La raffica più forte registrata nel marzo 1991 a Messina
Lo Stretto di Messina si presenta come un canale naturale lungo circa 33 km, con una larghezza che varia da un minimo di 3 km nella parte settentrionale, tra Capo Peloro e Cannitello, a circa 16 km nella parte meridionale. La sua forma a imbuto, con un restringimento progressivo verso nord, è una delle peculiarità che influenzano la dinamica dei venti. Le coste dello Stretto sono delimitate da importanti rilievi montuosi: i Peloritani a ovest, in Sicilia, e l’Aspromonte a est, in Calabria. Questa configurazione orografica, combinata con la presenza del mare, crea un ambiente ideale per l’incanalamento dei flussi d’aria, rendendo lo Stretto una sorta di “vallata marina” dove i venti acquistano forza e turbolenza.
Perché i venti si incanalano e si rafforzano?
Il fenomeno dell’incanalamento e del rafforzamento dei venti nello Stretto di Messina è principalmente dovuto a due fattori: l’effetto Venturi e l’orografia del territorio. L’effetto Venturi si verifica quando un fluido, in questo caso l’aria, scorre attraverso una sezione ristretta, aumentando la sua velocità. La forma a imbuto dello Stretto, che si restringe man mano che si procede verso nord, costringe i venti meridionali (come lo Scirocco e l’Ostro) a comprimersi e accelerare. I venti che risalgono da sud, provenienti dalla costa libica o tunisina attraverso il Canale di Sicilia e lo Ionio, si incanalano nello Stretto e raggiungono velocità massime nella parte settentrionale, tra Capo Peloro e Cannitello. Qui, le raffiche possono superare i 100-120 km/h, mentre nella parte centrale e meridionale dello Stretto le velocità si attestano generalmente tra i 70-80 km/h.

I rilievi dei Peloritani e dell’Aspromonte contribuiscono a canalizzare e amplificare i venti. I venti meridionali, come lo Scirocco, si incanalano lungo l’asse dello Stretto, mentre i venti occidentali (Maestrale, Ponente) o settentrionali (Tramontana) scavalcano i rilievi, generando raffiche di caduta (venti catabatici) lungo le vallate e le fiumare. Queste raffiche, spesso turbolente, possono raggiungere velocità significative, specialmente quando il gradiente barico è elevato e le isobare si allineano con l’orientamento delle vallate.
Un ulteriore fattore che contribuisce all’intensità dei venti è il gradiente barico orizzontale. Quando le isobare sono molto ravvicinate, come accade durante profondi cicloni mediterranei, si generano venti intensi che, combinati con l’effetto Venturi e l’orografia, possono trasformarsi in vere tempeste o fortunali. Questo fenomeno è particolarmente evidente con lo Scirocco, il vento più impetuoso dello Stretto, che può raggiungere intensità paragonabili a quelle di un uragano di categoria 2 sulla scala Saffir-Simpson.
La massima raffica registrata
Il record di raffica più intensa mai registrata in Sicilia appartiene alla stazione meteorologica di Novara di Sicilia, gestita dal Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano (SIAS). Il 13 novembre 2019, durante una violenta tempesta di Ostro causata da un profondo ciclone mediterraneo con pressione di 988 hPa, la stazione ha registrato una raffica eccezionale di 188 km/h.
Nello Stretto di Messina, una delle raffiche più significative è stata registrata nel marzo 1991 dagli anemometri del Pilone, i cui dati venivano validati dallo storico meteorologo messinese Samuele Mussillo, con un picco di 163 km/h, un valore che corrisponde a un uragano di categoria 3 sulla scala Saffir-Simpson. Altre raffiche notevoli includono i 152 km/h del 31 dicembre 1979, durante una fortissima maestralata, e i 148 km/h del 28 dicembre 1999, in concomitanza con una tempesta atlantica che colpì l’Europa occidentale.
Quali velocità estreme si potrebbero raggiungere nello Stretto?
Le tempeste di vento più violente nello Stretto di Messina si verificano in presenza di profondi cicloni extratropicali o mediterranei, con venti meridionali (Scirocco o Ostro) che si incanalano lungo l’asse dello Stretto o venti occidentali/settententrionali che generano raffiche di caduta dai colli messinesi. Durante questi eventi estremi, le raffiche possono raggiungere velocità eccezionali, specialmente nella parte settentrionale dello Stretto, causando notevoli danni e disagi.
Secondo studi e osservazioni, le raffiche potenziali al centro dello Stretto durante tempeste con tempi di ritorno secolari (eventi che si verificano mediamente ogni 100 anni) potrebbero superare i 170/180 km/h. Questo valore è ipotizzabile considerando casi estremi come la tempesta del dicembre 1999 in Europa occidentale, quando raffiche di 190-200 km/h furono registrate in Francia e raffiche fino a 259 km/h sul Wendelstein, in Germania.

Nello Stretto, la combinazione dell’effetto Venturi, dell’orografia e di un gradiente barico eccezionalmente intenso potrebbe spingere le raffiche oltre i 188 km/h registrati a Novara di Sicilia, specialmente in punti esposti come il paraggio acqueo davanti Ganzirri e Capo Peloro. Questo è stato dimostrato pure da recenti studi di simulazioni realizzate con modelli ad area limitata (indicizzati con la topografia dello Stretto) che indicavano la possibilità di registrare simili velocità, nei casi più estremi.
I tempi di ritorno secolari per eventi di questa portata dipendono dalla frequenza delle configurazioni sinottiche estreme. Le tempeste di Scirocco o Ostro con raffiche superiori a 130 km/h si verificano in media ogni 5-10 anni nello Stretto, ma eventi con raffiche superiori a 180 km/h sono estremamente rari e associati a cicloni di eccezionale intensità, con tempi di ritorno stimati tra i 50 e i 100 anni, se non oltre.

Ovviamente gli scienziati della società Stretto di Messina ne hanno tenuto conto…fossi!!