Trattativa, il pentito barcellonese D'Amico accusa Alfano e Schifani. Delle stragi dice: "sono stati i Servizi"

Trattativa, il pentito barcellonese D’Amico accusa Alfano e Schifani. Delle stragi dice: “sono stati i Servizi”

Alessandra Serio

Trattativa, il pentito barcellonese D’Amico accusa Alfano e Schifani. Delle stragi dice: “sono stati i Servizi”

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venerdì 17 Aprile 2015 - 16:21

Lunga deposizione in aula di Corte d'assise a Palermo del collaboratore Carmelo D'Amico, interrogato dal pm Di Matteo. Secondo il barcellonese il ministro dell'Interno e Forza Italia in Sicilia sono stati eletti con i voti della mafia, poi "tradita" dalla politica. Dietro la morte di Falcone, poi, ci sarebbe la mano dei servizi. Ribadite le confidenze di Rotolo e Galatoto sul progetto di attentato a Di Matteo e Ingroia.

“Il ministro Angelino Alfano è stato eletto con i voti di Cosa nostra, sia ad Agrigento che in Sicilia. Poi ha voltato le spalle ai boss facendo leggi come il 41 bis le confische dei beni e Cosa nostra non ha votato più per Forza Italia”. “Anche Renato Schifani è stato eletto con i voti di Cosa nostra. All’epoca i politici hanno fatto accordi con Cosa nostra, poi quando hanno visto che tutti i collaboratori di giustizia che sapevano e non hanno parlato, si sono messi contro Cosa nostra, facendo leggi speciali, dal 41 bis alla confisca dei beni, andando in giro a dire loro erano contro Cosa nostra e che la dovevano distruggere. Io questi discorsi li ho appresi da Antonino Rotolo e da Vincenzo Galatolo in carcere”.

Le dichiarazioni del pentito barcellonese Carmelo D’Amico continuano a fare tremare i palazzi, e stavolta mirano molto in alto. L’ex capo militare del clan del Longano oggi ha deposto al processo in corso sulla Trattativa Stato-Mafia, ed è stato molto chiaro, additando il ministro dell’Interno. Ma c’è di più. D’Amico ha riferito di aver appreso in aula che dietro le stragi degli anni ’90 c’erano i servizi segreti e Andreotti. “Tutelatemi e vi dirò tutto”, ha tuonato l’ex boss. Un fiume in piena, il barcellonese, che è tornato sulle minacce al pm Di Matteo, già svelate a Messina, durante uno dei suoi processi d’appello, tanto che il magistrato palermitano lo aveva interrogato personalmente:

“La condanna a morte del pm Di Matteo la volevano sia Cosa nostra che i servizi segreti, perché stava arrivando a svelare alcuni rapporti di potenti, proprio come il giudice Falcone nel ‘92”, ha sostenuto D’Amico, confermando che la confidenza gliela fece Rotolo. Rispetto alla deposizione già resa a Messina, il collaboratore ha aggiunto un altro tassello, dicendo che ancor prima di Di Matteo, ..”i servizi segreti volevano morto prima il dottor Ingroia (…)Dovevano essere uccisi solo con un agguato, non con le bombe, perché Provenzano non voleva più le bombe. Dovevo essere io a fare l’agguato appena uscito dal carcere”.

“Il nome di Di Matteo non lo hanno mai fatto – ha spiegato oggi D’Amico a proposito dei colloqui in carcere tra Rotolo e Galatoto – Lo chiamavano ad esempio “cane randagio”. Io chiesi a Rotolo di chi parlavano. E Rotolo mi disse che parlavano del pm Di Matteo. Diceva Rotolo che “da un momento all’altro” aspettavano la notizia che il magistrato venisse ucciso. Lo volevano morto, era già stabilito che il dottore Di Matteo dovesse morire”. “I servizi segreti arrivano dappertutto, siamo in pericolo sia io che lei dottore Di Matteo, sono capaci di tutto. Organizzano anche finiti suicidi in carcere. A proposito, io dico oggi che non ho nessuna volontà di suicidarmi. Godo di ottima salute. Nessuno si deve avvicinare a me – dice D’Amico – Tanti pentiti come Brusca o Giuffrè, e altri collaboratori sono in piena coscienza che i mandanti delle stragi sono i servizi segreti e i politici. Siccome sanno la potenza dei servizi segreti, non parlano perché sono spaventati. Io ho paura di tutto. Faranno di tutto per eliminarmi”. “

Dopo le stragi mafiose del ‘92 politici come Mancino e Martelli si fecero sotto per trattare con Cosa nostra. I servizi segreti avviarono la trattativa e hanno indirizzato Mancino e Martelli a rivolgersi all’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, perché non ci fossero più stragi, per arrivare in altre parole a un compromesso. E Dell’Utri fece il doppio gioco”.

La fonte di D’Amico è ancora una volta Rotolo: “Mi disse che Manino e l’ex ministro Martelli tramite l’ex sindaco Ciancimino fecero la trattativa. In particolare, Ciancimino si rivolse ad Antonino Cinà che era l’ambasciatore di Provenzano e Riina”. “Alla trattativa hanno partecipato anche pezzi da novanta del Ros e anche della Polizia. I servizi segreti volevano prendere il comando di tutto in Italia. Ci sono loro dietro molte stragi in Sicilia. Sono capaci di tutto”. D’Amico ha infine ribadito che Rotolo gli aveva confidato che Ciancimino jr, a suo dire, aveva mentito su alcune vicende “In particolare su quando Provenzano sarebbe andato a casa di Ciancimino”.

Sì al papello; esisteva, secondo il mafioso barcellonese: “Totò Riina non voleva accettare i contatti, poi fu convinto da Provenzano e insieme scrissero alcuni punti da proporre allo Stato, come l’alleggerimento delle normative sui sequestri dei beni”. Infine, il collaboratore ha tirato in ballo nuovamente il nome di Andreotti, dicendo che la morte di Falcone fu una morte “di Stato”: volevano impedirgli di fare i nomi dei servizi segreti “deviati”.

4 commenti

  1. sergio indelicato 17 Aprile 2015 18:41

    E ci voleva tanto per arrivarci?

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  2. sergio indelicato 17 Aprile 2015 18:41

    E ci voleva tanto per arrivarci?

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  3. MA VA?SAI CHE SORPRESA…..

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  4. MA VA?SAI CHE SORPRESA…..

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