Le truffe Ue sui Nebrodi: quando il Rettore (non) affittò terreni ai mafiosi

Le truffe Ue sui Nebrodi: quando il Rettore (non) affittò terreni ai mafiosi

Alessandra Serio

Le truffe Ue sui Nebrodi: quando il Rettore (non) affittò terreni ai mafiosi

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sabato 18 Gennaio 2020 - 07:37

Il ruolo dei centri di assistenza agricola, i trucchi per aggirare i controlli, i falsi contratti sui terreni. Tutti i segreti delle agromafie e come sono stati scoperti

Dal 2010 al 2017 le oltre 100 imprese riconducibili alle famiglie mafiose di Tortorici hanno chiesto contributi per cinque milioni e mezzo di euro. In un anno e mezzo circa, hanno documentato gli investigatori, hanno percepito contributi per poco meno di un milione di euro.

E’ “Una mafia dei pascoli moderna, con un controllo del territorio capillare, che punta sempre più alla terra non come ritorno alle origini bensì al fututo, perché in base alla quantità di possesso arrivano finanziamenti”, quella che l’operazione Nebrodi ha azzerato con gli arresti del 15 gennaio scorso, come la descrive il giudice Salvatore Mastroeni, nei provvedimenti d’arresto.

E’ una mafia, scrive ancora il giudice, che fa “…un uso capillare, come truffa, del territorio, in un modo nuovo ma sempre nelle mani della mafia, la titolarietà fittizia del territorio in realtà è frutto sì dei marchingegni falsi ed artifizi ben strutturati utilizzati ma si basa su un dato devastante, il non utilizzo ( spesso volenti talvolta non volenti), per ottenere finanziamenti, dai titolari veri dei terreni, i contributi a pioggia alla criminalità e l’azzeramento di alcun aiuto o beneficio per gli onesti proprietari”.

Questa mafia moderna non avrebbe potuto lucrare come ha fatto in questi anni se il sistema di controlli avesse funzionato, e se l’apparato pubblico che gestisce quei fondi non lo avesse permesso. Un po’ per la farraginosità delle procedure, la burocrazia anche telematica, un po’ soprattutto per la connivenza degli operatori e dei funzionari pubblici.

Sono tanti i casi documentati di preoccupante vicinanza tra dipendenti regionali e i tortoriciani e i batanesi. Come il dipendente Esa che contatta uno di loro perché, in un terreno di montagna, gli è stato rubato carburante da un mezzo. “Che figura ci faccio”, dice il dipendente pubblico al mafioso, chiedendogli di recuperare il maltolto. Allora il mafioso ce li mette di tasca sua i soldi, compra il carburante e lo restituisce al dipendente. Che dal canto suo, qualche mese dopo, riceve delle “carte” dai tortoriciani, documenti di pratiche agricole, perché le “agevoli”.

Poi ci sono gli operatori dei centri agricoli. Per il giudice, alcuni sono conniventi con i mafiosi, agevolano le loro pratiche sapendo che le carte sono false. In altri casi i Carabinieri hanno scoperto che i tortoriciani riescono a bypassare persino loro, in qualche modo “appropriandosi” dei codici d’accesso o comunque trovando come arrivare “fino in cima”, quando gli operatori dei centri a loro vicini vengono scoperti e quindi esautorati.

I contributi, spiegano il giudice, vengono infatti richiesti tramite i Centri appunto, che fanno accesso ad una sorta di banca dati, il SIAN. Tramite il Sian è possibile verificare quali sono i lotti di terreno “liberi”, tra quelli “censiti” come agricoli e disponibili. sui quali non sono stati già richiesti finanziamenti per la campagna contributi in corso. E’ una informazione essenziale, questa, per poter individuare quali sono i terreni da utilizzare per richiedere i titoli di credito agricolo.

Qui entrano in gioco i carabinieri del Nucleo Tutela Agro Alimentare di Salerno che a un certo punto, qualche anno fa, notato un dato insolito: un gran numero di pratiche agricole siciliane gestite da un CAA di un’altra regione. Si rivolgono quindi alle titolari del centro, ed ecco cosa scoprono.

Nel 2015, l’allora Responsabile Nazionale Paolo CARROZZINO, mi informava che i piccoli CAA, come il mio, sarebbero stati chiusi di lì a poco per via dei pochi Produttori Agricoli associati. Nella circostanza mi informò che, per far sì che restassimo ancora aperti, mi avrebbe caricato sul CAA Tutela e Lavoro – Avellino 001, degli altri Fascicoli Aziendali ma che di questo se ne sarebbe occupato personalmente lui in qualità di Responsabile Nazionale. Che i Fascicoli aziendali fossero di Aziende Agricole siciliane, io non ne sapevo nulla ed ho appreso tali informazioni da telefonate giunte da altri CAA nonché da proprietari di terreni che mi chiedevano chiarimenti in merito all’inserimento delle particelle dei Fascicoli Aziendali di cui sopra. Poco dopo,hanno cominciato a convocarmi GdF e Carabinieri per chiedermi spiegazioni sui Fascicoli Aziendali che, solo figurativamente, erano stati inseriti dal mio CAA Tutela e Lavoro di Avellino 001 ma che di fatto erano stati interamente gestiti dal CAA Nazionale ed in particolar modo da Paolo CARROZZINO.”


