Messina. Quella panineria di via Cesare Battisti in cui si spacciava droga

Messina. Quella panineria di via Cesare Battisti in cui si spacciava droga

Alessandra Serio

Messina. Quella panineria di via Cesare Battisti in cui si spacciava droga

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mercoledì 04 Marzo 2020 - 12:19

I calabresi non hanno mai utilizzato i cellulari, i messinesi usavano tantissimi accorgimenti e un linguaggio molto criptico

Calabresi e messinesi non si sentivano per telefono o con altri mezzi, si presentavano senza preventivo accordo nella panineria, si fingevano comuni avventori facendo finta di non conoscere Albarino e solo quando la situazione era del tutto tranquilla si appartavano per accordarsi sulle partite di droga, ma all’esterno del locale.

“Una modalità che ha reso particolarmente difficile indagare su di loro”, ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Messina, Lorenzo Sabatino. I calabresi rifornivano parallelamente altri gruppi cittadini. Anche altri pusher come Alessandro Duca o Orazio Famulari si rifornivano dai Favasuli e da Morabito. I carabinieri lo hanno scoperto perché spesso Albarino e Selvaggio, quando erano a corto di stupefacente, si rivolgevano a loro.

“I calabresi non hanno mai utilizzato i cellulari, i messinesi usavano tantissimi accorgimenti e un linguaggio molto criptico”, ha aggiunto il comandante del Reparto Operativo. Ma siamo riusciti a fermarli diverse volte con la droga addosso, trovando quindi i riscontri ai nostri sospetti. A maggio del 2017, ad esempio, i militari della Compagnia Messina Sud si appostano fuori casa di Selvaggio, da dove vedono uscire Francesco Protopapa e Pasqualino Agostino Ninone, della zona dei Nebrodi. I due provano a scappare, speronando l’auto dell’Arma, ma l’inseguimento finisce nel sequestro di 2 chili e mezzo di cocaina. Riesce a scappare, invece, il batanese Sebastiano Bontempo, “u uappo”, poi arrestato nell’operazione Nebrodi.

“Il gruppo di Albarino gestiva secondo noi grossi carichi di stupefacente, li abbiamo intercettati a conversare anche di ulteriori traffici rispetto a quelli coi calabresi, pensiamo quindi che avessero altri canali, anche locali”, spiega il procuratore aggiunto Rosa Raffa, che aggiunge un altro particolare “I calabresi portavano la droga a domicilio ai messinesi, nascosta in doppi fondi ricavati nelle auto, e per questa modalità pretendevano il pagamento di un prezzo maggiorato”.

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