Operazione "Chirone", i Tripodi "cerniera" di scambi illeciti fra clan Piromalli e medici compiacenti

Operazione “Chirone”, i Tripodi “cerniera” di scambi illeciti fra clan Piromalli e medici compiacenti

mario meliado

Operazione “Chirone”, i Tripodi “cerniera” di scambi illeciti fra clan Piromalli e medici compiacenti

martedì 23 Marzo 2021 - 14:52

Operazione "Chirone", per la Dda reggina i Tripodi "cerniera" di scambi illeciti fra clan Piromalli e medici compiacenti. E c'è dentro pure la politica

Nella mitologia greca, Chirone – reputato il più saggio e mite fra i Centauri – era ben conosciuto per le sue capacità di medico. E proprio la Sanità reggina sarebbe stata largamente infiltrata dalla potente ‘ndrina Piromalli attraverso la famiglia Tripodi, sempre di Gioia Tauro. Questo è quanto emerso nel corso dell’inchiesta denominata appunto “Chirone” e promossa dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria guidata dal procuratore distrettuale Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e dal pm antimafia Giulia Pantano ed eseguita dai carabinieri del Ros (Raggruppamento operativo speciale) guidato dal generale Pasquale Angelosanto che questa mattina, col supporto in fase esecutiva dei Comandi provinciali dei Carabinieri di Reggio Calabria, Catanzaro e Bologna, ha messo a segno 14 arresti.

I reati contestati

Associazione di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e poi corruzione, trasferimento fraudolento di valori, traffico d’influenze illecite in concorso – queste ultime, tutte aggravate dal metodo mafioso – sono le ipotesi di reato formulate nei confronti degli arrestati e dei vari indagati a piede libero.
In molti casi si tratta di soggetti reputati «intranei» al clan Piromalli, come esposto questa mattina nel corso di una conferenza stampa online cui hanno preso parte anche lo stesso comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri per Reggio Calabria colonnello Marco Guerrini e il maggiore Lorenzo Chiaretti del Primo Reparto investigativo del Ros operante in riva allo Stretto (guidato dal colonnello Fabio Bottino). Ma certamente tutti gli indagati – come rilevato dagli inquirenti – sono a vario titolo riconducibili alla ‘ndrina: anche gli stessi imprenditori titolari delle tre aziende sanitarie oggetto di sequestro, che nei fatti venivano largamente quanto indebitamente agevolati nella vendita di prodotti medicali di vario tipo esattamente per la propria contiguità alla criminalità organizzata pianigiana. Basterà citare il Centro analisi “Minerva” di Gioia Tauro – fra le tre società oggetto di sequestro stamane – che, stando a Dda reggina e Ros, oltre a costituire un bene strumentale nelle disponibilità dei Piromalli avrebbe fatto da vera e propria “base operativa” della cosca, i cui uomini avrebbero frequentato regolarmente la struttura.

Aderenze vantaggiose

A essere permeabili, hanno ricostruito a vantaggio dei cronisti i magistrati della Direzione distrettuale antimafia reggina e gli investigatori, erano un po’ tutte le maglie dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria (e il territorio del Distretto sanitario tirrenico in particolare), con ampi riferimenti all’ospedalità territoriale. E così gli acquisti di materiale finivano per beneficiare gli “amici degli amici” negli ospedali territoriali di Gioia Tauro e di Polistena come pure – sul versante jonico – in quelli di Locri o di Melito Porto Salvo, arrivando a lambire “Grande ospedale metropolitano” e dunque l’Azienda ospedaliera reggina “Bianchi-Melacrino-Morelli”. Appena il caso di ricordare che (non solo per queste ragioni) l’Asp reggina avrebbe accumulato un deficit che supererebbe il miliardo di euro.

Per riuscire nell’intento, l’articolazione dei Piromalli tramite la longa manus dei Tripodi e in particolare dei due fratelli medici Giuseppantonio e Francesco Michele Tripodi, poi deceduti entrambi per motivi di salute nel 2018, non si risparmiava nessun mezzo. Non si disdegnava neppure di coinvolgere altre consorterie mafiose: è quanto accaduto a Polistena, dove la responsabile della farmacia dell’Asp non erogava il denaro agognato e per centrare l’obiettivo la donna fu fatta avvicinare da un esponente della ‘ndrina polistenese Longo, che conosceva personalmente. Bersaglio raggiunto. In altri casi, partecipazioni azionarie dei Piromalli si affiancavano a partecipazioni azionarie nella medesima società privata della cosca Molè, anch’essa egemone a Gioia Tauro e nella Piana, “regno” criminale che un tempo vedeva alleate le due cosche da anni ormai rivali.

Nomine, regalie, politici “garantiti”

La potenza di quest’asse mafio-sanitario era talmente elevata, ha fatto presente il generale Angelosanto, che «erano in grado persino di orientare le nomine all’interno dell’Azienda sanitaria provinciale reggina a favore di soggetti di loro gradimento». A sentire gli investigatori, sarebbe stato proprio il caso di Salvatore Barillaro, da lunghi anni direttore sanitario dell’Asp per il Distretto tirrenico, confermato peraltro sotto molteplici diverse gestioni, e oggi agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso in associazione mafiosa.

In tutto o quasi si riusciva, e non necessariamente coi metodi violenti tipici delle ‘ndrine: «C’era anche e soprattutto una fitta rete di relazioni, a volte era sufficiente fare promesse – ha specificato il procuratore distrettuale Bombardieri -, evocare la possibilità di futuri favori importanti, e certe “porte” si aprivano a vantaggio del clan». Questo anche grazie ai tanti incarichi rivestiti, negli anni, dai fratelli Tripodi nei poli sanitari e dell’ospedalità territoriale a Reggio Calabria, Gioia Tauro, Palmi e, nel Vibonese, Tropea. Del resto, ha evidenziato il procuratore, «a Gioia Tauro tutti sapevano che “comandavano” i Tripodi, riuscendo anche a ottenere importanti benefici economici per i Piromalli in carcere».

In più, importanti collaboratori di giustizia – da Marcello Fondacaro a Arcangelo “Lino” Furfaro, passando per Pietro Mesiani Mazzacuva – hanno posto in evidenza l’esistenza di “anelli” politici fondamentali. Si parlerebbe di politici di rilevanza regionale, ma anche di levatura nazionale, tra i quali almeno un parlamentare. Quest’ultimo – a differenza dei politici locali – non risulta coinvolto nel provvedimento, ma secondo il procuratore aggiunto Paci ne emerge un quadro caratterizzato dal voto di scambio, dalla «messa a disposizione della propria carica pubblica e totale asservimento della funzione pubblica» a vantaggio della ‘ndrina, grazie al reticolo relazionale tessuto dai Tripodi, «non certo a sovrintendere alla gestione del territorio, ma titolati a gestire rapporti altamente specialistici, come le infiltrazioni nella Sanità e i delicati rapporti con l’Amministrazione pubblica». Gli esponenti in questione erano «politici garantiti» dalla cosca, e che però «poi garantivano» favori e «rapporti privilegiati» con personaggi compiacenti.

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