Il grande teatro all’Horcynus Festival: la prima di “Santa Samantha Vs. Sciagura in tre mosse”

Il grande teatro all’Horcynus Festival: la prima di “Santa Samantha Vs. Sciagura in tre mosse”

Emanuela Giorgianni

Il grande teatro all’Horcynus Festival: la prima di “Santa Samantha Vs. Sciagura in tre mosse”

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lunedì 05 Agosto 2019 - 15:02

L’Horcynus Festival continua, e conclude la sua sessione messinese, spostandosi il 6 agosto a Mirabella Imbaccari, con il grande teatro, la prima di “Santa Samantha Vs. Sciagura in tre mosse”. Tre spettacoli differenti ma strettamente legati: Lo zompo, Mari/age e La veglia.

Con gli occhi incollati costantemente sul palco e fortissime emozioni si conclude, al Parco Horcynus Orca di Capo Peloro, la sessione estiva messinese di Metamorfosi, la XVII edizione dell’Horcynus Festival, organizzato come sempre della Fondazione Horcynus Orca e della Fondazione di Comunità di Messina, quest’anno in collaborazione con l’Ambasciata di Spagna in Italia – la Spagna è il paese ospite del Festival 2019 – e la Fondazione con il SUD.

Il merito è di un evento teatrale di grandissimo livello, il momento della nuova drammaturgia siciliana, con la prima assoluta del progetto speciale Santa Samantha Vs. Sciagura in tre mosse, produzione del Teatro Biondo di Palermo, distribuzione a cura della rete teatrale Latitudini, con testo e regia di Rosario Palazzolo, scene di Luca Mannino, musiche originali di Francesco Di Fiore, luci di Alice Colla, costumi di Daniela Cernigliaro, assistente alla regia Angelo Grasso.

Tre spettacoli differenti, autonomi ma collegati come una sorta di narrazione seriale, per una trilogia che porta in scena sette personaggi che vivono e scompaiono, tornano e si alternano, crescono e mutano così come la storia; caotica e misteriosa, festosa e rivoltante al tempo stesso. Una storia che si sviluppa intorno alla figura di Samantha, nata a Palermo e cresciuta vivendo un’esistenza minima, fatta di cugine, di santissime “Marie”, di credenze popolari che l’incoronano, suo malgrado, “Madonna in terra”, obbligandola a dispensare miracoli, a tutti i costi. Una storia che si articola in tre luoghi diversi: una parrocchia, una sala trattenimenti e una camera mortuaria.

Si comincia alle 19.30, nella Sala Consolo del Parco Horcynus Orca, con Lo Zompo, con Rosario Palazzolo. Nunzio Pomara è un uomo fragile, insicuro ma di una potenza linguistica formidabile, un uomo che zompa letteralmente nel teatrino parrocchiale in cui sta per iniziare l’immancabile appuntamento mensile detto Della Rivelazione e obbliga l’uditorio – ovvero i miracolati – ad ascoltarlo, urlando e sospirando tutto il suo odio per una cultura del niente che pretende di determinare le esistenze, di ancorarle alla tradizione, di misurale col metro rotto di una Madonna che piange per il mondo intero. Ma il mondo intero è davvero troppo intero per poterlo contestare, e difatti saranno accuse forti e mirate come un bel buco nell’acqua.

Alle 21.15, l’Horcynus Festival si sposta nel Cortile del Complesso monumentale per Mari/age con Alessio Barone, Delia Calò, Chiara Italiano, Viviana Lombardo, Sabrina Petyx. Un congegno spaventoso, una festa pirotecnica, un incubo balthusiano invade la sala, sposta il pubblico, lo disarciona, gli impone di ridere per una storia triste, fissata su un tempo fermo, con l’orologio avanti e indietro. È anche un matrimonio, ovviamente, quello di Samantha, la giovane donna obbligata a distribuire miracoli in una Palermo decadente e trash. Ed è la storia di Rita e Fatima, le sue terribili cugine, due signorine perfettamente a loro agio nel ruolo di mantenitrici di un equilibrio malsano; per il quale, simili alle sorellastre di cenerentola, sono pronte a sgambettare affinché vengano reiterati pubblicamente i medesimi meccanismi privati, in cui ognuno mantiene un ruolo fisso e prestabilito.

Il tutto in una lingua “scotennata” e variopinta, una lingua disponibile all’errore, al fallimento, all’incomprensione, una lingua in cui le virgole smettono di essere virgole e divengono interpunzioni emotive, sequenziali, e in cui lo scherno e la sciagura propongono il medesimo racconto, abbastanza divertente e molto pauroso.

La trilogia si conclude alle 22.30, nel Giardino delle Sabbie, con La veglia, con Filippo Luna. Il pubblico viene trasportato in una stanza della morte, con Carmela, una donna arcigna ma anche tenera, che attende il corpo della figlia sputando odio e sarcasmo, prendendosi gioco della sintassi comune. E un corpo preteso e conteso col pubblico, che sarà un antagonista ideale, muto e terribile, detentore di qualsiasi decisione.

Una rivolta linguistica consapevole, un’invenzione costante: tutti segni di una disperazione composta, silenziosa, e anche sopita, messa a sedere davanti i telequiz, le telenovele, i documentari televisivi. Perché Carmela non parla da ventuno anni, chiusa nella sua stanza, protetta da un’immaginazione che adesso non le basta più. Per questo è uscita, per questo è lì, per questo tra un attimo riprenderà a parlare.

Uno spettacolo rabbioso, beffardo e struggente, in cui l’ironia e la disperazione confluiscono nel medesimo fallimento, quello di chi immagina un qualsivoglia buon senso. Uno spettacolo nello spettacolo, quello mediatico che ci rende tutti spettatori di noi stessi.

Momenti intensi ed importanti quelli condivisi all’Horcynus nella scorsa serata, grazie a questo festival innovativo capace di scuotere gli animi e lasciare un segno di forte impatto. L’appuntamento continua il 6 agosto a Mirabella Imbaccari.

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