Descritta come la festa più caratteristica dei Nebrodi. Una celebrazione che fa accenno al -dauru-, l’alloro, l’albero al quale il martire sarebbe stato legato per essere trafitto dalle frecce dei soldati romani. A ricordo di quell’avvenimento in molti centri i rami di alloro vengono ancora portati in processione e abbelliti con nastri variopinti.
-San Bastianu, cavaleri ranni / cavaleri di Diu senza disinni / quannu lu ‘ssicutavanu i tiranni / sutt’on peri di dauru mantinni; / calaru l’angjleddi cu li parmi / dicennu: Bastianu, ‘cchianatinni. / Lassa l’oru, la sita e li panni: / la grazia di lu cielu ‘nterra scinni…-.
Questi versi popolari, noti sia a Tortorici che a Maniace, ricordano il martirio di San Sebastiano, patrono di entrambi i paesi, ma venerato anche a Cerami, Mistretta e in diversi altri comuni della Sicilia.
La ricorrenza del martirio è il 20 gennaio in ricordo dell’atroce morte per la fede avvenuta a Roma nel 288. E’ senza dubbio la festa più importante e più caratteristica dei Nebrodi. Una celebrazione che fa accenno al -dauru-, l’alloro, l’albero al quale il martire sarebbe stato legato per essere trafitto dalle frecce dei soldati romani. A ricordo di quell’avvenimento in molti centri i rami di alloro vengono ancora portati in processione e abbelliti con nastri variopinti.
A Cerami il 20 gennaio si esibisce il cosiddetto -Circu- che rappresenta un trofeo votivo di alloro, addobbato con le “collure” di pane e arance. Ma la vera grande festa è il 27 e 28 agosto, con le sacre processioni, suoni e bande. Il Circu, decorato di alloro, sorretto alle due estremità con due funi viene innalzato e abbassato per essere afferrato dai ragazzini che ne prendono le arance ed il pane, mentre dall’alto del campanile della chiesa vengono tirati fazzoletti pieni di caramelle, che i più vivaci spettatori afferrano al volo.
A Maniace, la festa di S. Sebastiano in data 20 gennaio fu stabilizzata solo nel 1937, quando gli immigrati tortoriciani, che prima facevano continuamente la spola tra Ducea Nelson e la -casa-, acquistarono una loro statua del Santo e iniziarono le proprie celebrazioni.
Il 19 gennaio una processione illuminata da fiaccole si dipana per il paese e in chiesa si cantano i vèspuri e si distribuiscono i panuzzi ‘i Sammastianu benedetti. Il 20 il fercolo portato in spalla dai nudi, compie veloci evoluzioni prima all’interno della Matrice, poi attorno alla croce celtica in pietra lavica nel cortile del Castello e infine si lancia in una corsa per le tante borgate del paese, fermandosi in particolare davanti alle case degli ammalati.
A Mistretta la tradizione vuole che nelle due annuali processioni del 20 gennaio e del 18 agosto, la meravigliosa statua e la pesante vara vengano portate a spalla dai devoti a piedi scalzi. Singolari sono le musiche militari che accompagnano la corsa di San Vastianuzzu, come lo chiamano i loro fedeli.
A Tortorici si festeggia il Santo patrono a Gennaio per 14 giorni con novene, fiaccolate, processione dell’alloro e la distribuzione dei “panitti”. La lunga festa del Santo PATRONO ha inizio il primo gennaio (e si protrae fino al 28/29) con U’ Motu, ossia l’azionamento della grande campana di 12 cantara. Giorno 10 inizia nel Duomo la celebrazione della novena che culminerà con la coroncina e l’inno del martire.
Ma la festa vera e propria si è svolta sabato scorso con la fiaccolata di ampelodesmo o disi (pianta mediterranea a stelo lungo), chiamata “Bura”. Centinaia di ragazzi, giovani e anche adulti che accompagnano figlioletti e nipotini, attraversano la via centrale del paese portando in mano i mazzetti di bura accesa, al suono di tamburi e zampogne.
Nel pomeriggio del 18 si è svolta la tradizionale “Fuitina da Vara”. Alla vigilia della festa, all’imbrunire, le reliquie del Santo poste in un prezioso scrigno d’argento cesellato vengono portate in solenne processione sotto il sontuoso ed antico baldacchino, fino alla chiesa del SS. Salvatore. Da qui continua la processione che riporta in Duomo le reliquie e la vara.
Domani, 20 giorno del dies natalis del Santo, dopo le consuete messe, alle ore 10,30 una secolare tradizione che prende il nome di “Senato”, i Giurati nel 600, i Senatori nel 700, e i Sindaci dall’800 in poi (autorità politiche della città) preceduti da mazzieri recanti le Mazze dell’antico Senato Oricense, si recano in chiesa e consegnano in segno di omaggio nelle mani dell’arciprete le chiavi della città. Intanto la chiesa viene invasa di devoti che indossano camicia e pantalone bianco, e un fazzoletto piegato a triangolo a mo’ di perizoma, simboleggiando la nudità del Santo, e a piedi scalzi, mentre le donne sono anch’esse vestite di bianco e indossano camice, gonna ,calzettoni e fazzoletto in testa, e precedono e seguono nella processione o questua il Santo.
