Fa discutere la grande opera: dai "motivi di rilevante interesse pubblico" e la sicurezza internazionale alle contestazioni dei movimenti
di Marco Olivieri
Il ponte e i “rilevanti motivi d’interesse pubblico”. Com’era scontato, lo scorso 9 aprile, il Consiglio dei ministri ha approvato il cosiddetto “report Iropi”, acronimo inglese che sta per “Imperative Reasons of Overriding Pubblic Interest”, ovvero “motivazioni imperative di rilevante interesse pubblico”. Motivazioni relative alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. E il tema rimane super attuale, tra scenari nazionali ed europei. Ieri la manifestazione a Villa San Giovanni promossa dalle associazioni Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf Italia, insieme al movimento No ponte Calabria, dal titolo “Una questione di buon senso. Il Ponte sullo Stretto di Messina tra un interesse nazionale presunto, impatti ambientali e certi conti che non tornano”.
Nella delibera del Consiglio dei ministri, “s’intendono esporre i motivi imperativi e prevalenti, legati alla sicurezza della popolazione, allo sviluppo economico e anche ambientali e sanitari, per cui si ritiene che il progetto del collegamento stabile tra Sicilia e Calabria debba costituire oggetto di comunicazione meramente informativa alla Commissione europea ai sensi dell’art. 6.4 della Direttiva 92/43/Cee
Habitat“.
Di fatto, come ha ben argomentato su Tempostretto, l’avvocato Nicola Bozzo, è il governo a superare l’impasse. Il governo Meloni insiste sulla “strategicità della riduzione dell’insularità della Sicilia”. Si evidenzia nella delibera del 9 aprile “la possibilità di ridurre significativamente il carattere di
insularità della Sicilia, rendendo i collegamenti non più intermittenti”. E ciò “genera evidenti vantaggi di natura economica, grazie alla riduzione dei tempi e dei costi di trasporto, e per la sicurezza pubblica, grazie ai minori tempi di risposta e dispiegamento delle forze militari e della protezione civile”.
Il riferimento alla sicurezza nazionale e internazionale appare forzato
A fare discutere, ed è chiaramente un modo per “blindare” il progetto ponte, è il collegamento della grande opera con gli elementi strategici internazionali: “L’opera è quindi non solo un’infrastruttura italiana ma un progetto di valore europeo, il cui completamento è considerato funzionale al processo di integrazione europea, in particolare per il principio della libera circolazione e della politica comune dei trasporti sancito dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea. Inoltre, il Ponte sullo Stretto di Messina ha anche un’importanza strategica per la sicurezza nazionale e internazionale, tanto che assumerà un ruolo chiave in un contesto di difesa e sicurezza, facilitando gli spostamenti delle forze armate italiane e degli alleati Nato. Questo è particolarmente rilevante, considerando il crescente ruolo del Mediterraneo come area geopoliticamente sensibile, con dinamiche complesse legate alla
sicurezza marittima, all’immigrazione e alle operazioni di peacekeeping“.
Un riferimento che appare forzato. Ha messo in rilievo di recente l’economista Guido Signorino, del comitato “Invece del ponte”, con un nuovo dossier: “Senza volere sottolineare l’allarme che nei cittadini ha creato l’enfasi che il documento ha dato alla rilevanza ai fini militari del ponte (e, per conseguenza, dell’intera area dello Stretto di Messina), andiamo ai fatti. Denunciamo che il fatto che il ponte serva la mobilità militare internazionale non è supportato da alcuna evidenza ufficiale. L’uso duale civile-militare dell’infrastruttura non è tecnicamente dimostrato, anzi rischierebbe di diventare un ulteriore problema, e in caso di conflitti il ponte sarebbee certamente un facile bersaglio strategico”.
“Nella relazione manca la dimostrazione dell’assenza di alternative meno impattanti dal punto di vista ambientale”
Un punto sul quale “Invece del ponte”, con Elio Conti Nibali e Signorino, ha insistito è che, “nella relazione Iropi, manca la dimostrazione dell’assenza di alternative meno impattanti dal punto di vista ambientale. Secondo il governo, la relazione giustificherebbe definitivamente davanti all’Unione europea la deroga ambientale (articolo 6.4 della Direttiva Habitat) per costruire il ponte malgrado la negativa Valutazione d’incidenza ambientale (Vinca). Il tutto dimostrando che il ponte è l’unica soluzione possibile e che esistono motivi imperativi di interesse pubblico (i famosi Iropi) per la sua realizzazione. Invece il documento è la prova che il progetto non è approvabile. A parte l’inconsistenza degli Iropi, manca assolutamente la dimostrazione del punto di partenza, cioè l’assenza di alternative meno impattanti dal punto di vista ambientale. Senza questo “anello mancante” non è possibile procedere”.
Tra scenari nazionali ed europei, il dibattito continua, se è possibile senza “elmetti” nel nome della sicurezza internazionale.

Con tutti i soldi finora spesi per un ponte che non c’è e spero non ci sia mai, avrebbero potuto costruire una città intera degna del 21° secolo!
Io ci andrei cauto col termine “Blindare”, in questo caso. Potrei capirlo se fossimo, come Paese, al di fuori della CEE. Allo stato dei fatti, gli interessati possono provare ad illudersi, ma sostanzialmente, nella fase attuale, (parafrasando una giocata a poker), non hanno in mano i “quattro assi necessari” per vincere la mano.. Almeno non per ora.
Intendiamoci : se si parla di realizzare le opere propedeutiche di viabilità, io ci credo. Esiste invece un potenziale rischio, per i fautori del Ponte, di un grave danno nella loro credibilità sociale e politica, qualora il Ponte non venisse fatto. Questo va detto con la massima calma e serenità. Per carità, sono tutte persone degnissime e ben motivate nei loro propositi : ma questo potenziale rischio esiste. Va comunque, infine, registrato un aspetto senz’altro positivo : oggi la vicenda PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA è ritornata di pubblico interesse, tra la noi gente comune. E questo, comunque vadano le cose, e’ molto positivo.
Inderogabili Esigenze di Ordine Pubblico! Questo è quello a cui dovrebbero pensare i nostri governanti. Non si può mettere una città in ginocchio per vent’anni per ridurre l’insularità di cui siamo fieri! Una fila estiva di un’oretta , Nei casi peggiori, è più che tollerabile a fronte dello sventramento della città e del fatto poi che per passare all’altra sponda si debba arrivare praticamente a Rometta! Finiamola infine con gli stipendi di alto livello che consentono ai dipendenti delle società “Ponte dello Stretto” di continuare ad avere emolumenti a fronte di un ponte che non c’è ed è bene che non ci sia! Realizziamo il grande acquario del Mediterraneo! Apriamo un casinò a Taormina! Impolementiamo i collegamenti con le isole Eolie! Realizziamo un piccolo Aeroporto di superleggeri per i collegamenti veloci con il resto dell’Italia! Neppure il Principato di Monaco potrebbe tenerci testa!
A Cogito Ergo Sum dico : e il rischio di perdere credibilità sociale e politica da parte dei No Ponte qualora il ponte venisse realizzato ? I quattro assi in mano non si hanno ma la scala reale si in confronto della coppia di sette dei giocatori conservatori che invece fanno parte di quella categoria che si definisce progressista. . Il ponte è progresso e occasione di uscire dall’’immobilismo di una città che ha sempre rifiutato di diventare una città moderna che guarda al futuro. La definizione di “buddaci” riflette come la pensa buona parte dei messinesi, fortunatamente in minoranza .