La storia di Virginia e "Virgola", il genio della matita messinese

La storia di Virginia e “Virgola”, il genio della matita messinese

Giuseppe Fontana

La storia di Virginia e “Virgola”, il genio della matita messinese

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domenica 10 Ottobre 2021 - 07:02

Da Messina a Firenze, ai grandi brand. Nasce a Messina l'ideatrice e creatrice di un vero e proprio marchio, quello della "pupetta" dal tratto delicato, in grado di conquistare tutti

L’avrete vista tante volte, tra “semplici” illustrazioni, libri, calendari, agende, social, pubblicità e perfino su alcuni famosi cioccolatini. L’avrete vista, ammirata e apprezzata, perché Virgola, si chiama così, è stata col tempo in grado di entrare nella vita di tutti i giorni, di farsi amare da tantissimi italiani e da grandi aziende, che l’hanno scelta per “accompagnare” i propri prodotti in modo semplice ed elegante. La conoscete, insomma, ma ciò che forse non sapete è che il genio dietro la matita è messinese. Si chiama Virginia Di Giorgio l’ideatrice e creatrice della “pupetta”, così la definisce lei stessa, che ormai dal 2013 spopola su Instagram e nel mondo del marketing, ritagliandosi spazi sempre più importanti nella vita quotidiana della gente. Virginia, trapiantata a Firenze, è nata a Messina e dallo Stretto, come tanti messinesi, ha mosso i primi passi verso il proprio sogno. Un sogno realizzato, con Virgola diventato un vero brand e collaborazioni a livello internazionale.

Chi è Virginia Di Giorgio?

Una ragazza che sogna tanto, tenendo sempre i piedi incollati a terra. Ho studiato storia dell’arte laureandomi in medievale e credo che questo racconti molto di me: un momento storico molto sottovalutato nonostante la cultura, le innovazioni e le cattedrali superbe. Amo ciò che va capito, non mi fermo al luogo comune. Lavoro tantissimo e disegno perché il gesto in sé mi fa vivere una leggerezza che non sento altrove.

Come nasce Virgola?

Nasce per caso, disegnando un bigliettino per il mio ragazzo mentre preparavo la tesi della magistrale. In meno di un mese quella “pupetta” che non aveva un nome mi ha trascinato via dai miei obiettivi offrendomi un lavoro nuovo: le aziende mi hanno contattato subito, nel 2013/14 eravamo in pochi a disegnare su Instagram. La tempistica è importante, credo sia stato però lo stile riconoscibile, la personalità del tratto, sufficientemente elegante ma non pesante, a rendere il mio personaggio interessante agli occhi dei brand.

Qual è il momento più bello della tua carriera?

Le aziende che mi hanno contattato sono state le più prestigiose al mondo. Ho fatto eventi straordinari con Lancôme, ho conosciuto il team Netflix e realizzato edizioni limitate per Lindt, i miei lavori sono venduti in Feltrinelli. Eppure quello che sento come piena realizzazione è ciò che ho costruito io, la mia linea stationery. Vederla crescere è una meraviglia. Sapere che ho fatto tante scelte, anche sbagliate ma tutte profondamente mie, allontana in modo più consapevole e forte la mia “sindrome dell’impostore” che spesso mi blocca.

Cosa vorresti ancora fare che non hai fatto?

Lavorare meno (ride, ndr). Ogni giorno sono in studio per 12 ore, vivo con impegno quasi militare il mio lavoro. Non ho un sogno in particolare. Mi piacerebbe adesso, dopo tanti anni, concedere anche un po’ di spazio anche a qualche interesse. Che poi conoscendomi mi ritroverei a seguire corsi per approfondire parti del lavoro che conosco peggio.

Quando e perché sei andata via da Messina? Ci torneresti?

Sono partita per studiare storia dell’arte a 18 anni, prima Catania, poi Firenze. In parte per studiare in corsi di laurea più vicini ai miei interessi, in parte per crescere come persona adulta e vivere la mia autonomia. A Firenze ho lavorato come modella di nudo, ho conosciuto una mentalità molto diversa da quella che conoscevo, i fiorentini sono gente schietta, le cose le dicono in faccia e a volte male, non sempre ti aiutano. Ho imparato ad ammirare il loro stile dì vita: la mattina “tirano su i’bandone”, la saracinesca, lavorano tanto e col sorriso. Le cose funzionano bene perché amano la propria città e fanno in modo dì tenerla al meglio, come la propria casa.

Non credo che tornerei a Messina, rappresenta la fase della mia vita più importante: la crescita. Ricordo con fastidio quando ho vissuto un evento di violenza e attorno a me ho trovato solo persone che sminuivano, ironizzavano, giustificavano, fingevano indifferenza per troppi motivi tutti sbagliati. Pochissime le persone che hanno capito la gravità del gesto e mi sono state accanto. Questo, nella mia città d’adozione, sento che lo potrei vivere in modo diverso. Quando l’ho raccontato ho visto un atteggiamento non spaventato ma vicino alla mia persona. Sono quindi arrivata alla maturità in modo divergente da quello che ricordo, penso che Messina abbia infinite potenzialità ma forse non per me.

Come vedi Messina da lontano e che emozioni dà tornare, anche solo per qualche giorno?

Messina è nostalgia, al tramonto con la Calabria rosa è poesia, quando torno sento il sapore di casa nell’affetto delle persone. Messina mi fa rabbia, quella rabbia di cuore che si prova verso chi vuoi bene e si lascia andare. Quando torno la vedo sempre uguale a se stessa, purtroppo la spazzatura prende il posto dei fiori nelle aiuole e sotto ai guardrail. Perché? Perché vado a mare e se decido, come è successo, di pulire la spiaggia, non trovo un cestino e devo portare a casa la spazzatura degli altri? Disincentiva il gesto spontaneo, crea alibi nelle persone, deresponsabilizza il singolo.

Quello che mi tortura è la presunzione: in molti si dichiarano iper-campanilisti quando si tocca la granita o le città limitrofe, ma la sigaretta, la bottiglietta le buttano a terra. È questo amore per la propria città? Io conosco un altro amore, fatto di rispetto. Ammiro i messinesi che nonostante tutto lavorano per una Messina diversa, proiettata nel presente e nel futuro, ricordando che il nostro presente è la crisi climatica in corso; il futuro, quello che decidiamo che sia.

Cosa dici ai tuoi ex concittadini, a chi va via e a chi rimane?

Che mi mancano, che è bello tornare, che sono belle le birre in spiaggia la sera. Non ho niente da poter dire a chi c’è, non è andare via che dà la possibilità dì sindacare, anzi. Messina ha tanto, stimo chi instancabilmente prova a farla brillare dì luce propria.

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