovanni Sutera. Non doversi procedere per prescrizione nei confronti di Franca Federico e Agata Cannistrà, per il reato di favoreggiamento personale. Prescrizione anche per il reato di detenzione e porto di armi per Alberti jr e Sutera.

Una sentenza giunta a tarda sera, in un clima di grande commozione, presente la famiglia al completo di Graziella Campagna. Assente solo l’anziana madre che non ha retto allo stress ed ha preferito rimanere nella sua casa di Saponara. Ed anche oggi, dopo il verdetto emesso dalla Corte Suprema, tornano a farsi largo le immagini di una vicenda che tutti hanno imparato a conoscere. Non solo per i resoconti delle cronache giudiziarie ma soprattutto per la fiction andata in onda sulla Rai lo scorso anno in cui Giuseppe Fiorello interpretò il ruolo di Piero, il fratello Carabiniere di Graziella che per anni si è battuto per far emergere la verità. Diciassette anni appena, un fidanzatino, un lavoretto come stiratrice, una famiglia umile ma molto unita. Graziella moriva così, con due fucilate al volto, il 12 dicembre 1985, per la colpa di aver ritrovato nella giacca di un cliente un appunto compromettente. Un’agendina connumeri di telefono di boss e uomini di rispetto. Il cliente era infatti l’ingegner Cannata, alias Gerlando Albert jr, padrino della mafia palermitana in quegli anni latitante sotto falso nome nella zona di Villafranca. Con lui il fido braccio destro, Giovanni Sutera, anche lui sotto falso nome. Il ritrovamento dell’agendina rischiava di far saltare la copertura poichè Graziella aveva un fratello Carabiniere ed a lui avrebbe potuto raccontare tutto. Così fu deciso di eliminarla. La ragazza fu prelevata alla fermata dell’autobus, a conclusione della giornata di lavoro. Fu condotta in aperta campagna ed uccisa senza pietà. Il corpo di Graziella fu ritrovato, due giorni dopo sui Colli Sarrizzo, dal fratello carabiniere Piero.

Fu proprio la tenacia di Piero a far emergere la verità. Il fratello di Graziella iniziò ad indagare da solo, contro tutto e contro tutti. Cercò indizi, poi le prove, poi fece si che del caso di Graziella si cominciasse a parlare sui giornali. Ma i prim risultati furono scoraggianti. Il caso fu infatti inizialmente archiviato con un nulla di fatto e in seconda battuta Alberti e Sutera escono dall’inchiesta. Solo dopo molti anni, e di indagini private condotte ancora da Piero, partì il processo di primo grado. Processo che ha svelato scenari inquietanti. A cominciare delle coperture di cui godevano i due palermitani, latitanti sotto la protezione di don Santo Sfameni padrino di Villafranca, imprenditore, considerato referente di Cosa Nostra catanese e palermitana, ben ammanigliato anche con gli apparati istituzionali. I depistaggi delle indagini, anche da parte di appartenenti alle forze dell’ordine, le lungaggini processuali, i tentativi di affossare la verità hanno allungato i tempi di un processo interminabile che, ad un certo punto, sembrava destinato a lasciare irrisolto il caso Graziella Campagna.

Ora la sentenza della Cassazione blinda, forse per sempre, l’intricata vicenda giudiziaria. Nessuno potrà restituire ai familiari, e soprattutto alla madre, la povera Graziella, divenuta simbolo dell’innocenza sacrificata alla ferocia di Cosa Nostra. Graziella non tornerà ma almeno la richiesta di giustizia è stata esaudita.

(nella foto di Dino Sturiale i fratelli Campagna)

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