Diavoli quaresimali e Giudei

Diavoli quaresimali e Giudei

Daniele Ferrara

Diavoli quaresimali e Giudei

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venerdì 19 Aprile 2019 - 07:32

Viaggio tra i riti della Pasqua

In svariate località della Sicilia la Settimana Santa è la festa principale ed è celebrata con particolari ritualità dalla simbologia densa e profonda. I sette giorni fra la Domenica delle Palme e la Pasqua vengono popolati da misteriose creature e impegnati da precisi e irrinunciabili appuntamenti: i Misteri, i Sepolcri, i Giudei, il Calvario, i Sanpauluna, la Scendenza, i Diavoli, la Junta.

La Diavolata è una fra le più antiche di queste fattispecie; oggi sono rimasti pochi esempli in periodo pasquale ma se ne trovano sconfinati in periodo carnevalesco o ferragostano. I protagonisti della rappresentazione sono i Diavoli – talvolta celati sotto il nome di Giudei –, figure spaventose e al contempo giocose che “disturbano” la Passione e la Resurrezione di Cristo. Rassegniamo i varî riti della Settimana Santa in Sicilia in cui queste appaiono, componendoli come se fossero un solo rituale siciliano.

Nella Settimana Santa a San Fratello irrompono i Giudei. Essi sono figuri misteriosi dotati di trombette dal suono acuto, con abiti simili a uniformi militari ottocentesche rosse e gialle decorate con motivi floreali, animali o immagini sacre, sul capo un elmetto crestato, il volto è coperto da una maschera anch’essa rossa che riproduce un viso rubicondo con lingua nera estroflessa. Dal Mercoledì al Venerdì è la Festa dei Giudei: essi si aggirano per la città suonando, scherzando e visitando le case, ma il culmine della loro partecipazione è nel Venerdì Santo, quando, al passaggio della varetta del Cristo morto, intervengono facendo squillare le trombe beffarde in contrapposizione alla musica luttuosa della banda che accompagna il corteo.

Anche a Pozzo di Gotto, nella processione delle Varette, si può individuare un’altra forma più blanda di Diavolata presso l’Urna del Signore Morto, portata e guardata da gruppi d’individui che qui sono detti Centurioni, anche se talvolta sono chiamati anche Giudei. Essi rappresenterebbero i soldati romani di guardia alla tomba di Gesù, ma i loro vestimenti mettono l’occhio attento in un’altra strada: tute rosse con corazze rosse o nere, con lance, ma soprattutto curiosi copricapi altissimi (simil-aztechi!) costituiti da piume in particolare di pavone; interessante, in quanto quest’uccello è sacro a Giunone, dea della maternità – e avversaria di Dioniso fino all’ascensione–, nonché simbolo d’immortalità. Queste maschere a differenza delle altre sono rivestite di solennità e compostezza.

La Domenica di Pasqua ad Adrano la Diavolata diviene teatro: tradizionalmente viene inscenato il poetico dramma del 1752 La Risurrezione di Anselmo Laudani che si compone di due parti: la Diavolata e l’Angelicata. Il primo tempo – detto pure i Diavulazzi di Pasqua (di più vecchia rappresentazione) – vede tre demoni dai costumi scuri e terrificanti, che hanno i nomi di Lucifero, Astarot e Belzebù, dolersi per la resurrezione del Cristo Dio che ha tolto anime agl’Inferi, insieme alla Morte abbigliata di giallo e d’ossa, costretta da una bambina dalle vesti rosee rappresentante l’Umanità redenta e da un fanciullo Arcangelo Michele, a spezzare il proprio arco mortifero; questo poi è lanciato tra la folla che lo frammenta ulteriormente per conservarne i pezzi a scopo apotropaico.

Ecco arrivata la Pasqua del Signore: ci spostiamo a Prizzi. Compare un gruppo di Diavoli con tute rosse ed enormi mascheroni tinti dello stesso e lunghe chiome arruffate nere o bianche agitanti catene fragorose; li conduce la Morte vestita di giallo e dal temibile volto scheletrico che rotea nella mano la sua feroce balestra con cui spegne le vite. Essi, aggirandosi per la città tutta la mattinata, catturano i passanti o danzano con loro; è possibile incontrare anche diversi giovani Diavulicchi. Nel pomeriggio, quando le varette dell’Addolorata e del Cristo risorto s’avviano a incontrarsi, i Diavuli e la Morte si frappongono fra loro cercando d’impedire lu ‘Ncontru, e realizzano l’Abballu de li Diavuli: un paio di volte le due varette si ravvicinano scontrandosi coi demoni nel mezzo, ma alla terza volta essi vengono atterrati da due Angeli e simultaneamente il velo nero della Madonna scivola scoprendo quello azzurro: il Dio Risorto si è finalmente ricongiunto alla Madre Terra e subito torna la primavera con i suoi frutti.

Teniamo presente che queste mascherate sono un’usanza risalente probabilmente alle feste primaverili dell’antichità e direttamente collegate al già passato Carnevale, tanto più che nei Nebrodi è risaputo esserci stata una forte fede dionisiaca.

Anche se potrebbero sembrare figure diverse, si tratta delle stesse, seppure con una personalità doppia. Quando non hanno esplicitamente l’aspetto di figure mitologiche e sovrannaturali, assumono le sembianze e i nomi degli uccisori di Gesù, ma conservano pur sempre nel vestiario e negli atteggiamenti quei caratteri che li fanno riconoscere come discendenti dei Satiri dionisiaci; essi invero accompagnano il Cristo nella morte, senza versare lacrima alcuna poiché già conoscono il mistero della sua discesa all’Averno e non hanno timore che possa non riemergere. Contemporaneamente, nel festeggiamento della finalmente sopraggiunta primavera essi si fanno riconoscere anche come i demoni invernali, i mostri del gelo portatori di morti, ormai sparuti, che devono essere alfine sconfitti per celebrare il trionfo dell’Uomo Vivo, il nuovo fiore sbocciato.

Daniele Ferrara

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