Lo schema pensato anni fa si è rivelato un errore. Ma ricominciare daccapo vorrebbe dire bloccare tutto
Da un lato la volontà politica di accelerare l’avvio dei cantieri, dall’altro i rilievi della Corte dei Conti. Fra le tre motivazioni principali espresse dai magistrati, la sensazione è che due potrebbero essere superabili, una molto meno.
Al cuore della contesa c’è la natura del finanziamento dell’opera, passata da un modello privato a un totale carico dello Stato.
L’illusione del Project Financing
Inizialmente, il progetto (nel periodo 2003-2011) era stato presentato con l’ipotesi di una copertura tramite capitali privati fino al 60%. Studi successivi hanno dimostrato che l’apporto privato reale non sarebbe potuto andare oltre il 25-30%.
Oggi, nel piano 2024-2025, il modello del project financing è stato quasi totalmente abbandonato: l’opera è finanziata quasi interamente con fondi pubblici, con una quota di capitale privato vicina allo 0%.
Le contestazioni
La magistratura contabile non contesta il fatto che un’opera sia finanziata al 100% dallo Stato – come accade per molte altre infrastrutture – ma la coerenza della procedura. Nel project financing, il privato deve rischiare il proprio capitale. Se lo Stato garantisce la copertura di perdite o costi extra, il rischio resta pubblico e la procedura perde la sua natura originaria. Cambiare le regole “in corsa” (da 60% privato a 100% pubblico) senza una nuova gara espone lo Stato al rischio di ricorsi da parte di altre imprese che avrebbero potuto partecipare a condizioni diverse anche se, in realtà, le aziende al mondo con esperienza nei ponti sospesi di grande luce di terza generazione si contano sulle dita di una mano.
Il “deserto” dei privati
La soluzione ci potrebbe anche essere, cioè tornare al finanziamento parziale in project financing. Quindi perché i privati non investono quel 30 % (circa 4 miliardi su 13,5) che renderebbe il piano più solido? Per diversi fattori critici: l’ipotesi che un cambio di governo possa bloccare tutto di nuovo, il timore di costi extra, l’incertezza dei ricavi da pedaggi. Pedaggi che in questo caso, tra l’altro, sarebbero probabilmente parecchio più alti di quelli ipotizzati nell’ultima versione del progetto, quindi con svantaggi anche per i cittadini.
Qui sta il peccato originale, cioè l’errore di aver previsto all’inizio un project financing. Del resto non mancano casi di opere pubbliche miliardarie a totale finanziamento statale.
Le vie d’uscita: esiste una soluzione “pulita”?
Per sanare questa discrepanza, lo Stato ha imboccato la via dei decreti legge “ad hoc” per blindare il vecchio contratto con il contraente generale (Webuild), aggiornandolo alla nuova realtà pubblica.
L’unica alternativa giuridicamente inattaccabile sarebbe quella di annullare tutto e bandire una nuova gara d’appalto tradizionale al 100% pubblica.
E allora perché il governo non ha seguito e non vuole seguire questa strada? Per una serie di motivi: comporterebbe il pagamento di penali miliardarie ai vecchi vincitori, lo slittamento dei cantieri per diversi anni o forse mai, considerato che un altro governo potrebbe abbandonare il progetto, come già accaduto in passato, e che i costi salirebbero ancora.
L’attuale governo, dunque, al di là degli annunci, era perfettamente consapevole del rischio di un parere negativo da parte della Corte dei Conti ma ha deciso di procedere comunque per una serie di ragioni politiche e strategiche, considerandolo un costo accettabile rispetto al disastro politico di dover annunciare che il Ponte era di nuovo bloccato per rifare le gare d’appalto.
E’ per questo che si andrà incontro alle altre obiezioni ma non a quella di rifare la gara perché significherebbe fermare tutto per diversi altri lunghi anni. Per far diventare il piano inattaccabile, facendolo tornare project financing, lo Stato potrebbe creare un sistema di garanzie pubbliche forte, i “minimi garantiti” sui pedaggi, da convincere i privati a mettere il 30 % di capitale. Ma è una strada difficile e incerta.
La gestione del contenzioso con Webuild
Se il governo ammettesse che il modello project financing è fallito e annullasse il contratto, dovrebbe affrontare subito una causa miliardaria con il consorzio vincitore (Webuild). Mantenendo in vita il vecchio contratto (anche se svuotato della parte privata), il governo evita di pagare le penali e “trascina” il consorzio nella realizzazione dell’opera, trasformandolo in un esecutore per conto dello Stato.
Il motivo del contendere sta tutto nell’iter giuridico seguito. La Corte dei Conti, anche perché non è suo compito, non è entrata nel merito né sull’opportunità o meno di realizzare il Ponte né sugli aspetti tecnici.

Però nel frattempo i lauti compensi alla società Stretto di Messina corrono. Ohh se corrono
…e poiché la società ha una durata di trenta anni, hai voglia a pagarli i lauti compensi!
.. ma certo che ne erano consapevoli e hanno forzato per ragioni politiche e non perché effettivamente questo ponte realizzato cosi e con queste maniere serve.
Non siamo fessi!
Adesso si giustificheranno che le penali sono alte ed è meglio fare il ponte.
Se la giocheranno così.
Il Ponte oramai per questo governo è diventato un fatto politico e ritorneranno alla carica.
Basta sviluppo distruttivo.
Ci facciamo le domande retoriche. Con la società ponte sullo stretto abbiamo dato soldi a una società perché ad oggi nessuno dice come si sostentano. Con tutti i soldi che gli abbiamo dato potevamo fare un areoporto internazionale o 50 mezzi per il trasporto navale oppure già oggi potevamo avere l’alta velocità e il doppio se non triplo binario in tutta la Sicilia.
Insomma paghiamo lautamente da anni una società che non ha messo un chiodo e non ne metterà, che geni gli italiani! Ridateci tutto e con gli interessi!!!
Mettevi in testa che è finita, ma quando lo capirete che molto presto non si potranno pagare le pensioni? Ormai siamo alla frutta abbiamo superato i 3000 miliardi di debito!!! l’Italia è un paese fallito e ancora pensate al ponte.. incredibile!!!
Avremmo anche potuto dare un anticipo per pagare il debito pubblico!
Bocciatura su tutta la linea eventuali penali la dovrebbero pagare i ministri interessati e tutto il governo e chi ha da sempre raccontato la favola dei soldi privati, di questi nemmeno l’ombra.
Fallimento totale da nascondersi.
Un governo di incapaci e e che hanno mentito. Grazie a Tempostretto per la corretta e chiara informazione.