Derivati, Cannizzaro e Signorino: "Ecco cosa non va nell'accordo con Dexia"

Derivati, Cannizzaro e Signorino: “Ecco cosa non va nell’accordo con Dexia”

Francesca Stornante

Derivati, Cannizzaro e Signorino: “Ecco cosa non va nell’accordo con Dexia”

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giovedì 19 Novembre 2020 - 16:47

L'ex assessore Signorino e l'ex esperto Cannizzaro, che nel 2016 avevano chiuso la prima partita sui derivati, analizzano l'accordo di oggi con Dexia

Cosa non va nell’accordo firmato da Comune di Messina e Dexia per chiudere l’annosa e delicata vicenda dei contratti di finanza derivata? Ad analizzare scelte e decisioni dell’amministrazione De Luca è l’ex assessore Guido Signorino. Durante la sua esperienza amministrativa con il sindaco Accorinti, Signorino e l’allora esperto Giuseppe Cannizzaro avevano fatto i conti con la pesantissima eredità di contratti e contenziosi lasciati da chi li aveva preceduti. Si era arrivati a costruire una transazione con Bnl che fu siglata nel 2016 e che chiuse la prima partita dei derivati a condizioni vantaggiose per il Comune. Rimaneva in contenzioso il contratto con Dexia. Ma, secondo l’ex amministratore, la transazione approvata presenta luci e ombre.

L’aspetto giuridico

Per Signorino l’accordo è certamente opportuno se si guarda solo all’aspetto giuridico. «Un procedimento incardinato a Londra (più ancora dopo Brexit) presenta costi, rischi e insidie importanti, che rendono complesso e difficile far valere le evidenti e indiscutibili ragioni del Comune e la nullità del contratto». Dunque perché parla di luci e ombre? La riposta è netta: «Fatti di metodo, di merito e di politica».

I problemi di metodo e merito

Nel metodo: a quanto sembra la definizione dell’accordo è stata trattata direttamente dall’amministrazione, senza l’ausilio di consulenti finanziari, col supporto delle relazioni dei legali, attestanti l’elevatissimo rischio della causa. Però la transazione ha materia finanziaria e non appare una specifica valutazione tecnica in proposito (nessuna relazione finanziaria è citata in delibera). È un’imprudenza aver trattato da politici puri con una controparte ovviamente molto attrezzata su quel piano.

Ne conseguono i problemi di merito. Le elevate cifre citate in delibera sono poste in questione da chi conosce la materia e i contratti, secondo cui il rischio massimo diretto della causa è non 35, ma circa 13 milioni, più le spese legali. La delibera non riferisce cosa accadrebbe in caso di vittoria dell’Ente, con annullamento del contratto (il Comune otterrebbe oltre 5 milioni in restituzione di quanto indebitamente versato alla banca, più il risarcimento del danno: svariati milioni non incassati “grazie” a consulenza e contratto di Dexia). Mancando questo, non si ha il “valore della causa” (media tra guadagno in caso di vittoria e perdita in caso di sconfitta, ponderata per le rispettive probabilità).

Le valutazioni

La perdita secca della transazione non può dunque essere confrontata col valore della causa, che avrebbe potuto essere preso a base per la trattativa per raggiungere magari un accordo molto meno oneroso. Con questo accordo la banca recupera tutto il danaro che aveva speso per “entrare” nell’affare con un contratto-burla. Grazie ad esso il Comune avrà versato in totale circa 13 milioni a Dexia, la quale per ottenere da BNL parte dei contratti precedenti aveva pagato alla stessa circa 12 milioni nel 2007. I 9 milioni che il Comune si impegna a versare dovranno essere corrisposti entro un anno, quando il contratto sarebbe durato fino al 2036; anche a parità di cifra, mantenere quella scadenza avrebbe alleggerito di molto gli esborsi annuali del Comune. 

