"Ponte sullo Stretto: cavernicoli, anticomunisti e altre chimere"

“Ponte sullo Stretto: cavernicoli, anticomunisti e altre chimere”

.

“Ponte sullo Stretto: cavernicoli, anticomunisti e altre chimere”

Tag:

. |
mercoledì 16 Agosto 2023 - 13:30

La riflessione del soclologo Pietro Saitta su chi "etichetta i no ponte come di sinistra e proprietari di case" per attaccarli

L’opinione. Da Pietro Saitta, professore associato di Sociologia generale dell’Università di Messina, riceviamo e pubblichiamo.

“La tendenza a etichettare i no ponte come comunisti o borghesi timorosi di perdere la casa”

Da studioso di fenomeni territoriali seguo con un certo distacco il dibattito sul ponte. Lo trovo molto tipico, identico a quelli segnalati dalla letteratura in molti posti nel mondo. E per questo, anche se si svolge nella città in cui insegno e vivo, lo trovo dunque fondamentalmente noioso.

Per di più la retorica locale presenta di frequente toni particolarmente bassi, i quali riflettono una storia di complessi culturali e rapporti politici molto noti a chi si occupa di storia del Mezzogiorno. In questo quadro l’unica ragione che trovo per scrivere queste righe è il tono particolarmente triviale di alcune dichiarazioni rivolte da un sostenitore del progetto nei confronti di coloro che hanno manifestato lo scorso 12 agosto contro la realizzazione dell’infrastruttura.

In quelle dichiarazioni pubblicate su una testata locale si apostrofavano i manifestanti come “infima minoranza”, composta essenzialmente da “anarcoidi, estremisti comunisti, ravers e borghesi impauriti di perdere la casa”, accomunati dalla vocazione a perpetuare l’arretratezza di Messina e della Sicilia, condannandola alla sola prospettiva dell’emigrazione. A ogni modo, costoro sarebbero anche una massa di perdenti destinati a rassegnarsi all’ineluttabilità della costruzione del ponte o agli scenari della “lotta armata”.

Questo è un esempio di una ricostruzione oggettivamente sguaiata delle questioni in campo, che si accompagna all’uso, assai diffuso tra i sostenitori dell’opera, di espressioni come “cavernicoli”. Oppure ad altre più raffinate, ma non per questo meno ingannevoli, che fanno capo alla supposta sostenibilità ecologica del ponte e che, così facendo, tacciano di sostanziale anti-ecologismo gli avversari del progetto.

Dunque, riepilogando, chi avversa il ponte è di sinistra, se non comunista. Oppure è un proprietario di casa, anzi di villa a mare, che non vuole perdere il proprio capitale e il proprio quotidiano fatto di privilegi. Inoltre sempre costui è un nemico dell’ambiente e della propria terra. Sostanzialmente un traditore della comunità e del territorio.

Tutto ciò rappresenta, dal punto di vista della retorica, un piccolo capolavoro linguistico della politica reazionaria degli ultimi anni. Ossia è un preciso modo di destra di declinare il post-moderno, quest’ultimo inteso come capacità di produrre ricostruzioni del reale fondate su evocazioni. Ovvero sull’associazioni di concetti slegati tra loro sul piano storico-scientifico e solo parzialmente connessi al reale in oggetto; ma ciò nonostante in grado di attivare dimensioni simboliche e di senso, oltre che la riproposizione di consolidate figure di nemico proprie della storia nazionale. Per esempio il comunismo e il disordine; oppure la supposta alleanza tra soggetti posti nel basso della società e settori di una borghesia traditrice degli interessi della propria stessa classe. Il tutto seguendo un motivo che, attraversando la storia nazionale a partire dal Risorgimento, giunge agli anni settanta del Novecento e si rinnova sotto la guida di Berlusconi.

“Rigetto per i metodi democratici quando si parla di infime minoranze”

In questo quadro possiamo intuire come dietro l’avversione contro gli oppositori del ponte si nasconda in realtà il classico “anti-antifascismo” della società locale: quel sentimento, cioè, che non marca automaticamente un’appartenenza politica di matrice fascista in chi lo esperisce; ma che denota comunque rigetto per i democratici, il loro linguaggio e i loro rituali.

