La colossale bufala delle "scie chimiche" smascherata dalla scienza

La colossale bufala delle “scie chimiche” smascherata dalla scienza

Daniele Ingemi

La colossale bufala delle “scie chimiche” smascherata dalla scienza

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domenica 24 Marzo 2019 - 09:04

Ecco come il grafico di H. Appleman riesce persino a prevedere le condizioni ambientali ideali allo sviluppo delle "scie di condensazione"

Probabilmente quella delle “scie chimiche” è una delle bufale più colossali mai udite nella storia. Tralasciando le varie campagne di disinformazione e le opinioni di “soggetti” facilmente manipolabili, non sufficientemente avvezzi al ragionamento scientifico, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su una tematica molto delicata, quella inerente le “scie di condensazione” (il termine “scie chimiche” non esiste), note in inglese come “contrails”. Tutti gli aerei, oltre al vapore acqueo, emettono altre sostanze come ad esempio biossido di carbonio, ossidi di azoto, monossido di carbonio, idrocarburi come il metano, solfati, particolato, come normale prodotto delle combustioni.

L’aria che viene espulsa dalle turbine di un aereo contiene vapore (oltre alle sostanze sopra enunciate), che si aggiunge a quello già presente in atmosfera. Inoltre, a quelle quote (parliamo di 10 km di altezza), le temperature dell’aria estremamente basse (possono scendere al di sotto dei -60°C) favoriscono un ulteriore espansione. L’avvezione di vapore, sommandosi al raffreddamento (dovuto all’ambiente circostante e all’espansione), rendono più o meno probabile la rapida condensazione del vapore acqueo stesso, agevolando lo sviluppo della “scia di condensazione”.

Un esempio di “scia di condensazione” in condizioni meteorologiche ottimali per lo sviluppo

Una volta formatasi la nuvola può subire varie trasformazioni termodinamiche, secondo le caratteristiche fisiche della massa d’aria in cui si trova. Per questo le scie possono essere più o meno estese o possono cambiare forma molto velocemente. In particolare la persistenza di una “scia di condensazione” dipende dalla cosiddetta supersaturazione rispetto al ghiaccio. Il primo a studiare il fenomeno delle “scie di condensazione” fu nel 1953 lo scienziato H. Appleman che al termine dei suoi studi ha realizzato un grafico diventato famoso tra gli addetti ai lavori (ignoto a chi riempie i social di fake news e stupidaggini di ogni tipo). Il grafico può naturalmente essere usato sia per fare previsioni, sulla possibilità di formazione dei “contrails”, sia per effettuare delle verifiche a posteriori.

Per usarlo occorre conoscere la temperatura e l’umidità relativa presente alla quota dell’aereo. Per tali informazioni basta consultare un APP, come quella seguitissima di Flightradar24, che ti permette di sapere in tempo reale le condizioni meteorologiche presenti su quella determinata rotta (temperatura, umidità, etc), e da qui applicare questi dati al grafico di H. Appleman, che ci permetterà di capire se in quel determinato periodo ci sono le condizioni ambientali adatte per lo sviluppo di una “scia di condensazione”.

Il famoso grafico di
H. Appleman

All’interno del grafico notiamo che le due linee più importanti sono la linea dello 0% e quella del 100 % (umidità relativa). Se l’atmosfera è più fredda rispetto alla temperatura indicata dalla linea del 0%, la “scia di condensazione” si forma anche se l’umidità relativa dell’atmosfera è pari a zero. Questo perché l’aereo fornirà abbastanza umidità per produrre la “scia di condensazione”, e non è necessaria umidità dall’atmosfera per formare la nube.

Secondo il grafico, le “scie di condensazione” si formano sempre quando il valore della temperatura è a sinistra della linea dello 0%. Se l’atmosfera è più calda della temperatura indicata dalla linea del 100%, la “scia di condensazione” non può formarsi anche se l’umidità relativa dell’atmosfera è del 100%. In tale campo l’umidità combinata del gas di scarico dell’aereo e quella dell’atmosfera non sarà mai abbastanza sufficiente per generare una nuvola.

Quindi i profili di temperatura a destra della linea del 100% non daranno mai luogo ad una “scia di condensazione”. Per le temperature comprese tra le linee dello 0% e del 100%, la possibilità che si formi una “scia di condensazione” dipenderà dall’umidità atmosferica, che nel grafico viene rappresentata come umidità relativa. Quando la temperatura è compresa tra le linee dello 0% e del 100% la “scia di condensazione” può anche formarsi, ma non sarà persistente.

Quando si parla di saturazione dell’aria, si dà per scontato che si stia parlando della condensazione del vapore in goccioline d’acqua. Quando abbiamo umidità relativa pari al 100% si dice che l’aria è satura di vapore acqueo. A quella data temperatura essa non è più in grado di contenere acqua allo stato di vapore senza che condensi (sempre che vi siano i nuclei di condensazione, cosa scontata alle basse quote).

Il vapore acqueo presente esercita una sua pressione propria che si chiama “pressione di vapore” che si somma alla pressione dell’aria in assenza di vapore. Se a regime si raggiunge un equilibrio in presenza contemporanea di acqua e vapore (cioè il numero di molecole che passa allo stato liquido eguaglia il numero di quelle che passano allo stato di vapore, ma non tutto il vapore condensa e non tutta l’acqua evapora) allora si è in condizioni di aria “satura di vapore”, dove il vapore esercita la cosiddetta “pressione di vapore saturo” e l’igrometro segnerà 100% di umidità relativa. L’umidità relativa si chiama così proprio perché rappresenta la quantità di vapore presente nell’aria rispetto a quanto vapore l’aria stessa può contenere senza che condensi.

Ma ciò dipende dalla temperatura, perché se la temperatura sale (maggior agitazione termica che allontana le molecole d’acqua) allora tenderà ad avere la meglio l’evaporazione piuttosto che la condensazione e così l’equilibrio si raggiunge per quantità più elevate di vapore (servirà più vapore per saturare l’aria). Ecco perché a parità di vapore totale contenuto nell’aria l’umidità relativa aumenta al diminuire della temperatura e viceversa.

Oltre che con l’acqua tutto questo vale pure per il ghiaccio. Come sappiamo l’acqua può passare dallo stato di vapore a quello solido e viceversa, seguendo i rispettivi processi del “brinamento” e della “sublimazione”. Ma separare molecole d’acqua dal ghiaccio non è la stessa cosa che separarle allo stato liquido. In sostanza l’umidità relativa rispetto al ghiaccio è quantitativamente diversa. Se però continuiamo lo stesso a usare l’umidità relativa rispetto all’acqua, allora la saturazione rispetto al ghiaccio si ha a valori inferiori del 100%. Questo è importante perché le “scie di condensazione”, che si formano ad altezze considerevoli, dove le temperature sono estremamente basse, sono costituite da ghiaccio.

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