L'omicidio del 2 gennaio 2022 a Messina. In aula le urla del padre di una delle vittime alla lettura del verdetto che esclude l'ergastolo
Messina – 20 anni di reclusione. E’ questa la sentenza della Corte d’Assise (presidente Micali, a latere Smedile) per Claudio Costantino, reo confesso del duplice omicidio di Camaro del 2 gennaio 2022. Dopo due anni di processo, caratterizzati da un acceso dibattito sulla versione dell’imputato, che ha invocato la legittima difesa, e l’accusa che non gli crede e ha chiesto la condanna all’ergastolo per omicidio premeditato, la sentenza è arrivata poco dopo le 18, dopo quasi sei ore di Camera di consiglio dei giudici togati e della giuria popolare.
La sentenza

Alla fine, alla luce del dispositivo, è passata la linea “tecnica” della difesa, affidata agli avvocati Carlo Taormina e Filippo Pagano. I giudici hanno infatti accolto la richiesta del rito abbreviato e, calcolando la riduzione della pena, hanno condannato l’unico imputato, il 37enne Costantino, a 20 anni di carcere. Escluse quindi le aggravanti contestate dall’accusa; non riconosciuta invece la legittima difesa invocata dai legali. Riconosciuti i risarcimenti alle parti civili, assistite dalle avvocate Angela Martelli e Cinzia Panebianco. Costantino evita l’ergastolo, quindi, ma oltre a questa condanna a 20 anni ha sul groppone un’altra condanna a 20 anni, decisa in primo grado a settembre scorso per il traffico di droga portato avanti durante la latitanza.
Le proteste dei familiari
La lettura del verdetto è stata accolta con compostezza da tutti i presenti. Tra loro, i familiari di Giovanni Portogallo, gli unici a costituirsi parte civile tra i familiari delle vittime. Un momento di tensione però c’è stato quando il padre di Giovanni Portogallo ha capito che Costantino ha evitato l’ergastolo. L’uomo ha protestato a voce alta contro i giudici. Lo sfogo è durato qualche secondo, poi è tornata la calma.
La sparatoria del 2 gennaio 2022
Era una sera di buio pesto e freddo pungente a Camaro, quel 2 gennaio, quando diversi colpi d’arma da fuoco richiamarono in via Eduardo Morabito Polizia e Carabinieri. Nello slargo davanti casa di Claudio Costantino, un noto pregiudicato per reati di droga, gambizzato appena due mesi prima, giaceva moribondo il corpo di Giovanni Portogallo. Al pronto soccorso dell’ospedale Piemonte era invece arrivato ferito gravemente Giuseppe Cannavò, morto qualche giorno dopo. Dentro casa di Costantino però non c’era nessuno. Le indagini si sono subito concentrate su Costantino, datosi alla latitanza ma rintracciato e catturato dalla Squadra Mobile il 9 aprile successivo in un covo in Calabria. La moglie era invece tornata a casa qualche giorno dopo il duplice omicidio, raccontando di non avere notizie del marito e di non sapere nulla dell’accaduto perché in quei giorni non si trovava in casa.
Legittima difesa o omicidio premeditato

Una volta catturato, Costantino ha sostenuto di aver sparato per legittima difesa, sostenendo che Cannavò e Portogallo fossero piombati armati in casa sua, e di essere fuggito per timore di vendette. Una tesi che non ha mai convinto gli investigatori, coordinati dai pubblici ministeri Marco Accolla e Roberto Conte, che all’ultima udienza avevano chiesto la condanna all’ergastolo per omicidio premeditato.
Due gli elementi chiave emersi durante il processo: il video, estratto da una telecamera di zona, che inquadra le vittime arrivare nei pressi di casa di Costantino e, qualche secondo dopo gli spari, Cannavò allontanarsi in motorino con il “terzo uomo”, Bartolo Mussillo, già condannato per favoreggiamento. Poi la testimonianza di una parente dei due che ha testimoniato di averli sentiti parlare, il giorno prima della sparatoria, dell’appuntamento preso con Costantino, rimandato di un giorno.
Nella foto la cattura di Claudio Costantino