Alla luce di questo, l’atto piuttosto comune di contare le presenze in piazza oppure parlare di “infime minoranze” è la logica risultanza  di una macchina ideologico-simbolica che associa il rifiuto del ponte alle identità di sinistra. Nel fare questo, di richiamo in richiamo, si traccia anche un profilo “antropologico” dell’oppositore: un ipocrita, un finto povero, che travisa i suoi interessi materiali (per esempio quelli legati al possesso di una villa a mare) con delle supposte preoccupazioni ecologiste. Com’è ovvio, da tutto questo deriva che non sia accettabile stare con una parte composta prevalentemente da ipocriti e che, necessariamente, il bene stia dall’altra parte. Ossia da quella dei sostenitori del ponte.

A questo punto si realizza l’ulteriore fase di tale operazione incentrata sulla manipolazione dei simboli: sostenere il ponte implicherebbe l’avere a cuore gli interessi collettivi, il volere arginare la disoccupazione, ottenendo finalmente lo sviluppo negato e agendo anche a favore dell’ambiente. I classici fantasmi della Questione meridionale incontrano così quelli del presente, come per l’appunto l’ambiente e la sostenibilità.

Altrettanto classicamente attraverso questa manipolazione simbolica si ripropone un’antichissima alleanza tra settori impoveriti della piccola-borghesia (per esempio ristoratori, piccoli costruttori, commercianti) e della locale borghesia delle professioni con un mondo superiore, di tipo imprenditoriale e politico, attivo sui piani locali e nazionali. Questo mondo, che potrebbe essere identificato con quello che storicamente ha co-determinato il sottosviluppo meridionale a partire dall’Unità e che è infatti al centro di varie forme di risentimento diffuse al sud (come per esempio il Neoborbonismo), proprio per effetto di questa manipolazione simbolica può essere rivalutato, collocato in un campo morale associato al bene ed essere ritenuto credibile anche quando dice delle chiare assurdità di fatto. Per esempio quando racconta che il ponte sarebbe più ecologico dei traghetti o della navigazione; ovvero di un’industria che non verrà certamente superata nella misura in cui tanto i trasporti locali quanto le navi mercantili e quelle da crociera continueranno a operare nello Stretto malgrado il ponte.

Un fatto, dunque, che da solo rende assurda l’idea di una sostenibilità ontologica del ponte, lì ove questo è solo un elemento aggiuntivo nel quadro ambientale deteriorato della città.

“La retorica sul ponte”

Quest’ultima osservazione sulla relazione tra ponte e navigazione permette di integrare l’analisi osservando che la suddetta manipolazione dei simboli consente di abdicare ai nessi logici così come all’obbligo di una corrispondenza tra enunciazioni e realtà nella comunicazione di matrice tecnica. Per esempio nella retorica favorevole al ponte il fatto che l’opera implichi lo sviluppo della città appare come una realtà incontestabile, in quando fondata su assunti logici immediati e di buon senso: se mancano le infrastrutture, allora non può esservi che arretratezza. Ugualmente il ponte connetterebbe e velocizzerebbe gli scambi, consentendo di realizzare forme intermodali di trasporto. Il ponte sarebbe anzi l’infrastruttura mancante che permetterebbe di ricollocare la Sicilia nel quadro della logistica mediterranea e di riscrivere così le gerarchie territoriali.

Per ognuna di queste affermazioni esiste una mole di letteratura basata non sull’analisi del futuro, ma delle tendenze storiche reali di media e breve durata in materia economica, storica (inclusa la storia dei trasporti) e di politica internazionale, che mostra come nessuno di questi assunti andrebbe preso per ovvio quando si analizza la realtà nel suo concretizzarsi più probabile. Una letteratura, tuttavia, che mostra anche come simili enunciati costituiscono un elemento retorico ricorrente in qualsiasi campagna che precede la creazione di infrastrutture. Si tratta di assunti, aspettative e previsioni, purtroppo, destinati spessissimo a essere delusi.

Francesco Ramella, un sociologo economico molto noto tra gli addetti ai lavori, in un articolo divulgativo significativamente intitolato “The Strait of Messina Bridge: Put Your Money Where Your Mouth Is” (“Il ponte sullo Stretto: metti i soldi dove sta la tua bocca”), produce una rassegna della letteratura che mostra cose interessanti e, detto in modo cinico, anche divertenti. Per esempio, la meta-analisi di 776 studi predittivi del valore generato da altrettante opere di infrastrutturazione mostra che più alta è l’affidabilità assegnata alla stima prima della realizzazione, maggiormente prossima allo zero risulta la capacità predittiva dello studio una volta che l’opera sia stata edificata. Vale la pena di rimarcare che ci riferiamo a quegli stessi studi predittivi che servono a giustificare la decisione politica e la sua emersione nel dibattito pubblico (esattamente come nel caso del ponte). 

