Morì dopo bendaggio gastrico, medici assolti con formula piena

Morì dopo bendaggio gastrico, medici assolti con formula piena

Alessandra Serio

Morì dopo bendaggio gastrico, medici assolti con formula piena

martedì 17 Dicembre 2013 - 15:21

Giovanna Crisafulli morì nel 2006 dopo essersi sottoposta a bendaggio gastrico. Il processo nei confronti dei medici si è concluso con la loro assoluzione perchè il fatto non sussiste. La causa del decesso infatti è stata una malattia rarissima contratta precedentemente all'operazione.

Si chiude con la totale discolpa dei medici che si occuparono della paziente il processo per la morte di Giovanna Crisafulli, avvenuta nel 2006. La quarantasettenne voleva perdere qualche chilo e si sottopose ad un intervento di bendaggio gastrico. Da lì, denunciò la famiglia, cominciò un calvario che la riportò sul tavolo operatorio altre due volte, e nei tre principali ospedali cittadini, il Piemonte, il Papardo e il Policlinico. Il monocratico Pagana ha assolto dall'accusa di omicidio colposo, con formula piena, perché il fatto non sussiste, i medici Natale Cammerà, Giuseppe La Fauci, Elena Garniera, Aurelio Broccio, Francesco Chimenz, Aurelio Casascelli e Gaetano Fichera.

L'inchiesta,e poi il processo, stabilirono che causa del decesso era stata una rarissima malattia, contratta dalla donna precedentemente e di difficile diagnosi, rilevabile praticamente soltanto sul tavolo operatorio. Nessuna colpa, quindi, per l'intervento di bendaggio gastrico né a carico degli altri sanitari che a vario titolo la seguivano: la morte di Giovanna Crisafulli sarebbe stata inevitabile. La donna era molto conosciuta in città come portavoce dei baraccati. In aula, nel corso della lunga udienza di ieri, anche il marito, un uomo con qualche guaio con la giustizia alle spalle, al momento della sentenza detenuto. In manette, scortato dagli agenti, ha voluto assistere alle fasi finali del processo stabilito per stabilire se vi fossero state negligenze mediche nella morte di sua moglie. Una tragedia per la sua famiglia, arrivata alla fine di un calvario. A raccogliere la denuncia dei famigliari, assistiti dall'avvocato Salvatore Stroscio, erano stati i carabinieri della stazione di Faro Superiore. L'indagine inizialmente vide indagati 12 medici in totale, per quasi la metà di loro l'inchiesta è stata archiviata in fase preliminare. Hanno difeso gli avvocati Bonni Candido, Massimo Rizzo, Giuseppe Carrabba, Alberto Gullino, Carmelo Scillia, Sara Lombardo.

ALESSANDRA SERIO

5 commenti

  1. non vi era alcun dubbio

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  2. questa è la giustizia…….

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  3. mi chiedo di quali elementi disponchi ha scritto prima di me per dire “questa è la giustizia” e che “non vi era alcun dubbio”.

    Mi auguro che facciano presente quanto di nuovo o di diverso sono a conoscenza, così, grazie al loro contributo, la giustizia sarà veramente tale.

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  4. letterio.colloca 18 Dicembre 2013 12:27

    Vivo,defilato dalla miseria morale di questa città agonizzante e nella quale son voluto RIENTRARE per vivere (sono nato a Paradiso) da pensionato.Ne ho viste di tutti i colori nelle metropoli in cui ho prestato servizio: ladri che rischiavano “intelligentemente” la propria libertà -senza nuocere all’esistenza del prossimo -“grazie alla loro professionalità”; persone che, con tanta DIGNITA’, stentavano a mettere insieme il pranzo con la cena; eterni pendolari che dalla Val d’Ossola si mettevano sul treno alle 4,30 del mattino per venire a lavorare a Torino e che facevano ritorno a casa alle 20.Gente che non chiedeva alcunché se di mezzo poteva sorgere, anche con loro stessi, un conflitto di DIGNITA’.Tutte queste anonime persone mi hanno confermato/insegnato che “salire e scendere le altrui scale, sa di TROPPO SALE”…E il sale è amaro!
    Mi sento un PRIVILEGIATO perché non ho toccato neanche un granello di “quel sale amaro”,optando per il volontario e triste allontanamento da questa città “feudo” di due-tre “famiglie”.
    Sono passati quarant’anni da quella mia scelta di DIGNITA’ ma nulla è cambiato se non i cognomi dei feudatari sornionamente acquattati o ai “domiciliari” ( e non tutti): stesso TUMORE della città. Di più -e tanto mi addolora più quanto mi è toccato patire il mio primo viaggio al nord da “emigrante volontario”-vedere che questa mortificata città è giungla infestata da individui che tendono a FRODARE per soldi esistenze di altri individui, finanche parentele familiari pur di ricavarne ritorni economici sotto forma d’indennizzi. E c’è chi sponsorizza costoro!!!!!
    Conosco buona parte dei professionisti SCARAVENTATI nel caso di cui sopra: sanitari che hanno scelto dopo sacrifici di svolgere una missione (il loro non è “soltanto” un lavoro!!) a favore di un prossimo che dalla morte di un congiunto tentano di lucrare infangando professionalità acclarate, causando GRATUITAMENTE danni di diversa specie a chi, invece, cerca di lenire sofferenze e si adopera strenuamente per la guarigione del paziente.
    E tale “fenomeno immorale” è a conoscenza della Magistratura!
    Appunto perché di attentato alla morale ed alla dignità del professionista, …………..esiste anche il reato di diffamazione che se venisse perseguito -ipso facto- ritengo che porcherie del genere non troverebbero accoglienza nel palazzo di giustizia.
    Tutto è finito dopo SETTE anni di pastoie e patemi; nel mentre, di 12 medici si sono visti nomi, facce e professionalità messi in discussione da chi -per mero sospetto o fine- non aveva certo contezza sanitaria professionale. Il sig. magistrato…….i CTU, impiegando SETTE e passi anni.
    Non sono un medico:se lo fossi stato avrei certamente QUERELATO anche attraverso l’Ordine. Da messinese, provo una infinita tristezza ne vedere SPROFONDARE la mia città anche nel degrado morale più MISERABILE!
    Vivo defilato ma auspico che i “viddani” inurbati ad orde vengano sgominati dalla puntuale attività della Magistratura, la SOLA -anche se coi suoi tempi esasperanti- che potrebbe ristabilire le basilari regole della civile convivenza urbana e capace di “disboscare e eradicare” pratiche di vita delinquenziali. Ci vergogneremo del tempo che stiamo vivendo.

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  5. Lillo, così ti chiamavo, sono perfettamente d’accordo con te.
    Il tuo post mi ha risvegliato ricordi d’infanzia e, se ancora leggerai questo articolo, desidererei incontrarti, dato che probabilmente abbiamo vissuto la nostra prima infanzia a Paradiso, nello stesso caseggiato, vicino la chiesa e di fronte all’attuale rifornimento IP.
    Se vuoi mi puoi scrivere a piermazz00@gmail.com
    (piermazz00(ZeroZero)@gmail.com

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