La differenza con l’accordo con Bnl

Signornino spiega che c’è una differenza sostanziale tra l’accordo raggiunto nel 2016 con BNL e quello attuale con Dexia. Nel primo caso il Comune restituiva alla banca in comode rate entro il 2036 meno di quanto ricevuto dalla stessa (circa 4 milioni): l’accordo portava al Comune condizioni migliori rispetto al puro annullamento dei contratti. Nel caso di Dexia, al contrario, il Comune (che aveva già pagato oltre 4 milioni) con l’annullamento dei contratti avrebbe ricevuto indietro la somma più rivalutazioni e interessi (oltre il danno dei mancati guadagni). Invece, oltre a quanto già versato, il Comune continua a pagare circa 9 milioni, per giunta nel breve termine di un anno. 

L’aspetto politico

Per l’ex assessore poi c’è il piano politico. La fretta-capestro con cui l’atto è stato portato in Consiglio dimostra che il Comune si è messo in una sbagliata posizione di subalternità: è inaccettabile che una banca prenda per il collo una grande città imponendo condizioni sbilanciate a suo favore e tempi immediati non solo di esecuzione, ma anche di approvazione degli atti; chi l’ha rappresentata non ha saputo tutelarne appieno gli interessi. Possibile che non si sia saputo dire alla banca che il Consiglio ha tutto il diritto a un tempo congruo per studiare, approfondire, valutare? O è lo stesso sindaco a ritenere che il Consiglio non abbia questo diritto? Il sindaco poi continua a parlare di cifre sulle quali è lecito avere seri dubbi. La differenza fra l’accordo e una soccombenza senza accordo potrebbe essere infatti non superiore ai 4-5 milioni.

«Insomma, sia nella sostanza che nei tempi e nella forma (viene anche imposto di riconoscere la piena validità di contratti iniqui), sotto il profilo finanziario l’accordo negoziato con Dexia dall’amministrazione sembra una Caporetto a vantaggio della banca, mentre quello definito con BNL era di chiaro vantaggio per il Comune. Come detto: con questo accordo Dexia recupera tutto (con un po’ di interessi), mentre a rimetterci almeno 13 milioni sono i cittadini messinesi, in omaggio a contratti che dovrebbero essere invece considerati nulli. Stanti le condizioni del giudizio, l’accordo è via maestra. Si sarebbe, però, potuto fare di meglio? Non c’è controprova, ma è difficile pensare il contrario, perfino a parità di importo».

La parola dell’ex esperto Cannizzaro

Un’analisi che trova riscontro nei numeri e nelle valutazioni dell’ex esperto Giuseppe Cannizzaro. Aveva messo tutto nero su bianco in una relazione (IN ALLEGATO) consegnata a tutti i consiglieri comunali prima della votazione. Un documento che aveva suscitato non pochi dubbi ad alcuni componenti dell’aula che hanno chiesto chiarimenti e risposte. A rispondere a quella relazione ne è arrivata un’altra firmata dai legali Parrinello che hanno seguito il Comune in questa delicata procedura di accordo con Dexia. 

Cannizzaro ripercorre nel dettaglio gli anni che hanno portato ad oggi e le scelte fatte in passato con i contratti di finanza derivata. Ricorda la transazione con Bnl siglata quattro anni fa. E spiega nel dettaglio, con schemi, tabelle e cifre, perché questa volta l’accordo con Dexia non è conveniente per le casse di Palazzo Zanca. 

La relazione

«Il rischio di un’eventuale soccombenza in giudizio è quantificabile in un maggiore esborso (rispetto alla prevista transazione) quantificabile in un range compreso tra 4/5 milioni e non in 35 milioni come erroneamente indicato nel testo della delibera. Il vantaggio economico in caso di vittoria in giudizio ammonterebbe a oltre 18 milioni e appare pertanto incomprensibile quanto asserito in delibera nella parte che recita: “ma anche nel suo miglior scenario sarebbe in ogni caso ben superiore alla somma che si è convenuto di versare in sede di conciliazione”. Lo stesso contratto in questione, il cui onere complessivo a seguito dell’accordo ammonterebbe a circa 13 milioni, è identico a quello oggetto della precedente transazione con BNL, conclusosi a costo zero per l’Ente. La “questione derivati” che ha travolto il Comune di Messina si chiuderebbe con un esoso costo a carico degli ignari Cittadini, su cui graverebbe l’onere della incredibile vicenda». 

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Un commento

  1. Perché hanno fatto loro una transazione più vantaggiosa?

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