“La storia dei fallimenti statali nelle infrastrutture”

D’altra parte che l’automatismo dell’associazione tra infrastrutture e sviluppo sia problematico è dimostrato anche da esperienze a noi vicine. In che misura, per esempio, l’autostrada in Calabria ha drasticamente mutato le condizioni del sottosviluppo in quella regione? Oppure, così come osservano altri studiosi delle politiche di infrastrutturazione, “fino a quando un’infrastruttura resta tale”? Cioè, per restare su esempi noti a tutti, in che misura la Messina-Palermo può essere considerata un’opera infrastrutturale? Cosa ne è infatti di un’infrastruttura quando viene a mancare la manutenzione, diventa obsoleta e, inoltre, non ha mai generato il valore atteso?

Inoltre che relazione esiste tra infrastrutture e storia deglI Stati? La storia dei fallimenti statali di infrastrutturazione conta qualcosa nelle aspettative sociali? Continuando con esempi a noi prossimi, la storia dei contenziosi tra imprese e pubbliche amministrazioni, i ritardi nei pagamenti dei subappaltatori, la sospensione dei lavori nella costruzione di opere pubbliche e tutto ciò che la città di Messina conosce benissimo, se solo si volge lo sguardo alle “infrastrutture” esistenti, conta o no ai fini delle attese? O, per meglio dire, ai fini del calcolo costi-benefici legati alla qualità della vita attesa negli anni della costruzione del ponte?

Potremmo inoltre fare esercizi di psico-geografia. Potremmo per esempio pensare al viadotto di Ritiro. Un’immagine aerea ripresa da un drone potrebbe mostrare un’opera interessante e ben integrata nel paesaggio. Vista dal basso e, come capita a tanti, frontalmente da un palazzo, lo stesso viadotto apparirebbe mostruoso e squallido, con segni di deterioramento sui pilastri e su più punti del corpo dell’opera. Ciò che nel quotidiano delle persone rende l’opera tutt’altro che attraente, integrata nell’ambiente e rassicurante. E per quale motivo il ponte sullo stretto dovrebbe seguire un destino diverso?

Le ragioni del conflitto tra sostenitori e avversari del ponte

Le questioni potrebbero continuare ancora a lungo. Ma la linea del ragionamento dovrebbe essere sufficientemente delineata. Quel che conta sottolineare ai fini di una conclusione è che il conflitto tra sostenitori e avversari del ponte non è di natura morale, né politica, come suggeriscono alcuni interventi assai triviali. È un invece conflitto tra semplificazioni fideistiche, oltre che assai interessate, incentrate su una nozione ottocentesca di progresso ormai ampiamente superate e la complessità nelle sue manifestazioni storiche, giuridiche ed economiche reali. È la scelta tra questi due orientamenti che marca le differenze in campo. Non certo l’essere “cavernicoli”, “ravers” o “comunisti”.

Pietro Saitta

Articoli correlati

9 commenti

  1. Si può essere liberamente a favore o contro la realizzazione del ponte sullo Stretto. Innegabilmente esiste una linea politica, dettata dai partiti, come in tutte le grandi opere. Il Mose, opera ecologicamente disastrosa, molti dubitano dell’efficacia e dell’utilità reale, poggia sul fondo marino, completamente stravolto e cementificato. Non ha avuto nessuna manifestazione contro. Il promotore del Mose, era il presidente di Nuova Venezia, Sen. Zanda del PD. Esistono delle differenze tra un’opera fatta al nord e promossa dai nordisti di sx e Il ponte, unica grande opera da realizzare al sud, che non poggia sul mare, non inquina, porta delle strutture che migliorano la vita. Il ponte nel 2011 era stato finanziato ed appaltato, il governo Monti ha bloccato tutto, con il classico “prima serve altro” e tutti i soldi del ponte sono spostati in opere al nord, neanche un centesimo è rimasto nell’area dello Stretto, e siamo rimasti fermi, senza che minimante nulla sia stato realizzato, al “prima serve altro”. I “no ponte” hanno tutto il diritto di manifestare, lo stesso diritto deve essere riconosciuto a chi è a favore del ponte. Tutti gli italiani pagano le tasse, nord ,centro e sud. Al centro/nord, 1500 km. di A/V, al nord si è realizzato di tutto: pedemontane, quinte e seste corsie autostradali. Non parliamo dei porti, ad esempio Genova, porto da sempre perdente, che raccoglie le briciole del movimento europeo, investito di miliardoni, L’unica grande opera al sud è il ponte, nell’investimento totale delle opere italiane, sono veramente pochi spiccioli. Non si tratta di comunismo, fascismo, moderni o cavernicoli, ed altro. L’Italia deve essere strutturata in modo equo e democratico. Esistono delle differenze enormi. Al nord possono convivere più aeroporti nello spazio di pochi km. A Messina non si può realizzare l’aeroporto del Mela, a 100 km c’è l’aeroporto di Fontanarossa. Reggio purtroppo, non è abilitato per grande movimento. Il Ponte può essere un primo passo per creare, finalmente, una nazione vera, senza enormi differenze tra il nord ed il marginalizzato sud.

