Magistri lapidum: gli scalpellini di Ficarra un’eccellenza dal XVI secolo

Magistri lapidum: gli scalpellini di Ficarra un’eccellenza dal XVI secolo

Vittorio Tumeo

Magistri lapidum: gli scalpellini di Ficarra un’eccellenza dal XVI secolo

domenica 06 Marzo 2022 - 07:00

Hanno lasciato opere importanti a Palermo, Enna e Cefalù

A partire dal Rinascimento la prestigiosa “scuola ficarrese” dei maestri scalpellini fornì abili intagliatori della pietra arenaria, assurti alla dignità di artisti, prima a committenze dei Nebrodi e successivamente della Sicilia intera, a conferma del notevole livello tecnico e artistico raggiunto.

Chiesa di Maria SS. della Visitazione (Enna)

Nella città di Enna, che allora si chiamava Castrogiovanni, Antonino Catrini da Ficarra, scarpellino, nel 1559 “fa la quinta colonna dal lato destro, a contar dalla porta maggiore, del Duomo di Castrogiovanni”, come riporta l’Indice degli Artefici delle arti maggiori e minori, la più parte ignoti o poco noti sì napoletani e siciliani di Gaetano Filangieri principe di Satriano (Napoli 1891) e come nota anche Gioacchino Di Marzo. Il riferimento è alla chiesa di Maria Santissima della Visitazione, le cui origini risalgono al tardo medioevo e che a partire dalla seconda metà del XVI secolo, subì una globale riconfigurazione del suo spazio interno, grazie anche alla presenza nel cantiere di protagonisti di rilievo tra i quali spicca la figura di Giandomenico Gagini, con cui il ficarrese Catrini lavorò gomito a gomito.

Convento di S. Francesco. Particolare del campanile. (Enna)

Sempre a Enna, nel 1588, Salvatore Gianguzzo, rectius il maestro Salvatore Janguzo della Ficara, si obbligava a fabbricare, entro il termine di due anni e mezzo dalla stipula del contratto, il campanile della chiesa del convento di San Francesco d’Assisi. Nel 1502 il precedente campanile era crollato, insieme a una parte dell’edificio di culto, la cui fondazione sarebbe da far risalire tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. Occorreva quindi intervenire con dei lavori di restauro, per i quali i frati si rivolsero al lapicida ficarrese. Dal contratto, oggetto in studi scientifici (Garofalo), emerge che il campanile sarebbe dovuto essere innalzato nel luogo indicato dai frati “cum soi pedamento, archi, finestruni, cornichi, finimento et magistero di lo modo et forma che è lo campanili di Santo Iohanni”, cioè della stessa città di Castrogiovanni. Per i lavori di intaglio della facciata esterna il compenso consisteva in 1 onza e 6 tarì per ogni canna, per le parti rustiche, interne, 10 tarì per canna. Le parti non computate nella misurazione sarebbero state pagate invece 22 onze. Al mastro Gianguzzo e al suo collaboratore il convento cedeva a titolo di acconto “cum pacto retrovertendo”, un fondo appoderato coltivato a vigneto con casa “solerata” in contrada della Zolfara stimato 155 onze.

Monastero di S. Maria del Bosco. Particolare del colonnato. (Contessa Entellina, PA)

Non tutti sanno poi che il magnifico colonnato del monastero di Santa Maria del Bosco di Calatamauro, nella parte alta della serliana del lato meridionale del primo chiostro, porta la firma del maestro scalpellino ficarrese Paolo Busacca che vi lavorò dal 1593, su progetto dell’architetto manierista milanese Antonio Muttone. Adagiato alle falde del Monte Genuardo, comune di Contessa Entellina, nel palermitano, il complesso monastico è un’imponente struttura che si estende per ben 5700 mq coperti e per altri 1300 mq di chiostro (Tumeo – Cavallaro). Il faber intagliator Paolo Busacca, oriundo di Ficarra, fu chiamato a Chiusa Sclafani per attendere ai lavori del chiostro del monastero olivetano in forza della rinomata fama di intagliatori di cui godeva appunto la scuola dei maestri scalpellini di Ficarra.

Scalinata di accesso al sagrato del Duomo (Cefalù, PA)

Tra gli altri splendidi manufatti presenti nell’Isola attribuiti a lavoratori della pietra del paese dei Nebrodi, merita poi di essere ricordata la scenografica scalinata di accesso al sagrato del Duomo di Cefalù. Essa fu realizzata, nel 1664, da maestri scalpellini ficarresi, abili artigiani assurti alla dignità di artisti. I loro nomi: Michele, Antonino e Domenico Speziali, rispettivamente padre e figli, tutti eccellenti magistri lapidum. Secondo il contratto di committenza, stipulato con Matteo Fragaza e Francesco Restivo, governatori del Monte di Pietà, Speziali si impegnava per 16 tarì di compenso a singola canna a intagliare la pietra, necessaria per la realizzazione della scalinata, e a sovrintendere alla collocazione. A Cefalù, come dimostrano alcune ricerche (Marino, Termotto), lo Speziale era molto attivo e le famiglie locali più abbienti se ne contendevano le prestazioni: il giurista Rocco De Gesare, con atto dell’11 marzo 1651 gli commissionava un “finestrone”, ovverosia un balcone, e nello stesso anno anche il medico Giovanni La Calce gli dava incarico di realizzarne un altro per sé in pietra locale a sette “gattoni” (mensole) e relative balate per la discreta somma di 12 onze. Tra gli altri interventi di Michele Speziali si ricorda anche la realizzazione, per conto della Società delle Anime del Santo Purgatorio, di alcune colonne della chiesa di Santo Stefano, come emerge dal contratto, stipulato in Cefalù il 28 gennaro 1665 con i governatori della congregazione, Don Giovanni Carnagio e maestro Blasio Vento.

Vittorio Tumeo

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