Lo strazio della madre, l'Ave Maria, i palloncini, le magliette: Ciao Ale

Lo strazio della madre, l’Ave Maria, i palloncini, le magliette: Ciao Ale

Redazione

Lo strazio della madre, l’Ave Maria, i palloncini, le magliette: Ciao Ale

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mercoledì 13 Marzo 2019 - 13:14

Applausi, palloncini e un pianto straziante ininterrotto per l'ultimo saluto ad Alessandra Musarra

Le urla laceranti della mamma, mentre i palloncini rosa volavano in cielo e si levavano alte le note dell’Ave Maria del Campanile, a mezzogiorno, hanno accompagnato l’ultimo bacio ad Alessandra Musarra, uccisa dal fidanzato.

Un’immagine straziante, con le note dell’Ave Maria che non riuscivano a lenire il dolore profondo di una madre che rappresentava tutte le donne, le mamme, le sorelle, le figlie, di fronte all’ennesimo orrore.

Una madre inconsolabile, che al Duomo, durante i funerali della sua bambina, ha continuato a gridare “me l’hanno ammazzata tra quattro mura”, immaginando probabilmente quanto abbia urlato Alessandra chiedendo aiuto: “Ormai nessuno potrà più farti del male”.

Lo sgomento della città è stato corale.

Non ci sono parole che possano dare risposte oggi- ha detto nell’omelia monsignor La Speme– Viviamo questo silenzio profondo che è anche una strada che si apre nel cuore, una strada attraversata dalla luce. A volte il silenzio non è assenza di sentimenti, ma sono i sentimenti che si trasformano in lacrime”.

In Chiesa una folla, i familiari, le amiche con la maglietta con la foto di Alessandra stampata sul cuore, il vicesindaco Mondello, l’assessore Calafiore (il sindaco è a Roma), il prefetto Maria Carmela Librizzi, una delegazione dei Carabinieri e della Polizia, esponenti delle associazioni a difesa delle donne, la Confcommercio (che ha sostenuto le spese del funerale), vicini di casa, messinesi che hanno voluto stare accanto alla famiglia nel momento del dolore profondo.

Perdonami se non sono riuscito ad aiutarti da chi ti ha tolto la vita. Spero in una condanna esemplare, perché le altre donne possano salvarsi da questa ingiustizia. Ciao Alessandra, ti voglio bene”. E’ quel senso di colpa che soltanto un genitore può comprendere quello che riscalda l’ultimo addio di Luciano Musarra alla figlia Alessandra. Le ultime parole della famiglia, prima che il feretro venga issato, sull’altare del Duomo colorato dai fiori di primavera. Orchidee tra le mimose, fresie, margherite bianche, gialle e rosa adornano la bara, sopra cui è stata adagiata una rosa rossa e la foto di Ale, che la madre stringe mentre il feretro viene accompagnato fuori dal Duomo. Durante la celebrazione è stata stretta tra i figli,al banco, composta nel suo dolore. Il fratello e la moglie, la sorella di Alessandra, la piccola figlia del padre, avuto dalla nuova relazione, si sono più volte abbracciati, durante le esequie, a darsi forza a vicenda.

Chi vive nel nostro cuore non muore. Vive per sempre”, ha detto uno zio prendendo la parola a fine cerimonia.

Poi l’uscita della bara, accompagnata dalle grida della mamma, inconsolabile perché è vero, non ci sono parole. Non esistono parole in nessun vocabolario che possano lenire o dare risposte a tutto questo.

La bara è uscita a mezzogiorno, quando dal Campanile del Duomo è iniziata l’Ave Maria, e contemporaneamente agli applausi si sono alzati in cielo i palloncini rosa per l’ultimo saluto ad Alessandra.

La madre si è accasciata, mentre qualcuno ha iniziato a gridare “ergastolo”, con riferimento al suo assassino. Immediato un coro di “ergastolo” reclamando l’unica giustizia terrena che la comunità di Santa Lucia sopra contesse ritiene adeguata nei confronti di chi ha strappato per sempre una giovane vita

Ciao Alessandra, che alla vigilia dell’8 marzo intrecciavi rametti di mimose e ramoscelli d’ulivo, due simboli di pace. Poche ore dopo, quei simboli sono annegati nel sangue.

Rosaria Brancato-Alessandra Serio

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