La scomparsa del sorriso

La scomparsa del sorriso

Giacomo Maria Arrigo

La scomparsa del sorriso

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giovedì 07 Maggio 2020 - 07:58

Camminando per le strade in questi giorni si nota un elemento che s'impone come un fattore doloroso. Non una presenza, bensì un’assenza: l’assenza del sorriso, nascosto dalla mascherina.

Camminando per le strade in questi giorni si nota un elemento che inizialmente non turba affatto, ben nascosto com’è, invisibile tanto da sembrare assente; un elemento che tuttavia, man mano che si procede, che si interagisce (a distanza) con gli altri, che si cammina, emerge come un fattore doloroso, una ferita aperta. Non una presenza, bensì un’assenza: l’assenza del sorriso.

La mascherina ha eliminato il sorriso, la possibilità di una interazione emotiva immediata, l’empatia rapida e fulminea che spesso vale più di mille parole. La mascherina ha celato il sorriso, sicché a fargli da contraltare è un eccesso di parole o di gesti che, però, non colpiscono nel segno. Le interazioni umane si ricreano, si rimescolano: come far intendere all’altro la mia buona disposizione nei suoi confronti? Oppure la semplice gentilezza che accompagna un banale acquisto? O il ringraziamento dovuto a un gesto di cortesia? O, ancora, la benevolenza e l’affetto che spontaneamente sgorgano dal cuore nel momento in cui si vede un bambino nella culla, un neonato che sorride (lui che può farlo), un ragazzino che si sbrodola con il cono gelato?

L’epidemia da Covid-19 lascerà un segno profondo nella coscienza dell’umanità post-moderna. Si dice: niente sarà più come prima. Ma di recente è tornato, sempre controcorrente, Michel Houellebecq per ammonire gli europei: «Non credo alle dichiarazioni del tipo “nulla sarà mai più come prima” Al contrario, tutto resterà esattamente uguale».

«Il coronavirus», sostiene Houellebecq, «dovrebbe avere come principale risultato l’accelerazione di alcuni cambiamenti in corso. Da diversi anni, l’insieme delle evoluzioni tecnologiche, che siano minori o di primo piano, (telelavoro, social network, acquisti su Internet), hanno avuto come conseguenza principale (o obiettivo?) la diminuzione dei contatti materiali, e soprattutto umani. L’epidemia di coronavirus offre una magnifica ragion d’essere a questa pesante tendenza: una certa obsolescenza che sembra colpire le relazioni umane».

Spietato come sempre, lo scrittore, che in un suo romanzo aveva addirittura preconizzato l’estinzione della razza umana per interna debilitazione e progressiva atrofizzazione dei rapporti umani, riassume così quello che è evidente nel dato invisibile che è la scomparsa del sorriso – la cui assenza s’impone come una presenza ingombrante.

Houellebecq continua: «Queste tendenze, l’ho detto, esistevano già prima del coronavirus; si sono soltanto manifestate con una nuova evidenza. Non ci risveglieremo, dopo l’isolamento, in un nuovo mondo; sarà lo stesso, ma un po’ peggiore». Bisogna pertanto far sì che l’abitudine a sorridere al prossimo non venga lasciata cadere in disuso.

A tal proposito, in mezzo a tante citazioni sul sorriso (“Un giorno senza un sorriso è un giorno perso”, Charlie Chaplin;“Ogni volta che un uomo ride aggiunge un paio di giorni alla sua vita”, Curzio Malaparte; “Non sapremo mai quanto bene può fare un semplice sorriso”, Madre Teresa di Calcutta), ce n’è una di Jim Morrison che è degna di essere ricordata: «Sorridi sempre, anche se è un sorriso triste, perché più triste di un sorriso triste c’è la tristezza di non saper sorridere».

Oggi il rischio è la perdita permanente del saper sorridere. Condizione infinitamente triste, invero. E Houellebecq lo nota, parlando appunto della “obsolescenza che sembra colpire le relazioni umane”. Non resta che sorridere invisibilmente da sotto la mascherina ogniqualvolta ce ne sia l’occasione.

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