Le verità di Sinatra: «Messina, città dalle tante potenzialità. Ma la classe dirigente di questo Comune ha fallito»

Le verità di Sinatra: «Messina, città dalle tante potenzialità. Ma la classe dirigente di questo Comune ha fallito»

Redazione

Le verità di Sinatra: «Messina, città dalle tante potenzialità. Ma la classe dirigente di questo Comune ha fallito»

mercoledì 25 Giugno 2008 - 14:35

Intervista di “fine mandato- con il commissario che ha guidato la città per otto mesi: «Le partecipate? Vige una brutta regola: paga sempre papà. Le cimici? Se dico quello che penso, mi arrestano»

Centoventi delibere di consiglio comunale, seicentosessantacinque di giunta municipale, duecentodieci determine commissariali, centosettantuno ordinanze commissariali. Tutto si può dire, di Gaspare Sinatra, tranne che se ne sia stato con le mani in mano, negli otto mesi che, dal 23 ottobre scorso, lo hanno visto commissario straordinario del Comune di Messina. Otto mesi in cui è successo di tutto, attacchi politici, episodi di “spionaggio- mai chiariti, visite di Striscia la Notizia, vertenze. Tanti fatti, un unico protagonista, spesso solo: Gaspare Sinatra. Che oggi ha lasciato l’ampio ufficio in cui a Pasqua ritrovò per caso un armamentario mica da ridere di microspie e cimici al nuovo sindaco, portando scatoloni, le foto della nipotina di cui va pazzo e le inseparabili pipe in un’altra stanza di Palazzo Zanca. Ma solo temporaneamente, perché il tempo di Sinatra, a Messina, è praticamente concluso.

La nostra chiacchierata con lui inizia dal nodo dei nodi, si potrebbe dire: le società partecipate, per le quali, afferma Sinatra, «vige una brutta regola, qui. Che tutti i buchi li deve coprire il Comune. E’ come il padre che dà la carta “Oro- al figlio. Il figlio va, spende tutto, compra, compra, “tanto paga papà-. Ecco, a Messina paga sempre papà».

All’Atm, ad esempio, vige anche lì questa regola?

«All’Atm c’è un’ulteriore regola, scritta per altro da un magistrato, secondo la quale i revisori supplenti, che non hanno diritto di voto, partecipano alle sedute e percepiscono, così, cospicui gettoni di presenza. Sa quanto prende un revisore? Centomila euro l’anno, e l’Atm ne ha tre. Ma questo è solo un esempio, come tanti. Il vero problema all’Atm è stato fotografato bene da un suo collega su un settimanale, e sono i sindacati. Hanno condizionato fortemente tutto e tutti, dal personale ai dirigenti, fatto promuovere gente che non doveva essere promossa, facendo il bello e il cattivo tempo. Questa è un’azienda che non fa azienda, che vive dei soli contributi pubblici. Dopo una settimana, i miei tecnici mi hanno prospettato circa 500mila euro di risparmio, hanno tolto lo straordinario, fatto partire i corsi per le piccole riparazioni, aumentato i controllori attingendo dagli inidonei. Non ci voleva molto, insomma».

Al suo arrivo a Messina, si sono scatenate le vertenze sindacali. Quanto ha inciso il fatto che a Palazzo Zanca ci fosse un commissario e non un sindaco?

«E’ stato devastante, semplicemente perché con un commissario come me è più difficile raggiungere accordi. Tanto che qualcuno mi chiedeva “ma perché quando c’era Genovese in qualche modo lo stipendio arrivava sempre, e ora ogni mese siamo da lei?-».

Lei continua a negare di avere legami politici?

«Assolutamente, non conosco la politica».

E allora perché fin dal primo giorno è stato accostato all’Mpa?

«Perché mi ha mandato qui un assessore dell’Mpa. Qualcuno ha voluto far credere anche che io non fossi legittimato ad essere nominato. Peccato che la legge dica che in questi casi vada inviato come commissario un funzionario dell’ufficio ispettivo, ed io sono il più alto in grado, nonché il più anziano».

A Licodia Eubea ebbe problemi simili.

«Mi aveva inviato lo stesso assessore».

Giunto a Messina, si è fatto subito la fama di “tagliatore di teste-, revocando tutte le nomine fatte dall’ex sindaco.

