Progetto Beethoven - anche Taormina celebra alla grande il 250° del musicista tedesco.

Progetto Beethoven – anche Taormina celebra alla grande il 250° del musicista tedesco.

giovanni francio

Progetto Beethoven – anche Taormina celebra alla grande il 250° del musicista tedesco.

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sabato 25 Luglio 2020 - 07:59

Nell’’anno del 250° anniversario della nascita di Ludwig vanBeethoven, anche Taormina Arte, nonostante le molteplici difficoltà derivanti dalle rigide misure anti Covid, ha voluto celebrare il grande compositore tedesco, nato a Bonn il 17 dicembre del 1770, e lo ha fatto alla grande, offrendo un calendario di concerti, una vera e propria maratona beethoveniana, al Teatro Antico, ove stanno andando in scena le principali Sinfonie del musicista tedesco – la Terza sinfonia “Eroica”, la Quinta , la Settima, l’Ottava e la Nona, che conclude il programma – e alcuni fra i principali Concerti per piano e orchestra, tutti eseguiti dall’Orchestra Sinfonica Siciliana, diretta per l’occasione dal maestro venezuelano Diego Matheuz, giovane ma già affermatissimo astro nascente del panorama musicale mondiale, con al pianoforte, nei tre concerti proposti (il Primo il Terzo e il Quinto, peccato manchi lo splendido Quarto Concerto in sol maggiore) il celebre pianista Gerhard Oppitz.

La serata del 23 luglio ha visto l’esecuzione di due sommi capolavori, il Concerto per pianoforte e orchestra n. 5 “Imperatore”, in mi bem. maggiore, Op. 73 e la Settima Sinfonia, in la maggiore, op. 92.

Il Concerto per piano e orchestra n. 5 in Mi Bemolle Maggiore op. 73 “Imperatore” costituisce una delle espressioni più elevate in musica dello “Sturm und Drang, e giustifica l’appellativo abusato di “Titano della musica”, col quale si definisce, spesso impropriamente, Beethoven.

Se per alcuni critici Beethoven fa un passo indietro rispetto al suo splendido Quarto Concerto, precursore del moderno concerto romantico, per altri è proprio il Concerto Imperatore il primo dei concerti moderni, ove il solista diventa una voce importante dell’orchestra in un concerto dalla concezione eminentemente sinfonica. Come la si voglia pensare, è un fatto che questo capolavoro, il cui titolo “Imperatore” fu aggiunto dall’editore dopo la morte del musicista tedesco, sia diventato uno dei più amati dell’universo musicale di Beethoven, quasi emblematico.

Composto nel 1809, durante l’invasione napoleonica a Vienna, presenta un primo movimento di gigantesche proporzioni. A un primo tema dal carattere maestoso e veemente che resta inesorabilmente scolpito nella memoria, segue un secondo tema, a carattere di marcia, che si presenta ora pianissimo, ora forte e maestoso, e tutto il primo movimento è imperniato dallo sviluppo magistrale di questi due temi, fino alla commovente, dolcissima, ripresa del secondo tema da parte del pianoforte – introdotto da un delicatissimo trillo – al quale seguono i corni, momento magico e ispiratissimo che anticipa il potente finale.

Il secondo movimento (in quanti film lo avremo ascoltato?) rappresenta uno dei momenti più intimi e spirituali della poetica musicale beethoveniana, un’alternanza dell’orchestra in sordina, che espone il tema, con il pianoforte, che dialoga dando vita ad una serie di dolcissime divagazioni musicali, anticipando Chopin. Senza soluzione di continuità, prima esitante, poi travolgente, il Rondo, uno dei più riusciti composti da Beethoven, con il pianoforte assoluto protagonista, cui sono riservati arditi passaggi virtuosistici, conclude questo straordinario capolavoro.

Apprezzabile la performance ascoltata, interpretazione intensa dell’Orchestra, diretta da un Matheuz dal gesto elegante e incisivo. Nitido il fraseggio del pianista, tralasciando qualche imperfezione nel corso del primo movimento, coinvolgente e ispirato nello splendido Adagio, sicuro e brillante, dando prova di padronanza assoluta dello strumento, nel difficile Rondò conclusivo.

La settima sinfonia di Beethoven rappresenta uno dei grandi momenti della storia della sinfonia. “Apoteosi della danza” la definì Richard Wagner, ed infatti è proprio il ritmo l’elemento caratterizzante di tutti i quattro movimenti di questo capolavoro. Composta nel pieno della maturità artistica del sommo musicista, ben quattro anni dopo la “Pastorale”, la settima presenta caratteri assolutamente nuovi ed inauditi rispetto a tutte le sinfonie che l’hanno preceduta. Una lunga introduzione “Poco sostenuto”, più lunga di ogni altra introduzione mai scritta prima, cede con esitazione al “Vivace” che finalmente sembra come liberarsi a poco a poco, con il suo ritmo puntato – una cellula tematica che caratterizzerà l’intero movimento – fino alla trionfale e trascinante conclusione.

Il seguente splendido “Allegretto”, in la minore, dal fascino “indefinibile ed inquietante” secondo Carli Ballola, noto biografo di Beethoven, ha il ritmo di una marcia dal sapore fatale ed ineluttabile, sembra evocare una processione, e dopo un momento di relativa serenità consolatoria in maggiore, riprende il ritmo ineluttabile, fino al sinistro ed enigmatico accordo finale.

Dopo un “Presto” dal carattere festoso e bucolico, ecco il vertiginoso finale “Allegro con brio”, un brano dal carattere quasi orgiastico, demoniaco, che ci trascina nell’apoteosi della danza.

L’orchestra Sinfonica Siciliana, e il suo direttore, a mio avviso, hanno dato il meglio nella esecuzione della Settima, e ciò è confermato dai convinti e lunghi applausi ricevuti dal pubblico presente.

Ottima prova dei fiati, strumenti fondamentali in questa sinfonia, entusiasmante e trascinante l’esecuzione, in particolare, dell’ultimo movimento, ma nel complesso abbiamo ascoltato una ottima Settima, grazie anche ad una felice scelta dei tempi da parte del direttore Diego Matheuz, scelta sempre problematica in questa Sinfonia, in particolare per il secondo movimento “Allegretto”, più veloce pertanto di un andante, ma tenendo presente il suo carattere solenne, quasi ieratico.

Una serata assai meritevole di essere vissuta, nonostante l’eliminazione della platea, della tribunetta, un distanziamento sociale rigoroso nella cavea numerata, (oltre la misurazione della temperatura con il termo scanner), misure imposte dalle normative anti-Covid, vigenti (e ci si augura fatte rispettare) in tutti i palcoscenici e cinema all’aperto, che hanno però prodotto una più che significativa riduzione del pubblico, e creato una atmosfera un po’ surreale.

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