Per Carrozzino si trattava di fidalizzare alla sigla della propria associazione di categoria il maggior numero di CAA ed evitare la chiusura di quelli già nel circuito. Ma i suoi collaboratori, e gli “amici” dei suoi collaboratori, hanno così consentito l’immissione di un gran numero di richieste di contributo ai quali i CAA sui quali erano caricati. apponevano una certificazione di idoneità soltanto formale.

Discendendo la catena dei rapporti di Carrozzino, i carabinieri arrivano a Giovanni Vecchio, responsabile di un CAA catanese. La sede viene perquisita nel luglio 2016 dai finanzieri, che vi trovano tra le altre cose anche timbri falsi dell’agenzia delle Entrate. “Me li ha consegnati in una busta chiusa Aurelio Faranda”, confessa l’operatore.

I CAA hanno le password per entrare nel sistema SIAN e per inserire la documentazione, le pratiche aziendali. Attraverso soggetti come Vecchio, i tortoriciani riescono ad appropriarsi in qualche caso persino delle password. Quando così non è, hanno comunque con gli operatori rapporti così buoni da far comunque “camminare le carte” delle aziende che interessano loro. Sono rapporti importanti, soprattutto con i nuovi sistemi di controllo.

“Perchè ci vogliono le firme dell’organizzazione, disgraziata sventura… (riferendosi ai rappresentanti dei CAA che devono cofirmare, insieme ai beneficiari, le concessioni dei lotti agricoli/pascolativi concessi dagli Enti Regionali) … Umh! Protocollo della legalità…”..spiega a Gino Bontempo un altro operatore del CAA, a proposito delle pratiche. I due, subito dopo, ridono contemporaneamente, alla frase “protocollo della legalità”

I TRUCCHI MARINO PER AGGIRARE I CONTROLLI – Uno bravissimo nel settore è Agostino Antonino Marino, per gli inquirenti messinesi un vero traid union tra le due cosche. Imparentato con gli uni, in affari con gli altri, cura per entrambi un gran numero di pratiche agricole. E mette a loro disposizione i “trucchetti” che ha imparato. Come bypassare i controlli, per esempio. Immettendo nel sistema domande di contributo mancanti di qualche dato essenziale, come ad esempio l’iban su cui ricevere il contributo. Entro l’anno solare in cui vengono versati i contributi, infatti, vengono anche effettuati i controlli a campione sull’effettività dell’attività svolta sui terreni. Ma se la domanda manca di qualche dato essenziale al pagamento viene “stornata” su un fondo Agea appositamente creato per pagare le domande che non sono state pagate nel corso della campagna corrente, previa l’integrazione del dato mancante, come nel caso dell’iban appunto.

Tutti i protocolli di legalità, tutte le misure di indagine e di contrasto, sono studiate ed aggirate.”,. scrive infatti il giudice Mastroeni.

I PARADOSSI DELLA BUROCRAZIA RIVELANO LE ANOMALIE – A volte, però, i controlli funzionano. O comunque la tremenda burocrazia attraverso cui i malavitosi riescono ad infilarsi sfruttandola per “insabbiarsi”, si ritorce anche contro di loro. I terreni inseriti nel Sian sono, come detto, censiti e messi a bando dalla Regione. Che nel 2017 richiede un aggiornamento. “Il Dipartimento ha richiesto all’Agenzia Governativa di Erogazione in Agricoltura (AGEA) – spiega il giudice nel provvedimento – a partire dall’anno 2017, l’introduzione – nel Fascicolo Aziendale della Regione Siciliana – delle particelle catastali costituenti i lotti pascolivi individuati nella “Proposta per l’anno 2017”, approvata con relativo Decreto Dirigenziale. L’inserimento voluto dall’Amministrazione, ed operato in sinergia con l’AGEA, ha prodotto, in virtù della dichiarazione di proprietà in capo all’Amministrazione in epoca precedente all’anno 2017, la accensione di anomalie di conduzione anche retroattivamente per gli anni 2014 – 2015 – 2016; ciò ha comportato la possibilità di procedere alla verifica, a cura dell’amministrazione, della legittimità dei titoli dichiarati in anni precedenti dai richiedenti contributi e rimasti coinvolti nell’accensione delle anomalie di conduzione generate dall’inserimento suddetto.”

