Olio nuovo, sapore antico; in corso la campagna olearia 2020

Olio nuovo, sapore antico; in corso la campagna olearia 2020

Vittorio Tumeo

Olio nuovo, sapore antico; in corso la campagna olearia 2020

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domenica 06 Dicembre 2020 - 08:20

Quest’anno produzione di qualità per l’olio messinese

Olio nuovo, sapore antico. Da novembre a gennaio, puntuale si rinnova il secolare rito della raccolta e della spremitura delle olive.

Un retaggio della millenaria cultura contadina che conserva intatto il fascino delle cose passate e che nessuna sofisticata tecnologia potrà mai sostituire. Esperti e addetti ai lavori ci dicono che quella di quest’anno si profila come un’ottima annata con una produzione olearia di assoluta qualità, seppure in termini quantitativi inferiori rispetto agli anni passati. A girare per le colline nebroidee e peloritane, non è difficile in questo periodo avvistare ciurme di raccoglitori impegnati, nelle aziende agricole o negli uliveti di famiglia, intenti alla tradizionale abbacchiatura e al recupero delle olive su comode reti di nylon, o anche avvertire, in prossimità dei frantoi, l’effluvio dell’olio appena  spremuto che si spande nell’aria, rimandando ad una dimensione che sa di antico.

Ma, a parte il romanticismo che continua ad avvolgere il rituale della raccolta e molitura olearia, sono tanti i problemi che investono il settore: dalla sempre più esigua disponibilità di mano d’opera alla stessa commercializzazione dell’olio sui mercati. Inoltre, sistemi arcaici  di raccolta, coltivazioni spesso localizzate su terreni inadatti, costi eccessivi di produzione e prezzi inadeguati sul mercato ostacolano la necessaria modernizzazione di questo importante segmento dell’economia agricola. Anche nella trasformazione del prodotto i problemi sono ancora tanti. Molti frantoi sono ormai obsoleti e non rispondono più ai requisiti di nuove normative e mettere tutto in regola e rinnovare gli impianti richiede spesso impegni finanziari significativi. E non tutti i frantoiani ce la fanno ad affrontare i costi elevati richiesti dall’adeguamento degli impianti con moderne e più efficienti tecnologie. Risultato, storici frantoi che da generazioni lavoravano le olive per farne dell’ottimo olio hanno chiuso o stanno per chiudere i battenti.

Una perdita per il territorio oltre che economica, anche culturale e di tradizioni. I frantoi della provincia sono essenzialmente di due tipi: estrazione a freddo ed estrazione a caldo e la loro gestione, il funzionamento, la manutenzione, il personale qualificato utilizzato impongono costi importanti. Alla fine un litro di olio prodotto, per essere remunerativo sul mercato, deve essere venduto a prezzi elevati che non sempre riscuotono il favore dei consumatori di massa. Impossibile praticamente battere la spietata concorrenza di Turchia, Tunisia e di altri paesi del Magreb dove disponibilità di mano d’opera a basso costo rende altamente competitivo il loro olio, spesso a discapito proprio della qualità. E’ di questi giorni la notizia di un sequestro di olio contraffatto proveniente dal Nord Africa. La qualità, appunto. Per rivitalizzare il settore olivicolo oleario e dare finalmente adeguati sbocchi commerciali al nostro prodotto, occorre valorizzare proprio la qualità. L’olio peloritano, senza scendere nel dettaglio delle varietà olivicole da cui viene estratto, è sicuramente un prodotto di eccellenza e come tale deve essere proposto sui mercati, magari restringendo il target di acquisto agli intenditori che apprezzano le particolari proprietà organolettiche dei nostri oli e quindi disposti a spendere qualche euro in più rispetto all’olio da supermercato.

Le Cultivar più diffuse sono l’olivo Santagatese, l’Ogliarola Messinese, la Minuta, la Nocellara Messinese, il Verdello e altre. Che la qualità sia la strada per imporre l’olio Evo (Extravergine di olivo) è ormai chiaro a tutti i produttori che ambiscono a fregiare i loro prodotti con le sigle Dop (Denominazione di origine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta). Queste diciture sono una garanzia di qualità superiore del prodotto che si va ad acquistare. Le Dop sono tipicità il cui processo produttivo deve avvenire totalmente in un’area geografica ben delimitata. Nei prodotti a denominazione Igp basta che una sola fase del processo produttivo avvenga nell’area descritta dal disciplinare. Parallelamente si moltiplicano le iniziative culturali e di valorizzazione del territorio legato alla tradizione olearia e olivicola.

Sui Nebrodi, a Ficarra, comune dell’associazione nazionale “Città dell’olio”, da un antico frantoio l’amministrazione comunale ha di recente ha ricavato un museo destinato a tenere viva la tradizione olearia di questo antico centro. E sempre a Ficarra, da alcuni anni è stato allestito un itinerario naturalistico, denominato Gli ulivi dei gattopardi, finalizzato alla scoperta di piante  ultra secolari. Queste due esperienze sono state di recente inserite nel concorso nazionale Turismo dell’olio https://www.turismodellolio.com/partecipanti/museo-didattico-delloliva-minuta-storia-e-tradizione-dellolivicoltura-dei-monti-nebrodi/.

Vittorio Tumeo

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