Muro contro muro tra consiglio comunale e amministrazione: a Palazzo Zanca è paralisi politica

Muro contro muro tra consiglio comunale e amministrazione: a Palazzo Zanca è paralisi politica

Muro contro muro tra consiglio comunale e amministrazione: a Palazzo Zanca è paralisi politica

mercoledì 20 Maggio 2009 - 14:41

Nuovo nulla di fatto dopo una seduta di oltre tre ore, il tutto per un debito fuori bilancio. Ancora polemiche sui revisori dei conti, Trischitta: «Una delle peggiori schifezze degli ultimi trent'anni». Capurro: «Il presidente del consiglio ha messo alla berlina la maggioranza»

Con queste premesse, è meglio prepararsi a lunghe nottate per l’arrivo del bilancio in consiglio comunale. Perché se dopo due sedute (domani ci sarà la terza) l’aula non riesce a sbloccarsi sul voto di un semplice, per quanto discutibile, debito fuori bilancio, è lecito parlare di totale paralisi politica. Una paralisi che ha diverse origini, dalle spaccature interne alla maggioranza alla mancanza di dialogo tra il sindaco e i consiglieri. Nessuna novità sotto il sole, è una situazione che si protrae dall’inizio di questo mandato amministrativo e che non si è mai tentato seriamente di risolvere. Nella prossima sessione verrano incardinati i due punti all’ordine del giorno più importanti, la nuova elezione dei revisori dei conti, che comporterà la revoca di quella già fatta dal consiglio e bocciata dal Tar, e soprattutto la votazione del bilancio di previsione. Con quali numeri si arriverà a questi due cruciali confronti politici?

La seduta di oggi conferma un andazzo ormai risaputo. Oggetto della discussione era, formalmente, un debito fuori bilancio dovuto alla regolarizzazione contabile di un decreto ingiuntivo presentato anni fa da un ex consigliere circoscrizionale. Ma questo è stato solo il punto di partenza di un dibattito che è stato dirottato su altro, e in particolare sul pasticcio dei revisori dei conti. Troppo ghiotta per i vari Calabrò, Trischitta, Melazzo e Pergolizzi l’occasione di avere in aula la dirigente dell’Avvocatura, Diane Litrico. Secondo Calabrò, capogruppo di Genovese Sindaco, le due questioni (il debito fuori bilancio e quella dei revisori) sono facilmente collegabili: nel primo caso il collegio di difesa si oppose solo quando il decreto ingiuntivo era già diventato esecutivo, comportando ulteriori costi all’amministrazione (anche se, ha precisato la Litrico, non è ancora stata presentata nessuna parcella al riguardo); nel secondo caso, invece, lo stesso collegio di difesa, e nella fattispecie l’avvocato Aldo Tigano, ritiene di non doversi muovere prima che il Tar si pronunci nel merito, tant’é che l’amministrazione non si è costituita per difendersi dal ricorso di Aricò.

Due pesi e due misure, questo il rimprovero sollevato. Pesante l’attacco di Trischitta: «Non è questo il modo di gestire un ufficio legale, quella dei revisori dei conti è una delle peggiori schifezze degli ultimi trent’anni». Oggi, nel parere redatto dal collegio di difesa, Tigano sostiene che una sentenza del Cga del 2006 supporta la decisione del Tar e confermerebbe, dunque, «l’opportunità della decisione del Comune di non costituirsi in giudizio». Ma allora, si chiede Trischitta, «perché non siamo stati informati prima?». Tesi sostenuta anche da Melazzo, ma il capogruppo del Pdl Capurro ribatte: «Perché, in occasione della votazione sui revisori, fu bocciata la richiesta della maggioranza, formulata dal collega Cilento, di rinviare tutto per avere chiarimenti sulla delibera?».

E’ chiaro, comunque, che al di là del merito delle singole questioni, c’è in atto uno scontro politico che da troppo tempo l’amministrazione sottovaluta. «Buzzanca non ha il buon senso di confrontarsi col consiglio», incalza Pergolizzi, mentre il capogruppo del Pd Isaja definisce «scandalosa» la vicenda dei revisori ed «è ancora più scandaloso che l’amministrazione voglia riproporre il nome di Aricò». Di fronte a un attacco di così vaste proporzioni, la difesa è affidata ai soliti noti, da Ticonosco («questa sembra sempre più un’aula di tribunale») a Capurro, che però non ci sta e richiama alle sue responsabilità il presidente del consiglio Previti: «Mette alla berlina la maggioranza, consentendo di dibattere su una questione che non è all’ordine del giorno». Ma Previti si difende: «Posso solo richiamare i colleghi, non certo togliere loro la parola». Assenti non giustificati, col passare del tempo, l’Mpa e buona parte del Pdl, oltre alla quasi totalità del Pd. Il risultato è il più prevedibile: caduta del numero legale e lavori aggiornati a domani.

Di questa lunga seduta rimarranno solo il ricordo di Michelangelo Vizzini, onorato con un minuto di silenzio su proposta di Muscolino, la solidarietà di Ticonosco ai lavoratori dell’Agrinova, presenti in aula, non senza qualche polemica col Pd, e l’applauso a Filippo Ribaudo, che andrà in pensione come segretario generale (ma rimarrà a Palazzo Zanca nelle veci di direttore generale). Per il resto il solito fumo, mentre la casa è da un pezzo che brucia.

(foto Dino Sturiale)

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