«E’ la legge che dice questo, chi viene nominato da un sindaco decade insieme ad esso. Il mio collega Grasso, una volta eletto il sindaco, dopo un giorno si è dimesso dalla carica di commissario dell’Atm, perché era stato nominato da me. E’ un atto di correttezza amministrativa, c’è anche una sentenza che parla di “buona abitudine-, in casi del genere, a rimettere l’incarico. D’altronde mi pare che il nuovo sindaco Buzzanca stia facendo lo stesso con coloro che ho nominato io, no?».

Proprio su vicende simili si è trascinata per mesi la querelle sull’Ato3. Quanto di politico c’era in quella faccenda?

«Da parte mia di politico non c’è stato nulla, ripeto, non conosco la politica. E comunque mi pare che l’Ato3 da quando c’è Spicuzza funzioni meglio, o sbaglio? Il fatto è che io ho scelto tecnici. Chi mi accusava era il primo, invece, a fare solo politica, continuando per altro a fare assunzioni. Sulla questione rifiuti, ad ogni modo, la soluzione c’è, e parte innanzitutto dalla raccolta differenziata, grazie alla quale se si fosse fatta da tempo con criterio ridotte le spese, il Comune avrebbe ottenuto più contributi, sarebbero venuti meno gli oneri della discarica. E poi c’è la tecnologia, questi impianti “Thor- in sperimentazione a Torrenova che possono davvero rappresentare l’alternativa anche ai termovalorizzatori. Per fare un esempio banale, non spenderei 10 milioni di euro in una discarica ma in impianti Thor».

In questi mesi lei è entrato anche nel mirino della magistratura.

«Chi fa il suo dovere viene attaccato. Sono stato un elemento di disturbo, non controllabile, che ha lavorato con impegno e serietà. Sull’inchiesta giudiziaria ripeto quello che ho detto al procuratore: il D.L. 29 del ’93 parla di “separazione dei poteri-. Io ho poteri di indirizzo, i miei uffici hanno poteri di esecuzione. Tra l’altro, se io dicessi a lei “Non dare soldi all’Ato-, lei mi direbbe “Commissario, ne prendo atto, ma mi ripete l’ordine per iscritto?-. A quel punto io e solo io avrei la responsabilità non solo amministrativa, ma anche penale. E lei crede che io ho tutta questa voglia di imbarcarmi in un procedimento penale? Il punto è che è fin troppo facile dare tutte le colpe a uno solo».

E’ vero che ha presentato una relazione sulle società partecipate?

«Sì, ma lì guarda caso nessuno si è mosso. Sull’Istituzione dei Servizi sociali, ad esempio, tutti dicevano “Io la sopprimerei, io pure-. L’ho fatto, e tutti a darmi addosso».

Nel periodo di Pasqua, l’assurda vicenda delle cimici, incredibilmente caduta nel dimenticatoio.

«Un’altra cosa squallida. Quello che penso non lo posso dire, altrimenti mi arrestano. Ma vede, quello è un caso lampante: se io avessi avuto una copertura politica, come tutti dicevano, pensa che qualcuno non si sarebbe mosso in mia difesa? Ha sentito dichiarazioni da parte di qualcuno, in merito, che non fossero di accusa?».

Quanto incide, sulle difficoltà di questa città, la macchina comunale?

«La macchina comunale è da rifondare al cento per cento. Per carità, ci sono persone che lavorano e tanto, ma la verità è che la classe dirigente di questo Comune ha fallito. Le faccio un esempio: sei mesi fa preparai la delibera sul mercato del contadino, sulla mia scrivania è giunta qualche giorno fa».

Quando giunse a Messina, nell’ottobre scorso, disse che conosceva poco la città. Adesso che ha imparato a conoscerla sicuramente meglio, che idea si è fatto, anche dei cittadini e, perché no, della sua classe politica?

«Sulla classe politica mi astengo. Messina è una bellissima città, con grandi possibilità non adeguatamente sfruttate. I messinesi si distinguono in tante categorie, come in tutte le città ci sono i bravi, i buoni, i cattivi, i pigri. Le potenzialità ci sono senz’altro».

E in che percentuale, secondo lei, queste potenzialità sono state fin qui sfruttate?

«Purtroppo siamo vicini allo zero per cento».

(foto Dino Sturiale)

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