"Il tramonto dei tempi, e l'esigenza di emigrare verso orizzonti"

“Il tramonto dei tempi, e l’esigenza di emigrare verso orizzonti”

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“Il tramonto dei tempi, e l’esigenza di emigrare verso orizzonti”

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mercoledì 12 Giugno 2019 - 08:06

Messina- La psicoterapeuta Mary Shirley De Vita racconta quanto emerso nel corso del seminario del laboratorio psicoanalitico vicolo Cicala

Le Voci della società, che intonano note dolorose e perturbanti, trovano uno spazio di ascolto e di elaborazione attraverso i diversi lavori degli psicoanalisti e dei giovani tirocinanti del “Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala” di Messina, che raccolgono e condividono con passione il Racconto di un anno. Questo, il titolo del seminario. Un incontro per condividere ciò che avviene nella società attuale e nel lavoro clinico.

PENSARE assieme è ciò che si è abituati a fare al “Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala” di Messina.

Pensare è spesso un verbo in disuso, eppure sarebbe impossibile farne a meno se solo si provasse a paragonare il pensiero a una proteina che il corpo necessita di avere.

Ebbene, dove è andato a finire nella nostra società il pensiero? E dove quindi l’Essere Umano/i?

Si mettono in atto meccanismi psichici dei quali non si è consapevoli e che, nella presentazione dei vari lavori psicoanalitici, ognuno secondo la propria esperienza e il proprio “stile” ha raccontato attraverso riflessioni ma anche attraverso l’esperienza clinica: emozioni negate, scisse, dissociazioni, agiti. Il dolore si espelle, anziché so-stare in esso. Il virtuale (indiscutibilmente, ottimo strumento di facilitazione del lavoro) diventa troppo reale, spazio caotico e confusivo che produce uno “strappo” nella realtà, sottraendo l’investimento affettivo nei confronti del mondo che renderebbe invece Vivo il pensiero.

In una realtà virtuale, quindi, che diventa reale, le stagioni non si avvicendano, come anche la notte e il giorno non si alternano. Non è forse quello che sta avvenendo oggi nelle generazioni?

In uno dei lavori presentato al “Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala” e intitolato “Lenti analitiche osservano la società”, questo fenomeno è stato definito come “stallo perverso a cui la società ricorre” (M.Siragusa), senza possibilità alcuna quindi di un “ricambio” generazionale anche nella trasmissione del Desiderio. Genitori che non vogliono rinunciare ad essere giovani, mentre i giovani si sentono sperduti in un “tempo senza orizzonte” (M. Recalcati) e che non promuove la possibilità di Desiderare, di Creare, di Essere.

Si pensa sia sufficiente indossare scarpe da ginnastica per correre più in fretta e poi un click e tutto in modo onnipotente compare-appare ma … non È.

Forse è solitudine, ci si chiede, che diventa difensivamente isolamento o invece si ha l’esigenza di riempire e riempirsi di cose, aumentando i bisogni, in realtà non strettamente necessari, e che si pensa contraddittoriamente che possano portare alla felicità.

Un esempio accennato è il caso di Greta Thumberg, “come figlia di questo tempo purtroppo e per fortuna, che denuncia però l’assenza di un mondo adulto” (M. Siragusa)

Tante e diverse le esperienze molto dolorose raccontate con leggerezza, ma allo stesso tempo con profondità, dai tirocinanti del “Laboratorio Psicoanalitico Vicolo Cicala”. Alcuni di loro sono stati a contatto con pazienti molto gravi in comunità terapeutiche, mettendo al centro del lavoro la Relazione con l’Altro, con la Persona e con l’essere Umano-Paziente.

Ancora commovente la voce del piccolo Alessandro sulla “filastrocca delle domande”:

[…] “Dov’è questa psiche, e poi com’è fatta? È grossa o sottile, è sana o è matta? È dentro la testa o si trova nel cuore?”

[…] “Qualcuno mi ha detto che lo psicoanalista dice parole perché le persone non siano più sole e trovino ancora in un sogno, in un posto, pensieri, emozioni che avevan nascosto …” (Geni Valle 2004).

Forse una domanda che nella società ci si dovrebbe fare più spesso, dal momento che le figure dello psicologo, dello psicoterapeuta e dello psicoanalista in Italia ricoprono uno spazio limitato rispetto ad altre figure professionali. Molti possono essere i motivi di questo fenomeno, tra questi forse è perché “scoprire” un’emozione è spesso scomodo. È più facile non farsi carico del proprio dolore e dei propri aspetti sgradevoli e fastidiosi che inevitabilmente vengono poi proiettati sugli altri e si manifestano come “un’avversione generica e indiscriminata per gli stranieri e per ciò che è straniero” (Treccani). Gli altri vengono considerati coloro che sporcano, che portano disordine, che ci rubano il lavoro.

Il Laboratorio Psicoanalitico si sofferma per ricordare e raccontare, attraverso il capolavoro letterario di Primo Levi dal titolo “Se questo è un uomo”, la tragica testimonianza nei lager.

Una sensazione agghiacciante che ha immediatamente un crescendo quando, subito dopo, è stata letta qualche pagina del libro “Lacrime di sale” di Pietro Bartolo. Si tratta di pagine attuali … che ci mostrano un funesto lager marino.

C’è chi reagisce con indifferenza, chi fa dei propri meccanismi una regola da far rispettare e da rispettare arrivando a non accogliere l’altro e lasciandolo via via morire e c’è chi invece si prende cura dell’altro, considerandolo come scambio generativo.

L’essere umano è sempre animato da spinte distruttive e autodistruttive, ma è anche da essere umano potersi soffermare su ciò che è fastidioso, che spaventa, che è perturbante, anche solo per provare a mobilitare il pensiero e creare uno spazio interno intimo di riflessione sulla disumanità in cui viviamo, provando a fare spazio alla Vitalità e all’“UMANITÀ”.

Mary Shirley De Vita.

Psicologa, Psicoterapeuta.

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