La nuova mappatura delle particelle, cioè, rivela delle stranezze, a ritroso. A cominciare dai terreni sfruttati da ditte inattive, o non sfruttati ma inseriti comunque nelle richieste di contributo.

E’ un allarme rosso, quello che si accende alla Regione nel 2017. Ma non sarebbe bastato da solo, a ricostruire la ragnatela di società, aperte e chiuse in un anno, intestate ad un numerosissimo “esercito” di familiari con la fedina penale immacolata di boss mafiosi o indagati e pregiudicati di varia natura.

I FALSI TITOLI DI DISPONIBILITA’ DEI TERRENI – Un altro “allarme rosso” lo accende infatti l’Agenzia delle Entrate. Nel 2015 arrivano a pioggia, ad un gran numero di proprietari di terreni siciliani, in particolare tra Messina e alcuni comuni della fascia jonica, cartelle di avviso del catasto. Scoprono così di non essere più titolari di quei terreni, sui quali sono stati iscritti contratti per usucapione, e su alcuni di questi, successivamente, delle donazioni. Tra ottobre e novembre 2015 sono decine le denunce che arrivano alla Guardia di Finanza di Messina. Suonano tutte più o meno come quelle di uno dei tanti truffati: “Sono venuto a conoscenza della situazione in quanto ho ricevuto avviso dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio del Territorio/Catasto che mi metteva a conoscenza che il terreno di cui al foglio 87, particella 152, allegata all’avviso aveva subito una variazione sotto il titolo di proprietà. Per quanto riguarda la particella 24 faccio presente che per la stessa non è mai stata fatta alcuna variazione sotto il titolo di proprietà. Ricevuta la comunicazione dell’Agenzia delle Entrate mi sono avvalso del mio legale di fiducia al fine di riprendere il possesso di quanto mi era stato ingiustamente sottratto. Non ho mai provveduto a richiedere alcun tipo di contributo per i terreni di mia proprietà….Fino a quando mio papà ha potuto li ha gestiti personalmente, noi davamo il nostro contributo….su detti terreni giornalmente si recava mio papà. Io, mio fratello e/o mia sorella ci recavamo mediamente 4/5 volte al mese. Non ho mai visto nessun animale da pascolo dal 2010 ad oggi sui miei terreni”.

In quasi tutti i casi, i contratti risultavano firmati a favore dei Faranda, che a loro volta in alcuni casi li trasferivano, sempre all’interno della famiglia, con un falso atto di donazione. In tutti i casi i reali titolari spiegavano alla Guardia di Finanza di nona er mai conosciuto o incontrato i nuovi proprietari dei terreni.

Il CASO DELL’UNIVERSITA’ DI MESSINA – Tra questi c’è anche l’Università di Messina che nel 2017 vuole accedere ad un finanziamento e si accorge però che i propri terreni sono indisponibili perché c’è già una richiesta di contributo, accesa da un imprenditore agricolo di Tortorici, che come pezza d’appoggio della pratica ha inserito un atto d’affitto stipulato qualche anno prima dall’ex rettore Franco Tomasello.Non so chi sia, non lo conosco, non ho mai redatto atti di affitti di terreni”, spiega l’ex Magnifico ai finanzieri. “In quell’anno –aggiunge il responsabile amministrativo Franco De Domenico – il professor Tomasello non era già più il rappresentante legale dell’Ateneo”.

IL RUOLO DEGLI OPERATORI DEI CENTRI AGRICOLI – Un altro tassello del complesso sistema di accaparramento dei fondi pubblici destinati all’agricoltura e alla pastorizia sono gli operati dei Centri di Assistenza Agricola. Quando gli investigatori cominciano ad effettuare i controlli, tra la fine del 2015 e il 2016, tortoriciani e batanesi si appoggiano soprattutto a CAA della Sicilia centrale e orientale. Man mano che queste sedi vengono perquisite, le famiglie tortoriciane si “spostano”, portandosi dietro il know how acquisito in fatto di pratiche agricole, su altri centri.

E’ così che in anni più recenti sono arrivati al CAA di Tortorici, dove operava anche il sindaco sospeso Emanuele Galati Sardo., o a quelli centrali messinesi, dove dialogano con Giuseppe Natoli, ex responsabile del CAA Confagricoltura.

L’accusa mossa per loro e gli altri operatori coinvolti è di aver omesso i controlli sulle pratiche che inserivano a sistema. Agli operatori spetta infatti un controllo di conformità formale della documentazione, in particolare devono attestare la corrispondenza della documentazione presentata a supporto delle richieste di contributo con i dati immessi al sistema. Stando al tenore delle conversazioni intercettate, però, sostengono gli inquirenti, erano perfettamente a conoscenza, ad esempio, che moltissime ditte e società agricole intestate a terzi erano in realtà dei soggetti criminali. Perché era con loro e solo con loro che discutevano delle pratiche di decine diverse di queste sigle.

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