    23
    23
  2. Rosario Sidoti 16 Agosto 2023 18:04

    L’analisi storico politico mi trova in perfetta sintonia, ormai la dignita’ e’ un valore perduto da tempo, fa specie vedere oggi schieramenti pseudo politici in prima linea sponsorizzare un Ponte, che probabilmente non si potra’ mai effettuare per ragioni tecnico-strutturali, che hanno in passato, denigrato, offeso in tutti i modi il Sud.

    20
    21
  3. Giovanni Franciò 16 Agosto 2023 19:22

    Concordo totalmente con l’autore dell’articolo.

    15
    16
  4. Il sud ha dei diritti uguali al centro e al nord. Ci sono quelli del sud contro, che non hanno problemi, e che i figli, con una laurea, che spesso e solo un pezzo di carta, senza contenuti ed un valore reale, hanno un posto assicurato, sono figli di professoroni. Ci sono i disoccupati, quelli che emigrano, e quelli che che trovano noioso i problemi di chi combatte la povertà. Esistono i poveri, che noia per chi non ha problemi, i poveri che cercano lavoro, che vedono una speranza nella creazione di strutture importanti. Il ricco, con i figli sistemati garantiti, oltre il valore reale di questi figli, deve noiosamente pensare che esistono dei poveri costretti a migrare. Un ricco non può dall’alto del suo stare bene pensare ai problemi dei poveri, emigrano, che noia questi poveri, che vadano via. No, bisogna cambiare registro. Questi professoroni, ricchi e privilegiati. La gente vuole lavoro e strutture come al nord. Vuole istruire i figli, che faranno concorrenza ai figli dei ricconi, che oggi hanno il posto garantito, ma domani con l’istruzione e la laurea per tutti ci sarà concorrenza, e spesso i figli dei ricconi sono dei superviziati, raccomandati.

    9
    9
  5. TOTONNO ZELIG ti aspetta….

    5
    5
  6. Che dire,
    come molti, messinesi e non, c’è chi non può (perché non vuole, o perché non è capace) volare alto, mi dispiace per lui e per tutti quelli come lui, perché con la loro incapacità di pensare con la propria testa, purtroppo (per loro) si romperanno le corna…
    Grazie sig. Saitta per questa riflessione LIBERA, PROFONDA, MA LEGGERA, come fatta da un drone… ponte sì o ponte no, il suo pensiero va oltre, e di questo, in generale, si sente bisogno.

    4
    3
  7. Che dire,
    Grazie Sig.Saitta per questa riflessione, libera e leggera, anche se complessa e articolata.
    Purtroppo il Sig.Totonno (e tanti come lui) non potrà mai capire, perché non può e non vuole volare alto…
    Ponte sì o ponte no, quello di cui abbiamo bisogno è di pensare con la nostra testa!

    2
    2
  8. Ognuno è libero di esprimersi e dire cio che vuole quindi lasci libere le persone. Quello di cui abbiamo bisogno non lo deve dire lei tranquillo.

    0
    1
  9. Stranamente, il dott. Saitta, non enuncia neanche un motivo a favore del Ponte. Fa finta di non aver visto neanche una bandiera del PD, Rifondazione, peggio ancora quella del vecchio PCI, o dei Sindacati di Base e della CGIL. Come si fa a negare che, almeno la metà dei manifestanti, non lo siano per odio politico verso Salvini, LEGA e Centro Destra (spesso, viene dichiarato apertamente anche nei commenti social)? No, caro prof, il suo intervento (faziosamente politico) poteva, gentilmente, evitarcelo.

    0
    1

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007