Altre 5 condanne definitive per il pizzo nell'Alcantara. Nel 2017 il blitz dei Carabinieri dopo una denuncia sindacale
Messina – Sono definitive anche le ultime quattro condanne emesse alla fine del processo Fiori di Pesco sull’infiltrazione del clan Brunetto di Catania nella zona jonica del messinese. La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di Carmelo Caminiti, Filippo Scuderi, Salvatore Scuderi, Daniele Nicolosi e Antonio Monforte. Per loro quindi le condanne diventano definitive oggi, due anni dopo la Cassazione per tutti gli altri imputati. La Suprema Corte nel 2023 aveva infatti rinviato la loro posizione al riesame della Corte d’Appello per la valutazione dell’accusa di associazione mafiosa, confermata anche dopo il nuovo processo d’appello, e per il trattamento sanzionatorio. Oggi l’ultimo grado di giudizio, che conferma le responsabilità per tutti. Sono difesi dagli avvocati Salvatore Silvestro e Michele Pansera.
La sentenza
In primo grado nel 2020 le condanne erano state 18. Due anni dopo i giudici di Corte d’Appello ne hanno confermate 13, 8 delle quali rideterminate, diventate definitive nel luglio del 2023: 12 anni e 9 mesi di reclusione Angelo Salmeri, 8 anni ad Antonio Monforte, 7 anni per a Salvatore Scuderi e Daniele Nicolosi,10 anni a Filippo Scuderi, 2 anni e 8 mesi ad Antonino Salanitri e Antonino Mollica, un anno per Carmelo Crisafulli. Confermate le condanne di primo grado per Vincenzo Pino, Vincenzo Lomonaco, Carmelo Caminiti, Carmelo Pietro Oliveri e Alfio Di Bella.
L’indagine dopo una denuncia sindacale
Il blitz dei Carabinieri risale al 2017. A base dell’inchiesta, che ha documentato la longa manus dei Brunetto nell’area di Taormina, dove esigevano il pagamento del pizzo a tappeto, c’è la denuncia di un dirigente sindacale UIL, nel 2013, per un atto estorsivo nei suoi confronti.
Il pizzo anche alla coop agricola
Alla vittima, socio di una cooperativa agricola della Valle dell’Alcantara, qualcuno bruciò 2 auto sotto casa. Indagando, i militari scoprirono che dietro c’era il clan Brunetto di Catania, legato ai Santapaola -Ercolano, che per conto della mafia catanese teneva sotto scacco le imprese agricole della zona intorno a Taormina.
Tutta l’Alcantara sotto il controllo dei Brunetto
Alcuni di questi imprenditori, residenti nella Valle dell’Alcantara, avevano spesso ricevuto “visite” da parte dei sodali del gruppo con pressanti richieste di denaro o di assunzione per i propri parenti. Da ulteriori approfondimenti è poi emerso come il Clan Brunetto operasse attivamente anche nelle zone di Malvagna, Mojo Alcantara e Roccella Valdemone.
